Il racconto del mercoledì: Un dio cattivo di Simone Giraudi

 Il racconto del mercoledì: Un dio cattivo di Simone Giraudi

Illustrazione di Lara Desogus

Sono le 13.47 e Linda usa il coltello per spalmare la salsa tonnata sulla fetta di arrosto di vitello. Poi si alza per versarsene un altro po’ dal contenitore in vetro che svetta al centro del tavolo.

Due cucchiaiate, più che sufficienti. Lo sono state anche per gli altri commensali.

Linda torna a sedersi, taglia un pezzo di vitello e lo porta alle labbra, assaporandone la commistione con le uova, il pesce e i capperi. È una sensazione tutt’altro che nuova per il suo palato da piemontese doc, ma è ottima. Le ricorda sua nonna, che ha insegnato la ricetta a lei e al resto della sua numerosa famiglia.

 

Sono le 13.40 ed Elio, il marito di Linda, finisce di esalare gli ultimi rantoli della sua esistenza. Si accascia sulla sedia imbottita con le braccia penzoloni, gli occhi gonfi e il mento coperto di saliva. I suoi due fratelli, le mogli e sua madre hanno già fatto la stessa fine. Anche i tre bambini, i due gemelli biondi del fratello più grande e la bimba castana di quello di mezzo. Qualcuno di loro, in cerca d’aria, ha rovesciato bottiglie di vino e d’acqua, piatti e bicchieri. La tovaglia bianca è imbrattata di pozze rosse e rosa, umide, che filtrano fino al legno del tavolo.

Tutti hanno mangiato il vitello tonnato di Linda e poi si sono ritrovati preda degli spasmi. Quando è successo, lei non si è scomposta. Se l’aspettava, con tutto quel disgorgante per tubature nella salsa.

 

Sono le 13.27 e Linda ed Elio entrano nel salone da pranzo, dove tutti sono in attesa dell’ultimo antipasto. Linda teme che l’odore del disgorgante sovrasti quello della salsa, se lo sente sulle mani. Ma nessuno sembra farci caso.

Le donne fanno a gara di complimenti ruffiani. Gli uomini parlano di sport ed Elio finge che non ci sia altro di cui parlare. Il salone è un marasma di chiacchiere e Linda non riesce a concentrarsi su niente di preciso.

Tutto è sottofondo, ogni suono le scivola dentro, senza qualcosa a cui aggrapparsi. Si sente cava, come se qualcuno l’avesse svuotata con un cucchiaio, nello stesso modo di una zucchina o un peperone da cucinare ripieni.

 

Sono le 13.08, Linda ed Elio escono dall’appartamento diretti al pranzo. Lei ripensa alla chiamata del centro fertilità, che l’ha interrotta mentre preparava la salsa tonnata. Detesta quel posto da quando la ginecologa l’ha nominato per la prima volta.

Elio guida, attento alla strada. Lei lo guarda negli occhi pieni di senso d’impotenza e quasi non lo riconosce.

Il responso del test non lascia spazio a dubbi. Non ci sono molte speranze, per loro, di contribuire al futuro della famiglia aggiungendo un quarto frugoletto. Il ruolo biologico di Linda schiavo della probabilità: la statistica è un dio cattivo, l’unico che in sei anni di matrimonio non hanno ancora venerato.

Linda tiene sulle gambe il contenitore con la salsa, che ha terminato dopo la telefonata aggiungendo il disgorgante. Sua nonna glielo diceva sempre che la buona cucina rimette a posto tutto.

Simone Giraudi

Blam

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