Il racconto del mercoledì: Il campione di Nicolò Donelli

 Il racconto del mercoledì: Il campione di Nicolò Donelli

Illustrazione di Assunta Letizia

Era un peso piuma formidabile, me lo ricordo ancora. Se non fosse stato uno zingaro sono sicuro che sarebbe diventato campione del mondo.

Quando lo internarono nel campo aveva ventott’anni. Io ne avevo trenta, lavoravo lì. Gli altri prigionieri lo conoscevano tutti, ma lui era un ragazzo schivo, non parlava mai. Anch’io lo conoscevo, e ammiravo segretamente quel suo stile inconfondibile: saltellava, e intanto si muoveva a semicerchio fino a quando all’improvviso non colpiva l’avversario sul costato o sotto il mento.

Il primo giorno che mi avvicinai si ritrasse impaurito: temeva che volessi fargli del male. Io volevo solo allenarmi con lui, volevo apprendere quella sua eleganza. Lui si stupì di questa mia richiesta ma accettò di insegnarmi. Ci allenammo per settimane, tutte le sere, nello spiazzo in terra battuta appena davanti alla sua baracca.

Non imparai nulla.

Lui era troppo più bravo di me, la sua classe mi fagocitava. Ogni sera, umiliato, tornavo nella mia stanza. Mi toglievo la divisa, poi anche la maglietta, i calzini e le mutande. Mi osservavo nudo davanti allo specchio, tiravo pugni all’aria e mi puntavo la pistola carica alla tempia. Sprofondavo, sempre di più, nella consapevolezza della mia assoluta inferiorità.

Una sera mi presentai al nostro incontro abituale. Senza dire nulla, lui si mise in posizione per iniziare a combattere. Io stetti fermo un secondo, lo guardai negli occhi, estrassi la pistola e gli sparai in mezzo alla fronte.

Qualcuno, non ricordo chi, il giorno dopo lo raccolse e lo seppellì, appena fuori dalla recinzione, dentro una buca scavata appositamente.

E la vita, come prima, riprese.

Nicolò Donelli

Blam

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