Vitaliano Trevisan in 5 parole: tutto ciò che non sai sullo scrittore di “La trilogia di Thomas”

 Vitaliano Trevisan in 5 parole: tutto ciò che non sai sullo scrittore di “La trilogia di Thomas”

Nato a Sandrigo, il 12 dicembre 1960, Vitaliano Trevisan è morto suicida due anni fa, il 7 gennaio 2022. Le sfaccettature del suo talento toccano molteplici discipline dell’arte, infatti è stato uno scrittore lodato dalla critica, drammaturgo e anche attore per il grande e piccolo schermo. E sempre con lo stesso risultato: cinico e critico ai massimi livelli, il suo modo di scrivere è diventato protagonista persino di un reportage «dall’interno», durante il suo ricovero in un ospedale psichiatrico. Come un vero inviato speciale in incognito, ha saputo infatti raccontare la degenza dei pazienti che, come lui, hanno dovuto far fronte alle mille difficoltà di un periodo tutt’altro che piacevole. 

«Sono solo, non ho nessuna nave, niente equipaggio, niente di niente. Solo. Almeno avessi una bussola, almeno ci fossero le stelle, un sestante, una carta, qualcosa. Niente».

Vitaliano Trevisan: chi è lo scrittore in 5 parole 

Provincia

Nel suo ultimo libro, l’autobiografico Works (Einaudi, 2016), Trevisan racconta le sue esperienze lavorative fatte prima del felice approdo alla letteratura. Dal gelataio al geometra, dall’edilizia all’arredamento. Il racconto che ne scaturisce è quello dell’autore ma anche di un’intera generazione cresciuta nella provincia di Vicenza e, più in generale, nel nord-est. L’ambiente come vero e proprio personaggio – e non un mero background – è presente nelle opere di Trevisan fin dall’esordio letterario con il racconto Un mondo meraviglioso (1997, Theoria, rieditato da Einaudi nel 2003) ed è di vitale importanza per capire cosa ci sia dietro al vissuto dell’autore, educazione familiare e infanzia comprese. Crescendo in un ambiente relativamente chiuso e vissuto come «marcescente», la risposta è un tentativo di evasione dalle contraddizioni e dalle ipocrisie di una provincia cattolica e grigia. Malinconico e a suo modo ironico, la svolta arriverà con il personaggio di Thomas e la pubblicazione di I quindicimila passi (2002, Einaudi), riconosciuto da molti come il suo vero capolavoro. 

Scrittura

Approdato relativamente tardi alla letteratura, Vitaliano Trevisan ha saputo comunque farsi riconoscere, sia per i temi che per la scrittura originale. Al pari dell’autore, anche il già menzionato Thomas, uno e trino senza essere santo, legge un sacco e annota spesso sul suo taccuino nomi, situazioni e scritte in maniera confusa e disordinata. Per esempio, nell’ultima opera di Trevisan, la postuma ed incompiuta Black Tulips (Einaudi, 2022), la scrittura, benché frammentata, assume i connotati di un fiume in piena senza far mancare la componente critica, da sempre segno distintivo dell’autore vicentino. Fuori dai denti e senza mezzi termini, lo stile di Vitaliano Trevisan è sempre stato «nudo e crudo», carico di amara ironia e totalmente realista. Il Thomas di I quindicimila passi, per esempio, risulta anche divertente nel suo errare per le strade della provincia berica; e questo, nonostante stia elaborando una serie di lutti familiari e sia affetto da un disturbo ossessivo compulsivo che gli impone di dividere e scandire la sua esistenza in numeri di passi da A a B. Passi che, coerentemente con lo stile di Trevisan, fatto anche di scritte latine e pidgin, vengono fedelmente riportati tra parentesi con una P (15000 p).

Thomas 

Maschera, alter ego ed epigono: Thomas è la personificazione del Trevisan autore e, più in generale, del Trevisan pensiero. I primi tre romanzi – Il ponte (2007, Einaudi), oltre ai due già citati – raccontano tutti il girovagare praticamente infinito del protagonista, Thomas appunto, immerso in un monologo che, parimenti al flusso di coscienza di Joyce, fa un’inesauribile disamina su tutto ciò che lo circonda. Autobiografico nella lucida analisi di quella famosa provincia malata terminale, i continui riferimenti alla disoccupazione, al suicidio e all’apatia esistenziale sembrano filtrati attraverso questo «io mascherato», con la voce interiore di Thomas a fare da amplificatore. Nella postfazione della raccolta creata da Einaudi, intitolata Trilogia di Thomas, Emanuele Trevi parla infatti di un fil rouge in grado di unire le tre opere, paragonandole al decorso di una malattia, testimone di quel male di vivere dell’autore e della tragedia annunciata datata gennaio 2022. Pur trattandosi dello stesso personaggio, il Thomas de I quindicimila passi non è lo stesso di Il mondo meraviglioso e nemmeno quello di Il ponte. Questa mancanza di continuità è probabilmente la migliore spiegazione della complicata e inesauribile genialità di Trevisan, il quale virerà successivamente verso un «io» più autobiografico e meno proiettato, pur senza abbandonare l’eterna lotta col mondo, vero e proprio leitmotiv della trasversale produzione trevisaniana. 

Teatro

A Vicenza, parte integrante e mai mero sfondo delle vicende delle sue opere, verrà girato nel 2004 uno dei primi film di Matteo Garrone, Primo amore. La storia, quella di un uomo ossessionato dalla magrezza femminile, verrà sviluppata dal cineasta romano assieme a Vitaliano Trevisan, al debutto cinematografico sia come sceneggiatore che come attore. Dopo alcune esperienze televisive, l’approdo al teatro sembra la naturale evoluzione del percorso artistico dell’autore vicentino, già quarantenne e maturo scrittore. Da Il lavoro rende liberi, scritto con Anna Bonaiuto e Michela Cescon, per la regia di Toni Servillo, a Il delirio del particolare. Ein Kammerspiel, vincitore del premio Riccione nel 2017, la carriera del Trevisan autore teatrale conta bel numero di opere, tutte tributate da un buon successo di critica e di pubblico, tanto da sfociare in un laboratorio di scrittura creativa per attori, sceneggiatori e registi. In questo senso, la pubblicazione di Einaudi dei testi di Due monologhi (2009) e Una notte in Tunisia (2011) sono un ulteriore riconoscimento al talento narrativo di Vitaliano Trevisan che, ispirandosi ai maestri Ibsen, Shakespeare e Dostoevskij ha saputo portare sul palcoscenico il mondo di oggi e le sue contraddizioni col piglio dei grandi maestri, rivisitati però in chiave novecentesca. 

Pessimismo

«Il mio è un gesto volontario». L’improvvisa scomparsa di Vitaliano Trevisan è stato un colpo duro da accettare per i lettori dell’autore. Scritto di suo pugno, il biglietto rinvenuto nella sua abitazione di Crespadoro ha rinforzato il tema del suicidio e – più in generale della morte – come cardine della poetica trevisaniana. La sua pesante analisi sulla provincia italiana, trasversale in tutta la produzione e con vari gradienti di sapidità, può essere considerata alla stregua di un saggio sociologico nel quale Trevisan non segue una trama vera e propria, ma si lascia a andare a riflessioni pessimistiche, con un chiaro rimando al pensiero di vari filosofi, come Cioran, Schopenhauer e  Kierkegaard. In particolare, con quest’ultimo Trevisan dialoga idealmente e intellettualmente, sul senso del nascosto della morte come scappatoia rivelatrice e, più in generale, sul senso dell’esistenza. Come uscire dalla morsa di dolore che delinea la vita e che tormenta l’anima all’infinito? Nel frattempo, per sopravvivere Thomas si mette ossessivamente a camminare e compulsivamente a contare i passi, per sperare di intravvedere uno spiraglio d’orizzonte: il momento giusto per mettere fine alla sua vita e quindi, fine al suo dolore.

 

Vitaliano Trevisan: i primi libri da leggere per conoscere questo scrittore

  • I quindicimila passi, Einaudi, 2002
  • Works, Einaudi, 2016
  • Black tulips, Einaudi, 2022
  • Trilogia di Thomas, Einaudi, 2024

 

A cura di Milo Salso

Milo Salso

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