Il racconto del mercoledì: Non dovrei essere qui di Alberto Popolla

 Il racconto del mercoledì: Non dovrei essere qui di Alberto Popolla

Illustrazione di Angela Barbiera

Non dovrei essere qui. Proprio non dovrei. Caldo, cattivi odori. E poi tante persone. Troppe. Parlano, parlano, non smettono mai. È così forte che sono costretto ad ascoltare i loro inutili discorsi. Non dovrei essere qui.

Starei tanto bene sul mio divano, assorto nei pensieri e cullato dalla musica. Guardare i miei libri, sfogliare vecchie riviste, una passeggiata nel parco. E invece sono qui.

La pizza è bollente. La mozzarella non ha alcun sapore e gli altri ingredienti sono di bassa qualità. La pasta non è male. Bassa e croccante. Ho aspettato così tanto che la birra si è scaldata. Orribile.

Sono seduto in un punto di passaggio dei camerieri e spesso devo muovermi per agevolarli nel loro continuo andirivieni. E sento sempre più caldo. Il locale è sempre più pieno, sempre più rumoroso. Non riesco a sentirla. Mi parla continuamente, io provo ad avvicinarmi ma non la sento.

Non mi piace. I suoi occhi sono opachi e le orecchie troppo grandi. Ha dei bei capelli, biondi, a caschetto. Ma le labbra sono sottili. Sono labbra cattive. Così diceva mia madre. E la voce è un po’ troppo cantilenante. Lamentosa.

Seduta di fronte a me sembra alta, slanciata. Un seno modesto e larghe spalle. Ma a me non piace. Continuo a pensare di non dover essere qui. Potrei fingere un malessere. Dire che sto male e andare via. Ma lei mi seguirebbe, ne sono certo. Ecco, ora si alza per andare in bagno. Potrebbe essere il momento giusto. Un biglietto con su scritto: «Scusa, non mi sentivo troppo bene. Sono dovuto andare via di corsa. Ti chiamo domani» e i soldi della cena. Sì, dovrei fare proprio così. Ecco la penna, bene. Mi serve un foglietto, dovrei averlo. Non lo trovo, non lo trovo. Potrei chiedere al tavolo accanto.

Troppo tardi. È tornata. Continua a parlarmi e io annuisco senza più ascoltarla. Non dovrei essere qui. Vorrei tornarmene a casa. Ma lei insiste. Non capisco ora cosa vuole. Ah, sì. Un brindisi. Ma perché? Mi continua a parlare, con voce più suadente. Non capisco bene cosa dice, ma alzo il bicchiere insieme a lei, pronto a brindare.

«Buon anniversario di matrimonio, maritino mio.»

«Buon anniversario anche a te, amore. Ti amo.»

Alberto Popolla

Blam

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