Il racconto del mercoledì: XYZ, o l’interrogatorio di Luca G. Manenti

 Il racconto del mercoledì: XYZ, o l’interrogatorio di Luca G. Manenti

Illustrazione di Federica Crispo

Scavalcato il cancello del camposanto, Z s’avviò lesto, scrutando nell’oscurità, verso la tomba di X. Cominciò a scavare. Raggiunta la bara, l’aperse facendo leva con la vanga. Il cadavere era decomposto e lembi sudici di vestiario rimanevano attaccati ai resti macilenti. Mise lo scheletro sul bordo della fossa, appoggiato con la schiena alla lapide e le tibie penzoloni. S’aggiustò sulle ventitré il cappello col finto distintivo, puntò la torcia nelle orbite vuote e prese a interrogarlo:

«Miserabile, dov’eri ieri a mezzogiorno?».
Il silenzio intorno era assoluto.
«Stai muto, eh?»
Un’improvvisa brezza sollevò alcune foglie accanto, facendole turbinare.
«Parla dunque!»

Così dicendo, mollò un sonoro ceffone al teschio, che rotolò sull’erba con un tonfo. Da lontano, lo stridio ritmato dei pedali di una bici annunciava un visitatore inaspettato. Preso dal panico, raccolse il cranio e provò a conficcarlo sulla colonna vertebrale, come un’oliva sullo stecco, fallendo il tentativo. Il ciclista si fece più vicino.

«Merda!»

Affondando nel feretro scoperchiato, tirò la carcassa a sé con una mano, e con l’altra agguantò la testa ruzzolata. Il metronotte s’arrestò, insospettito dai calpestii. Appoggiò la due ruote, spinse l’inferriata cigolante e avanzò, cauto ma deciso, in direzione dei rumori, fendendo il buio con la pila.

Illuminato da un’idea, subitaneo l’inquisitore s’infilò, a mo’ di gilet, la gabbia toracica inzaccherata, si cosparse alla bell’e meglio di fanghiglia e, stringendo con le dita a ragno il capo del defunto, emerse solenne dal sepolcro, metà Lazzaro metà Amleto. Fu un istante: il guardiano, sconvolto, strabuzzò gli occhi e s’accasciò, stecchito da un infarto. Baciato dal destino, Z trascinò veloce il malcapitato nella buca, la ricoprì di terra, aggiunse una Y alla lastra e, zitto zitto, si dileguò nelle tenebre.

Luca G. Manenti

Racconto tradotto in LIS (Lingua dei Segni) da Nicole Vian dell’Associazione Guanti Rossi e letto da Antonella Dilorenzo

 

Blam

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