“Faccio come Dickens e Balzac e scrivo un romanzo a puntate”, Paolo Di Paolo racconta il suo 1999: l’intervista sull’esperimento social-letterario

 “Faccio come Dickens e Balzac e scrivo un romanzo a puntate”, Paolo Di Paolo racconta il suo 1999: l’intervista sull’esperimento social-letterario

Dal 23 maggio Paolo Di Paolo ci ha «incastrato in un nuovo esperimento social-letterario da cui non si riesce più a uscire. Si tratta del suo romanzo a puntate 1999 – Un attimo prima del mondo com’è, fruibile via newsletter iscrivendosi da qui. Ogni puntata è pubblicata il venerdì e l’autore, pur avendo una traccia, non ha la minima idea di quello che può venire fuori ogni settimana. 1999 – Un attimo prima del mondo com’è è un esperimento cross mediale che non comprende solo la parte scritta, ma anche contenuti audio e video che insieme creano un’esperienza unica e completa. Ci siamo fatti raccontare da Paolo Di Paolo il suo esperimento.

Com’è nata l’idea?

L’idea è nata dalla voglia di sperimentare. Credo che uno scrittore, e forse anche chiunque faccia quello che chiamiamo un po’ genericamente «arte di mettersi in discussione», abbia il dovere di rompere qualche schema, di non fermarsi al consueto.

Torna in auge un vecchio modo di fruire la lettura che si avvicina molto al romanzo di appendice. Nell’epoca della scarsità di concentrazione digitale, dello scrolling compulsivo e del binge watching come si colloca questo esperimento?

Penso che quella matrice del romanzo moderno, Dickens, Balzac, ma perfino Dostoevskij, sia una cosa che abbiamo un po’ dimenticato. Paradossalmente, nell’esperienza della serialità televisiva non ci ricordiamo che la matrice appunto è quella, ed effettivamente ricarica comunque un orizzonte d’attesa che, qualche volta, l’oggetto libro compiuto ha ma non riesce a caricare.

E secondo lei, oggi, la gente ha la pazienza e la concentrazione per seguire un romanzo a puntate ricevuto via mail?

Sto facendo questo esperimento anche per verificarlo. Rispetto alla concentrazione o eventualmente all’impazienza, credo che nel flusso delle tante mail si possa perdere questo oggetto, però essendoci anche video e audio offro la possibilità di immergerti in un’esperienza rosicchiando del tempo che di solito non riesci a dare a una lettura più stratificata e lunga.

Anni Novanta. Qui si parla di un anno in particolare, il 1999. Come mai ha scelto proprio questo anno?

Il 1999 è quella cesura temporale in cui si era creata da un lato una sorta di attesa piena di speranze, dall’altro pure una certa angoscia come l’ansia del Millenium Bug, della catastrofe tecnologica. In generale, il nuovo millennio sembrava un avvento di cambiamento quasi di palingenesi, come se il mondo potesse cambiare dal giorno alla notte. I personaggi del romanzo hanno l’età che io avevo nel 1999, in questo mi piaceva vedere dei ragazzi, con la loro vita privata, aspettative nei confronti del loro futuro e quello del mondo. Il futuro dei personaggi io lo so e loro no e in questo senso il narratore sa qualcosa in più.

A Social Club di RadioDue ha dichiarato che nulla è preparato e sarà tutto scritto di settimana in settimana. Possibile che sia tutto improvvisato? Che stimoli le dà questa improvvisazione senza nemmeno una traccia?

In realtà, una traccia c’è, un canovaccio, degli appunti su cui rifletto giorno per giorno perché mi preparo a scrivere la puntata con un po’ di anticipo sul venerdì, ma mi sono reso conto che non volevo proprio anticipare la scrittura perché questo avrebbe avuto un effetto molto rigido, avrei scritto una cosa e l’avrei segmentata, e non voglio segmentare una cosa che già esiste, voglio produrla via via.

Non le crea ansia non avere tutto sotto controllo e non poter pensare di avere un imprevisto e non riuscire a mandare la puntata?

Avere un po’ l’ansia e la vertigine, non sapere dove va pur avendo un arco narrativo potenziale in mente, penso sia un valore aggiunto, altrimenti non sarebbe un esperimento per me. D’altra parte gli scrittori alla Balzac e alla Dickens, sempre con le dovute proporzioni, spesso si trovavano a consegnare la nuova puntata a tamburo battente e con una grande angoscia di non riuscirci.

Lei è un Millenial. Quanto c’è di nostalgico in questo esperimento?

I Millenial vengono tacciati spesso di nostalgia e in parte lei ha ragione, però non vorrei un esperimento nostalgico proprio perché non sarà un amarcord di come eravamo negli anni Novanta, ma la prospettiva sarà proprio rovesciata, non tanto il passato quanto il futuro visto da lì, rovesciando questa prospettiva c’è un antidoto al rischio amarcord.

Cosa si aspetta da questo nuovo esperimento? Come lo sta prendendo chi lo segue?

Per ora mi pare che abbia destato una certa curiosità. È partito subito da oltre mille iscritti, verso i 1.500 solo nella prima settimana, si son avute circa 3.000 visualizzazioni (nel momento in cui scriviamo, ndr.) della prima puntata. Sono numeri interessanti per un esperimento che nasce così proprio, come dire, dal basso e per quanto ovviamente vestito da La nave di Teseo; è un progetto totalmente gratuito e non volto, per ora, alla monetizzazione, è davvero un esperimento social-letterario.

Come si evolverà? Ci sarà un libro cartaceo in seguito?

Ovviamente, l’editore auspica che vi sia un approdo cartaceo, non lo escludo. Magari subendo ulteriori modifiche, finiture e integrazioni, ma al momento non voglio pensarci, in questo senso mi piace anche l’impermanenza, l’impalpabilità, l’idea che a differenza di quello che accadrebbe sulla carta io possa usare materiali video, audio, aperture, link, connessioni, lavorare appunto su ipertestualità, un’esperienza più larga di quello che si può avere con l’oggetto libro.

A cura di Antonella Dilorenzo

Antonella Dilorenzo

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