Inchiostro delebile di Giorgia Belperio: racconto vincitore del premio letterario L’Avvelenata 2021

 Inchiostro delebile di Giorgia Belperio: racconto vincitore del premio letterario L’Avvelenata 2021

Illustrazione di Angela Barbiera

Mi chiamo Esmeralda, ho 10 anni e tanta voglia di diventare grande. Zia mi ha regalato questo quaderno perché sa che mi piace scrivere, dice che mi aiuterà tanto. Io sono piccola ma ho già capito tante cose, per esempio che i broccoli sono meglio dei carciofi, che i maschietti sono noiosi perché vogliono giocare a calcio solo tra di loro, che la matematica proprio non mi piace e che indossare la gonna è scomodo tanto quanto portare le ballerine. Da grande voglio essere una principessa, ma quelle delle favole non mi piacciono. Voglio avere l’armatura, combattere i cattivi e soprattutto voglio un fidanzato che mi faccia giocare a calcio con lui. Voglio leggere tutte le parole che gli antichi hanno scritto per noi, come quelle che ci sono nel mio sussidiario, voglio capire dove finisce l’arcobaleno e perché se vado in acqua riesco a volare. Nel frattempo che sono piccola, disegno un castello formato da tanti mattoni quanti sono i miei sogni, sperando che un giorno io possa andare a viverci. Non ti ho ancora raccontato una cosa fantastica, come posso essermi scordata! Ieri mi è stata regalata Sophie, una bambola di pezza, ho aspettato tutto l’anno per averla. Mamma dice che al mercato sono tutte strappate e non ce n’è una bella come me, per questo ho dovuto aspettare tanto. Quando si è presentata alla porta con quella bambola dai capelli rossi, mi sono resa conto di non aver mai provato una gioia simile! Anche lei era felicissima, è persino inciampata sulle scale per la fretta di tornare a casa a mostrarmela. Non so se pure papà sia contento, ieri l’ho sentito urlare per l’ennesima volta, non credo sia per colpa della mia bambola però. La mamma, comunque, sta bene, ha solo un livido gigantesco sul braccio e qualche taglio sul viso, ma lei dice che non le fa male nulla se non un po’ il cuore.

Sono cresciuta, ora ho 13 anni. A scuola mi prendono in giro perché credo a Babbo Natale, ma mamma mi ha giurato che il tetto ha le crepe perché Babbo ha provato a entrare dal camino più volte, ci teneva a darmi un regalo: un bel libro, si chiama Il principe e il povero di un certo Mark Twain. Non ho tanti amici, solo Paola e Giulio. Paola mi chiede sempre perché metto lo stesso vestito con la fantasia a fiori. Come faccio a cambiarlo? È così grazioso! Che poi l’ultima volta che mamma mi ha comprato un abito nuovo, la sfiga ha voluto che al mercato ci fosse solo cavolo per due settimane, sì, mi hai sentito bene: DUE SETTIMANE, non voglio assolutamente finire per avere altre sfortune di questo tipo!

Giulio un po’ mi piace, l’altro giorno mi ha dato un pezzo della sua merenda perché ha detto che mi vedeva sciupata. Mi difende sempre quando mi chiamano “imbecille”, “sporca capra” o “morta di fame”. Io non so che vuol dire amare una persona, a scuola ce la descrivono come una sensazione che fa sentire la metà del peso corporeo, ma più ci penso, più credo che la maestra abbia il mio stesso livello di conoscenza dell’amore. Non credo che la mamma si senta leggera quando è col papà. Nonna dice sempre a Maria, mia sorella: «Movite a trova’ marito, ché qua ce servono li sordi!» e ogni volta lei si fa una risata. Non passo molto tempo con mia sorella, è sempre fuori la sera e torna poco prima che suoni la mia sveglia per andare a scuola, ha un gruppo di amiche della sua età, lei non lo sa ma spesso le vedo passeggiare avanti e indietro in una stradina vicino casa.

Domani faccio 19 anni. Da quando ho iniziato a lavorare sono così indaffarata che me ne stavo dimenticando! Mi sono sposata con Giulio e sono anche incinta di cinque mesi, hanno detto che sarà un maschietto. Sono così felice che non sia una bimba, è bello poter usare la gomma da cancellare nella lista degli ostacoli che dovrà affrontare. Ogni tanto mi fermo a pensare all’ingenuità della mia infanzia. Il profumo del sugo la domenica mattina, le margherite raccolte al parco che mamma si metteva tra i capelli, la bambola di pezza dai capelli rossi, il sussidiario che leggevo e rileggevo fino a consumare tutte le pagine e la curiosità che mi spingeva a intrufolarmi nei giardini altrui, solo per scoprire la loro verdura preferita. La maestra lo sapeva bene cos’è l’amore, erano mamma e papà che non lo conoscevano, purtroppo. Ormai non penso più al passato, l’adolescenza mi ha portato tanta consapevolezza di ciò che è stata la mia infanzia e altrettanta voglia di non lasciarmi passare la vita davanti. Nel tempo libero mi aggrappo ai sogni. Io lavoro in sartoria ma, tra un punto e l’altro, leggo e scrivo più che posso, ci passerei le giornate intere se non avessi mai scoperto che Babbo Natale non esiste.

Ho 35 anni e amo la mia vita. Danilo ormai va alle superiori ma di studiare proprio non gli va. Dice: «A ma’ io so’ ’n artista, non voglio ave’ catene». Se solo capisse che nei libri può trovare tutto quello che gli serve per volare libero. I professori impazziscono per stargli dietro, spero che prenda il diploma e si trovi al più presto un lavoro. Quant’è difficile essere madre, partorire un’anima così innocente e non poterla proteggere dal mondo. Io cerco di dargli tutto quello che non ho avuto e lo aiuto a costruire un futuro degno della bellezza che coltiva dentro di sé. Sette anni fa la mia vita ha cambiato totalmente forma: è successo che una nota rivista di attualità ha deciso di pubblicare un mio saggio. Quando mi sono arrivate le congratulazioni per l’assunzione nella redazione del giornale più importante della città, mi sono innamorata per davvero. Da quel giorno ho così sete di vita che sento la metà del mio peso corporeo. Ora ho la possibilità di dar voce ai miei pensieri, di essere un modello per chi, come me, è partito dal degrado. Se chiudo gli occhi, mi vedo in cameretta a sognarmi come la nuova Jane Austin, con i sogni troppo grandi per rimanere chiusi nel cassetto. Voglio essere l’ispirazione di chi vuole specializzarsi nel mio stesso campo. Vivo di e per la scrittura.

Ho 46 anni. Sono arrivata a quel traguardo della vita in cui ho la consapevolezza di aver sperimentato tutto. Ho preso il meglio che la vita potesse offrirmi, sono contenta. 

Giulio se n’è andato di casa. Dice che per me il lavoro era diventato più importante della famiglia, un cliché come pretesto per lasciarmi. Nonostante ciò, Danilo si è laureato e io non potrei essere più fiera di lui, mi dispiace solo che un ragazzo così giovane debba assemblare il suo futuro senza una figura paterna accanto. Continuo a scrivere perché è ciò che mi ha sempre dato energia, non posso farne a meno. L’autoanalisi, che riesco ad acquisire da un mio flusso di coscienza, mi fa venire i brividi. Innumerevoli adolescenti sono venuti da me chiedendomi consigli su come approcciare alla scrittura, mi faccio una risata ogni volta che vedo le loro facce perplesse quando confesso di non poter dare suggerimenti. Io non posso aiutarli e loro un giorno capiranno il perché. Il bisogno di scrivere lo senti scorrere dentro le vene, ti fa sudare, ti accelera il battito, ti fa credere di non poterne fare a meno. È una dipendenza, ma di quelle buone, che fanno bene all’anima. Le parole aiutano, le parole salvano. Non posso dirvi come scrivere se non tornate a casa sentendo il bisogno di farlo, non posso dirvi nulla se non avete voglia di scoprire voi stessi e il mondo che vi circonda. Mi dispiace cari ragazzi ma un giorno capirete perché l’approccio allo straordinario mondo che è la scrittura non può essere insegnato. Questo gli dico.

65 anni. Sono nonna! Quanto è bella Laura quando mi guarda con quegli occhi blu come il mare. Quando mi dice quel «Nonni’, ti voglio tanto bene» io la sera vado a letto tranquilla, la sua purezza mi riempie il cuore di gratitudine e felicità. L’altro giorno mi sono scordata di andare a prenderla a scuola e mi sono sentita terribilmente in colpa, non so come sia potuto succedere. La vorrei difendere da tutti i pericoli e tenerla sempre vicino a me, ma lei è come il padre: impaziente di conoscere il mondo. Così piccola e fragile, vorrei farle da guida per tutta la vita e insegnarle che ogni singolo attimo della sua esistenza deve essere vissuto non come se fosse l’ultimo, ma come se fosse il primo, con la curiosità di chi, un passo dopo l’altro, scopre il mondo in tutte le sue sfumature. Voglio essere per lei ciò che ho sempre desiderato per me.

Alla persona che non mi ha mai abbandonata, che ha vissuto con me i nodi alla gola e la paura di fallire, che mi ha fatto uscire dalla miseria, che mi ha dato la forza di convivere con attacchi di panico e depressione, che non ha mai smesso di credere nelle mie potenzialità, che ha preso la mia vita e ne ha fatto un capolavoro: grazie. Grazie, Esmeralda. Grazie per non avermi mai persa di vista. Ho 65 anni e ho vissuto, lo giuro.

Ho trovato questo diario tra gli scaffali e mi piaceva l’idea di scrivere qualcosa come quando ero piccola. Oggi è venuto un ragazzetto a trovarmi, con una bimba bellissima. Si è presentato, ma purtroppo non ricordo il suo nome, aveva un viso familiare. Mi ha preparato da mangiare anche se non mi sono fidata tanto, in questo momento vorrei solo tornare a casa. Sento mamma che mi chiama e io vorrei aiutarla, ma qui mi dicono di stare a riposo e di tranquillizzarmi. Sto aspettando che Giulio torni da lavoro, nel frattempo mi do da fare con la macchina per il cucito, in qualche modo Danilo deve mangiare.

Ho 17 anni. Sono Laura. Alla nonna è stato diagnosticato l’Alzheimer 7 anni fa. Oggi le ho letto questo diario, lei mi ha stretto forte la mano. Dopo dieci secondi dalla lettura dell’ultima frase, mi ha guardato con occhi persi, non mi ha riconosciuta. Nonna non ricorda più chi sono, ma oggi mi ha sorriso. Va bene così.

Giorgia Belperio

Racconto secondo classificato della sezione B (racconti inediti giovani) del Premio Letterario L’Avvelenata 2021.

Leggi tutti i racconti del premio!

Blam

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