Il racconto del mercoledì: Il prossimo di Luca Alessandrini

 Il racconto del mercoledì: Il prossimo di Luca Alessandrini

Illustrazione di Alexandra Stephanie Trentini

La sala d’aspetto sa di aglio e sconfitta. Ho puntato la sveglia così presto che il gallo mi ha sfanculato, ma già ci sono almeno trentadue anziani che mi guardano e ghignano.

«Chi è l’ultimo?» chiedo.

«Zanetti», mi fa un donnino dalla permanente indaco.

«…che sarebbe?»

«È andato a casa, ché c’è lo sceneggiato. Lo chiamo quando ne manca uno.»

«Ah.»

Recupero un Novella2000: due delle tipe in copertina sono defunte da almeno un lustro. Lo poso; sbirciare le tette ai morti è troppo anche per me. Mi metto ad ascoltare, si scambiano informazioni sui malanni come collezionisti di figurine. C’è un fuoriclasse, un ex minatore che le ha avute tutte tranne il cesareo.

Intanto il dottore si attarda con la prima paziente: dal tempo che ci mette la starà operando d’appendicite, come minimo. Un signore dal naso bordò mi spiega: «È un dottorino nuovo…» fa un sorriso a lasciare intendere che a un pivello del genere gli si chiede di tutto, dalle ricette per la digitale a un massaggio Shiatsu. Dopo altri venti minuti la donna esce. Il dottore si affaccia sconvolto, sudato come la pubblicità del Gatorade. Scannerizza il plotone di vecchietti e si affloscia.

«Il prossimo…»

Mi guardo attorno, sembrano tutti molto rilassati. E contenti. In effetti quella stanzina ingiallita deve parer loro una specie di colonia estiva, un posto dove poter finalmente parlare con qualcuno che non sia il gatto o un nipote distratto.

Ce n’ è uno con idee di politica estera che farebbero impallidire Hitler; gli altri lo assecondano con cenni del capo, senza dire nulla – che nell’alfabeto muto degli ottuagenari significa che sei troppo coglione per sprecarci del fiato.

Comunque provo anch’io a rilassarmi, anche perché facendo un rapido calcolo rimarrò qui dentro abbastanza per guarire dalla varicella.

«Di chi sei il figlio te?»

Guardo il dito del nonnino, puntato come un serramanico su di me.

«Sono il figlio di Elio.»

«Quello del bar?»

«Sì.»

Non dice nulla, si limita ad assentire, relegando il babbo nella categoria “coglioni”.

Le ore arrancano liete, tra racconti di partigiani ed emigrati che Indiana Jones gli fa una pippa, finché finalmente sento la vecchina telefonare a Zanetti. Ci siamo, non resta che lui e poi sarà il mio turno. Con ammirevole sincronia Zanetti compare proprio nell’istante in cui esce il muratore in pensione. Dovrei essere contento ma gli ho visto sotto il braccio la scacchiera.

Luca Alessandrini

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *