Il racconto del mercoledì: Fughe sporche di Federica Marta Puglisi

 Il racconto del mercoledì: Fughe sporche di Federica Marta Puglisi

Illustrazione di Angela Barbiera

Una casella postale straripante di avvisi, bollette, pubblicità e centimetri di polvere. Intorno, impalcature e rapidi uomini con caschi gialli. Vedeva tutto questo dalla sua finestra incastrata tra aria e cemento. Lei, una perenne girovaga del suo degenerato appartamento.

Bussavano alla porta ogni primo del mese, ma l’udito sembrava abbandonare Marta proprio in quel preciso periodo. Lei era intenta a catalogare la direzione delle nuvole, l’orario di accensione dei lampioni e il lento deperire delle piante. Conosceva le abitudini di ogni essere umano presente sulla sua traiettoria e le faceva sue in esasperato silenzio. Passava le ore a ricalcare il profilo del palazzo di fronte, con un pennarello sul vetro della finestra, ricostruendolo in una nuova dimensione.

Aveva visto sorgere quel palazzo con la stessa calma dei rifiuti nella sua stanza. Non poteva occuparsi anche di altro.

Ogni volta che la porta batteva, Marta iniziava a contare le piastrelle, da un lato all’altro del suo salotto, per trovare la pace resettando il respiro. Le sue pulsioni venivano così riposte nelle fughe sporche tra l’immondizia dei suoi anni. 

Viveva così, intrisa di un’immaginazione condita di minuziosi dettagli e cibo in scatola. Caparbia e consapevole si destreggiava nel suo labirinto con grande astuzia e non poca ossessione.

Inatteso, uno stridere di ferraglia pervase l’appartamento. Sempre più vicino, sempre più forte. Sembrava giungere dal cielo.

Lievi raggi di sole iniziarono a filtrare da un’esile fessura di una finestra buia. Marta facendosi cautamente spazio tra le cataste di carta, si avvicinò a quel vetro. 

La sua visuale, oltre l’impalcatura appena rimossa, rivelò ai suoi occhi un paesaggio dimenticato.

Tempo scaduto.

Un attimo dopo bussarono alla porta con fare definitivo. Ripetutamente. Un brusco continuo battere fino all’ingresso di svariate menti. Scaraventarono le decine di buste per terra. Una quantità che non fece alcuna differenza su quel pavimento. «È inutile fingere, è ora di andare Marta. Il palazzo verrà abbattuto tra poco».

Marta s’infilò in un cumolo di vestiti nell’insano tentativo di mimetizzazione. Curiosa e macabra al contempo. Come una corona di fiori freschi in pattumiera.

Federica Marta Puglisi

 

Blam

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