I cinquecento di Raffaello di Matteo Verzì​: racconto vincitore del premio letterario L’Avvelenata 2021

 I cinquecento di Raffaello di Matteo Verzì​: racconto vincitore del premio letterario L’Avvelenata 2021

Illustrazione di Fabio Boffelli

È il 6 aprile 2020 e ci troviamo in Paradiso. Si sta celebrando il cinquecentesimo anniversario dalla morte/ascesa al cielo di uno degli artisti più importanti di tutti i tempi: Raffaello Sanzio.

I santi, i beati e i defunti sono in attesa del loro turno per consegnare il proprio omaggio al grande pittore.

San Paolo dona una bella Bibbia (l’ennesima); San Matteo un nuovo e utilissimo set di pennelli, ma non le altre attrezzature necessarie per la creazione di un quadro, come colori e tele bianche; Michelangelo Buonarroti e Leonardo Da Vinci, “le muse ispiratrici” di Raffaello, un modellino di una statua equestre robotizzata dedicata al collega.

Ma San Pietro ha un’idea particolare, un cinquecentenario non si compie tutti i giorni; perciò decide di concedere a Raffaello una notte in cui potrà tornare in vita per visitare Roma e controllare lo stato di conservazione delle sue opere, chiodo fisso del pittore durante la sua permanenza in Paradiso.

Nella notte stabilita, un raggio di luna creato dal Custode del Paradiso entra dall’oculo della cupola del Pantheon – dove si trovano le tombe dell’artista marchigiano e di tre membri di Casa Savoia –illuminando la basilica e risvegliando il grande genio dal suo sonno eterno.

Però si riscontra subito un effetto non desiderato: la magica luce lunare non colpisce solo il sepolcro di Raffaello, ma l’intero edificio, riportando in vita tutti i personaggi lì sepolti, tra cui Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia, suo figlio Umberto I e sua nuora e nipote, la regina Margherita.

Sorprendentemente anche le opere d’arte presenti nella basilica prendono vita, tant’è che iniziano a intonare dei canti religiosi in latino.

Dopo il primo momento di stupore e meraviglia, Vittorio Emanuele e Umberto iniziano un duro confronto su una questione molto più importante del motivo per cui sono resuscitati senza apparentemente nessun senso, e cioè su chi avrebbe dovuto essere il re d’Italia. Purtroppo per loro, nessuno dei due sa che la monarchia è terminata con Umberto II nel 1946 e che oggi vi è la Repubblica.

Così i due ex sovrani decidono di dirigersi al Palazzo del Quirinale, all’epoca residenza reale, convinti di trovare Vittorio Emanuele III, morto in realtà nel 1947, e di riappropriarsi del trono.

A tutta questa scena assiste un funzionario governativo, impegnato nella supervisione degli scavi archeologici romani adiacenti alla basilica, che avvisa il Capo dello Stato dell’imminente arrivo dei due regali ospiti.

Dopo un iniziale scetticismo, il Presidente, grande e stimato esperto della Storia d’Italia, decide di accogliere e di spiegare un po’ ai due Savoia quello che è successo dopo la loro dipartita.

Quindi fa preparare una stanza con una lavagna per lui e due banchi per gli ex monarchi, creando l’ambiente per una vera e propria lezione di storia.

Usciti dal Pantheon, i sovrani sono convinti di trovare la carrozza che li condurrà al Quirinale, ma non è così.

Infatti trovano solo automobili moderne, autobus, motorini, biciclette e monopattini. Sbigottiti osservano, inoltre, grandi comitive di ragazzi con i pantaloncini e di ragazze con le minigonne. I due sovrani gridano, allora, allo scandalo e cercano di far arrestare i giovani dai carabinieri che, invece, per poco non portano loro in caserma.

Alcuni passanti, scambiandoli per attori alle prese con delle scene di un film d’epoca, chiedono ai Savoia di farsi dei selfie con loro, scatenando l’indignazione totale dei due e la paura per quegli strani aggeggi – i cellulari – scambiati invece per pericolose armi.

Or ora sta passando di lì un nostalgico monarchico, che fa montare i due re sul suo tandem per portarli al Quirinale.

Il viaggio verso l’ex reggia è lastricato di persone tatuate, di manifestazioni, di inquinamento acustico e luminoso e di nuove costruzioni; un ambaradan di modernità che ha suscitato uno sconvolgimento inaudito nell’animo dei reali.

Arrivati finalmente a Palazzo, dopo aver ringraziato il monarchico nominandolo senatore del Regno, i Savoia fanno ingresso, non prima di aver condannato a morte le guardie in servizio al portone del Quirinale, poiché non si sono inchinate al loro passaggio.

Esterrefatto e sbigottito, il personale della Presidenza assiste alla presa in comando da parte dei due re del Reggimento dei Corazzieri, i quali fingono di eseguire gli ordini.

Tutto lo staff è costretto a seguire i due monarchi e a farsi il giro del Palazzo, fino ad arrivare al Salone di Rappresentanza.

Accolti dal Presidente della Repubblica, vengono fatti accomodare ai loro banchi e, urtati e turbati per l’assenza di Vittorio Emanuele III, ascoltano la lezione di storia del Professore-Presidente.

Impegnati a comprendere e a trovare una soluzione alla curiosa sovrapposizione storica, nessuno dei presenti si è accorto di quanto velocemente il tempo sia trascorso. È a questo punto che al Presidente sovviene di poter risolvere il “sovraffollamento” di potere con una bella cena reale, così com’è d’uso nelle più antiche tradizioni diplomatiche.

Un paio di giorni per poter avvisare la popolazione di quanto sta accadendo, è l’ulteriore richiesta che il Presidente fa ai due sovrani. Del resto, prendere tempo è l’escamotage diplomatico per eccellenza.

Ottenuta l’approvazione compiaciuta dei monarchi, i tre si sono gustati un delizioso banchetto che doveva rappresentare il passaggio dei poteri.

Rasserenati e coccolati, i due hanno avuto una notte da sogno, catturati da una meravigliosa invenzione, la televisione.

Nel tempo in cui i due sovrani erano intenti, tra una bistecca e un bicchiere di vino, a riprendersi il potere, Raffaello era ancora lì, nel Pantheon, impegnato a uscire dal suo sepolcro.

Eccolo il pittore, tutto orgoglioso per aver ricevuto l’onore di essere sepolto in un edificio di tale bellezza; freme dalla voglia di controllare che fine abbiano fatto le sue opere e se dopo cinquecento anni si siano conservate integre.

Volgendo lo sguardo là vicino a Raffaello, si scorge Margherita di Savoia, anche lei sveglia. È estasiata di poter fare la conoscenza di un grande personaggio come il pittore, dopo averne studiato le gesta sui libri di Storia.

La nobildonna vuole assolutamente sfruttare la particolare occasione che il fato le sta offrendo e chiede di poter ammirare alcune tra le più belle opere al mondo in compagnia dell’autore in persona.

Il pittore marchigiano, preso un po’ per vanità e soddisfatto di essere passato agli annali della Storia, acconsente con piacere alla richiesta della regina e la conduce ai Musei Vaticani.

Arrivati a destinazione, dopo aver fatto una lunga passeggiata, e dopo aver ammirato con meraviglia e stupore tutte le modernità dei nostri giorni, gustando prelibatezze come il panino al prosciutto offerto dal Sor Gino er porchettaro de Borgo Pio, divertito dallo strano abbigliamento e dal modo di parlare di quella coppia, i due constatano con grande gioia di Raffaello che le opere dell’artista non solo sono ancora intatte, ma sono contemplate ogni giorno da centinaia di migliaia di visitatori.

Nel frattempo, dall’altra parte della città, i due Savoia, un po’ alticci dopo la cena diplomatica, hanno appena lasciato il Palazzo del Quirinale e si sono diretti verso una carrozza lì vicino parcheggiata; una volta saliti, i due si sono addormentati, e i cavalli, probabilmente trainati dai poteri miracolosi di qualcuno in Paradiso, hanno raggiunto il Tempio di tutti gli dèi.

Intanto, anche Raffaello e Margherita sono tornati alla basilica, soddisfatti e felici della loro bella nottata.

Il sole inizia ad affacciarsi nella basilica attraverso il suo oculo, e tutti, chi coscientemente e chi no, riprendono il proprio posto nella tomba.

I quattro sono ora di nuovo al cospetto di San Pietro, che ha seguito per tutta la notte le avventure di questi strambi protagonisti. Ride come un matto, il santo, soprattutto per la goffaggine dei due re, che si reputano molto offesi per l’atteggiamento di Vittorio Emanuele III e del Presidente della Repubblica e che già progettano nuovi piani per riprendersi il potere, puntando tutto sul loro fedelissimo senatore del Regno in tandem.

Matteo Verzì​

Racconto primo classificato della sezione B (racconti inediti giovani) del Premio Letterario L’Avvelenata 2021.

Leggi tutti i racconti del premio!

Blam

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