Daniele Petruccioli ci racconta in 10 punti il suo libro Si vede che non era destino, una sorta di Vangelo laico e femminile

 Daniele Petruccioli ci racconta in 10 punti il suo libro Si vede che non era destino, una sorta di Vangelo laico e femminile

Attore e traduttore affermato, Daniele Petruccioli torna in libreria a tre anni di distanza dal successo di La casa delle madri, candidato al premio Strega 2021. Già autore di articoli e saggi sulla traduzione, Petruccioli è laureato in Lingua e traduzione portoghese e brasiliana e diplomato in tecniche teatrali e della recitazione. Il suo nuovo libro, Si vede che non era destino (TerraRossa edizioni) può essere considerato una pionieristica sacra scrittura al femminile.

Si vede che non era destino di Daniele Petruccioli: la trama del libro

Maria, una giovane donna devota ai genitori, rimane incinta in maniera enigmatica.

Il fidanzato – che non è il padre naturale del futuro nascituro – decide di prenderla in sposa comunque e di crescere il piccolo Ieshua. Raggiunti i trent’anni il figlio di Maria inizia una crociata contro tutto e tutti pur di portare avanti le proprie idee. Il destino sarà malevolo con tutti loro, lasciando Maria piena di dolore e di domande senza risposte certe.

Con Si vede che non era destino Daniele Petruccioli racconta il mistero cristiano dall’annunciazione alla crocifissione, servendosi di un punto di vista inedito, quello di Maria: un vangelo secondo lei, umanista e non dogmatico, che incrina i pilastri della cultura occidentale e ribalta le fondamenta stesse del culto cattolico.

Ma lasciamo che sia l’autore a spiegarci la sua (sacra) scrittura in dieci «movimenti».

Si vede che non era destino di Daniele Petruccioli raccontato da Daniele Petruccioli in 10 punti:

1 – Dio

Dio non c’è. È la prima verità del mondo. O se c’è non si vede. Che non siamo capaci noi di vederlo o che non si voglia far vedere lui è secondario. Bisogna partire dal fatto della sua pervasiva, onnipresente assenza. E vedere dove si riesce ad arrivare.

2 – Io

Se Dio non c’è, l’io dov’è? Questo è un problema non secondarissimo, secondo me, che finisce in un vortice junghiano ma che sicuramente anche Cristo ha posto. Chi sei tu? Chi è l’altro (lui lo chiamava il prossimo, che sta anche per vicino – quanto insopportabilmente vicino…?)? E come ti poni, tu, rispetto all’altro e all’io? È in questo spazio vuoto, forse, che si vede Dio…?

3 – Malattie

Se la realtà più vera sta in mezzo – tra realtà e trascendenza, tra l’io e il tu, tra Dio e noi – allora, forse, chi la guarda – o prova a guardarla – è più probabile venga preso per pazzo o per malato, che non per uno o una che parla con Dio.

Figuriamoci poi se è una ragazzina quattordicenne con una tendenza a vedere cose strane, che percepisce solo lei… .

4 – Morte

Cercarsi, cercare un “io” è un tipo di morte. Anche nascere è un modo di morire. Anche partorire. Se poi mentre cerchi te stessa e partorisci ti tocca anche partire come profuga, è ancora più una morte. Del resto anche morire è un po’ nascere.

Ma perdere chi ami? Dopo che non l’hai visto per dei lustri? Perché ogni volta che amiamo qualcuno ci viene strappato? Perché muoiono sempre quelli che non vogliamo? Rispondi? Dio…??

5 – Amore

Come fa una ragazzina innamorata del suo sposo promesso (non capitava mica proprio sempre, all’epoca…), che si ritrova incinta all’improvviso senza sapere bene come, sicuramente non di chi e perché, a non perdere il suo amore? Deve passare attraverso vergogna e penitenza? O deve tirare fuori tutti i colori di cui è capace? E il suo uomo, come fa a superare la vergogna, la rabbia, la lacerazione di vedersi privato di un possesso che gli hanno insegnato a considerare un suo diritto, e riuscire a non perdere il suo amore, a ricordarsi che quel figlio può benissimo essere anche suo? Ci riuscirà? Ci riusciranno? E il figlio, li aiuterà, in un qualche modo? O renderà le cose più difficili?

6 – Umore

Se questo amore, se questi parti, se queste partenze, se tutte queste morti fanno così paura, come fa una famigliola piccola, malaticcia, piena di visioni spaventose e di persone venute dal di fuori, a ricordarsi che l’unico precetto (divino, sì) dato da Dio o dalla Natura – decidete voi, a Dio o chi per lui non gliene può fregare di meno, non è questo il punto – che l’unico dovere su questa terra è ricordarsi di provare a essere felici?

7 – Miracoli

E non è un miracolo, questo? Non è proprio questo, soltanto questo, il miracolo?

8 – Seguaci

E se un bambino cresciuto in questo modo diciamo obliquo, da grande, diciamo sui trent’anni, improvvisamente tutte queste cose le comincia a dire: che il brutto è bello, che il povero è molto più ricco, che il bambino è molto più grande, che l’amore è tutto, che tutto dipende dall’amore, ma soprattutto da come lo guardi… Se un bambino cresciuto comincia a dire ad alta voce queste cose, che succederà? Quanti follower rischia di avere? E quanti shitstorm poi gli arriveranno in faccia? E sua madre, che può fare davanti a tutto questo?

9 – Occhi

Forse, imparare a guardare. Forse, ricordare quello che sa già: che com’è il mondo dipende solo da come lo guardi.

10 – Voci

E certo, certo, da quanto sai ascoltare: dalle voci che senti, e da quanto presto riesci a smettere di vergognartene. Allora la tua pazzia diventa un dono, e non ha più nessuna importanza se Dio esiste oppure no. Perché, che ci sia o no, ti sta guardando, e sente la tua voce.

 

A cura di Daniele Petruccioli e Milo Salso

Milo Salso

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