Chi era Harriet Beecher Stowe, l’autrice del romanzo “La capanna dello zio Tom”? Scoprilo in 5 parole

 Chi era Harriet Beecher Stowe, l’autrice del romanzo “La capanna dello zio Tom”? Scoprilo in 5 parole

Ritratto di Sonia De Nardo

Harriet Beecher Stowe, conosciuta per essere l’autrice del romanzo La capanna dello zio Tom, nasce nel New England, a Litchfield in Connecticut, il 14 giugno del 1811. Sesta di nove figli, all’età di cinque anni perde la madre affetta da tubercolosi. Il padre, Lyman Beecher, è un pastore protestante della Chiesa congregazionista, nonché convinto calvinista, dedito alla sua missione al punto da trascurare la famiglia e il suo ruolo paterno. Col tempo Stowe si dimostrerà «degna figlia di sua madre»: è a lei che deve l’amore per la cultura e la grande apertura mentale.

Harriet Beecher Stowe: chi era la scrittrice in 5 parole

Open-minded

Stowe ama talmente conoscere e apprendere da superare i limiti culturali e morali del suo tempo, restrittivi soprattutto nei confronti delle donne. Considerando l’epoca in cui vive, riceve comunque la migliore educazione possibile per essere una donna.

Uno dei suoi luoghi preferiti della casa è la cucina, che definisce un «luogo di espressività e confronto emozionale». Qui ha l’opportunità di osservare e conoscere i domestici di diverse etnie che lavorano per la famiglia e con i quali si relaziona in maniera colloquiale e rispettosa. Un altro luogo della casa che Stowe ama è lo studio. È qui che legge avidamente i romanzi vietati dal padre perché secondo lui non adatti a una fanciulla (fa eccezione solo per Walter Scott). Perciò di nascosto legge libri come Le mille e una notte e frammenti del Don Chisciotte. Questa sua formazione informale e casalinga è parallela a quella «formale» presso l’Accademia femminile (prima a Litchfield e poi ad Hartford, quest’ultima fondata dalla sorella Catharine). Grazie alla sua grande passione letteraria diventa insegnante giovanissima, neanche maggiorenne, e scrive addirittura un dramma.

Salotto

Nel 1832 Stowe segue il padre in una nuova missione evangelica in Ohio, stato fortemente cattolico. Questa esperienza sarà illuminante per lei perché le permetterà di studiare i modi di comprendere e tradurre le diversità, e così facendo di accogliere dialetti e modelli culturali differenti. Al contrario del padre, avrà una visione tollerante e accogliente anche verso i cattolici. Con questo spirito pubblica nel 1833 il suo primo libro di successo: Primary Geography for Children, una raccolta di aneddoti, proverbi e illustrazioni attraverso i quali invita i giovani ad ampliare i propri orizzonti. Forte di queste convinzioni decide di abbandonare l’insegnamento per diffondere questi principi al fine di favorire la nascita di una cultura nazionale. Per raggiungere questo scopo si avvale di una consuetudine del suo tempo: il salotto, inteso come spazio in cui confrontarsi, ritrovarsi, accogliere. Qui uomini e donne si incontrano, leggono, suonano, cantano, dipingono, discutono.

Abolizionismo

Nel 1836 sposa Calvin Ellis Stowe conosciuto nel salotto del Semi-Colon Club. Grazie a lui si avvicina ai movimenti antischiavisti europei, soprattutto francesi e inglesi, e inizia a pubblicare articoli in favore della causa sul «Cincinnati Journal». A partire dal 1845, su spinta della cognata che crede nelle sue doti letterarie, riadatta e pubblica sulla rivista abolizionista «The National Era» la storia vera di uno schiavo fuggiasco, aiutato da un quacchero. L’articolo rappresenta il nucleo della sua prima e più conosciuta opera: Uncle Tom’s Cabin; or Life Amoung the Lowly, conosciuto in Italia con il titolo La capanna dello zio Tom. L’opera esce a puntate, tra il giugno del 1851 e l’aprile del 1852.

Emancipazione

Nel corso della sua vita, oltre alla lotta contro la schiavitù, Stowe ingaggia anche la lotta di genere e contro la società patriarcale del suo tempo. Secondo lei la condizione degli schiavi e quella delle donne è interconnessa. Così il 10 luglio 1851 pubblica sul «National Era» la vicenda di Eliza, la schiava degli Shelby che, per sottrarre il figlioletto allo stesso destino di schiavo, fugge con lui attraverso l’Ohio ghiacciato verso la libertà. È a una donna quindi che Stowe affida la conquista delle libertà attraverso un percorso di lotta e sofferenza. Nel 1869 pubblica The true story of Lady Byron’s life, opera che diventa per le donne quello che La capanna dello zio Tom era stato per gli schiavi. Su questa scia collabora per la rivista «Hearth and Home» in cui si impegna a promuovere le scrittrici. Sostiene inoltre il suffragio in favore delle donne e sollecita la solidarietà tra donne vittime di abusi.

Calvinismo

Nonostante le lotte per l’emancipazione, Stowe è comunque impregnata della cultura calvinista. È perciò inevitabile che alla morte di uno dei suoi sette figli, avvenuta per annegamento nel 1857 nel fiume Connecticut, si chieda se questo abbia ottenuto la salvezza eterna. D’altro canto però, il calvinismo tende a reprimere il dolore, e Stowe sente che questa fede è incapace di darle conforto. Si convince sempre più che il calvinismo sia fatto solo da uomini per gli uomini che con i loro volumi e sermoni hanno elaborato una struttura rigida, incapace di ascoltare veramente i disagi e i dolori delle persone. Con il romanzo del 1859, Il corteggiamento del reverendo (The Minister’s Wooing), Stowe immagina di diventare una predicatrice che per esercitare la sua missione non fa appello a ordini convenzionali, ma solo alla sua esperienza e sensibilità di donna e dimostra ancora una volta che ogni istituzione gerarchica di tipo patriarcale che tende a separare la sfera pubblica da quella privata non solo crea il sistema, ma genera inevitabilmente le vittime di quello stesso sistema.

Harriet Beecher Stowe: i primi libri da leggere per conoscere questa scrittrice

  • La capanna dello zio Tom, 1852
  • Dred: una storia della grande palude, 1856
  • Il corteggiamento del pastore, 1859

A cura di Oriana Rodella

Blam

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