Ritratti di scrittori: Giacomo Leopardi, chi era? Scoprilo in 5 parole

 Ritratti di scrittori: Giacomo Leopardi, chi era? Scoprilo in 5 parole

Ritratto illustrato di Sonia De Nardo

Il 14 giugno del 1837 muore Giacomo Leopardi e oggi, in occasione dell’anniversario, ne celebriamo il pensiero con un ritratto impegnativo ma d’obbligo. Non occorrono grandi preamboli: si tratta di una delle colonne portanti della letteratura italiana e le sue opere sono note in tutto il mondo. Ciononostante, è spesso associato ad alcuni luoghi comuni che forse lo banalizzano e semplificano eccessivamente. Leggere Leopardi non è solo quell’esercizio meramente scolastico che lo riduce ad autore pessimista o alla poesia l’Infinito, leggere Leopardi è iniziare un viaggio sulle ali di una cultura immensa, interiorizzata a tal punto da dare forma, poi, a una filosofia universale, in cui tutti riescono a immedesimarsi e riconoscere un po’ di sé. Questo è possibile attraverso il suo diario letterario, lo Zibaldone, da cui emerge una personalità contorta, profonda… geniale.

Giacomo Leopardi: chi era lo scrittore in 5 parole

Studio

Edmondo De Amicis scriveva che il destino di molti uomini dipese dall’esserci o non esserci stata una biblioteca nella propria casa paterna e non c’è nulla di più vero per Leopardi, che inizia a scrivere proprio grazie alla grande passione per i libri contenuti nell’immensa collezione del padre Monaldo. Lucio Villari ci dice: «La cultura moderna era invisa alla Chiesa di allora, per cui Monaldo cercava di salvare le apparenze ma era solo apparenza, perché nessuno ha costretto il bambino o ragazzo Giacomo a leggere, era Giacomo che ne era attratto». Ed è in questo contesto che si inseriscono quei famosi sette anni di studio matto e disperatissimo che conducono lo scrittore a problemi di salute ma anche a un’immensa cultura e apertura mentale.

 

Filosofia

Celeberrima è l’opera poetica di Leopardi, ma ben pochi lo conoscono in veste di filosofo. Le riflessioni partono dalla presa di coscienza di una profonda infelicità dell’essere umano, legata al progresso e alla civiltà moderna. Secondo l’autore, infatti, sono solo le illusioni a costituire la maniera di evadere da una realtà corrotta, di lumi e ragione. Le illusioni sono da lui definite «larve»: si sviluppano e crescono durante la giovane età, attraverso il meccanismo della «ricordanza». Questa sorta di rassegnazione è evidente nei versi della poesia A se stesso:

[…]

La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.

T’acqueta omai. Dispera

L’ultima volta. Al gener nostro il fato

Non donò che il morire. Omai disprezza

Te, la natura, il brutto

Poter che, ascoso, a comun danno impera,

E l’infinita vanità del tutto.

 

Pessimismo?

Quello di Leopardi quindi è pessimismo o un’estrema consapevolezza della storia e della realtà a lui contemporanea? Sono tre le fasi che gli studiosi dello scrittore hanno riconosciuto: pessimismo individuale, storico e cosmico, a cui si aggiunge la fase del pessimismo eroico. Di certo, l’influenza dell’ambiente familiare anaffettivo, bigotto e severo è notevole sulla vita di Leopardi, che da adolescente è chiuso in sé stesso, introverso, confinato nella sua Recanati, tra i libri della biblioteca del padre. È l’analisi del pensiero di Rousseau che fa nascere nello scrittore l’idea per cui la natura è matrigna: produce nei suoi figli il desiderio di infinito senza dare i mezzi per raggiungerlo. Un anno prima della sua morte, nel 1836, scrive La ginestra, o fiore del deserto, anticipata da un passo dell’evangelista Giovanni, tradotto dal greco: «[…] e gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce».

 

Conversione

Due sono le conversioni di Leopardi, la prima risale al 1815, con la scoperta della vocazione poetica, quindi il passaggio dall’«erudizione al bello». La seconda avviene nel 1817, anno di svolta nella vita di Leopardi, per la conversione «dal bello al vero», secondo cui l’arte deve fare i conti con la brutalità dell’esistenza. In questo periodo della vita dell’autore, vi è un fitto scambio di lettere con Pietro Giordani, contenuto oggi nell’epistolario leopardiano, in cui sono presenti riflessioni letterarie, ma anche politiche e antropologiche.

 

Zibaldone

Per comprendere, analizzare e sviluppare un pensiero critico su Leopardi è fondamentale leggere il suo diario personale, lo Zibaldone, che letteralmente significa quaderno di appunti e abbozzi annotati senz’ordine. In effetti, si tratta di una raccolta dei suoi pensieri più profondi, che inevitabilmente confluiscono in teorie filosofiche sui più disparati argomenti riguardanti l’esistenza umana: 4526 pagine pubblicate per la prima volta nel triennio 1898-1900. Ecco i temi trattati: la religione cristiana, la natura delle cose, il piacere, il dolore, l’orgoglio, l’immaginazione, la disperazione e il suicidio, le illusioni della ragione, lo stato di natura del creato, la nascita e il funzionamento del linguaggio, la caduta dal Paradiso, il bene e il male, il mito, la società, la civiltà, la memoria, il caso, il rapporto tra antico e moderno, l’oralità della cultura poetica antica, il talento…

 

Giacomo Leopardi: i primi libri da leggere per conoscere questo scrittore

  • Zibaldone di pensieri. Nuova edizione tematica sugli indici leopardiani, a cura di Fabiana Cacciapuoti, Feltrinelli, 2019
  • Operette morali, a cura di Giorgio Ficara, Mondadori, 2017
  • Canti, a cura di Andrea Campana, Carocci, 2014
  • Epistolario, a cura di Franco Brioschi e Patrizia Landi, Bollati Boringhieri, 1998

A cura di Giusi Chiofalo

Giusi Chiofalo

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