I disturbi alimentari di una donna raccontati dalla sua ciambella. Il breve racconto La divoratrice di Anna Giurickovic Dato

 I disturbi alimentari di una donna raccontati dalla sua ciambella. Il breve racconto La divoratrice di Anna Giurickovic Dato

L’ultima «piccola» fatica di Anna Giurickovic Dato, già autrice di La figlia femmina e Il grande me, tocca il delicato tema dei disturbi alimentari usando un punto di vista speciale, quello del cibo, per raccontare in maniera acuta e diretta quanto sia difficile – leggi impossibile – avere il controllo delle proprie pulsioni. Ci troviamo, così, ad assistere alla telecronaca di quanto accade nella cucina della «padrona», «la divoratrice» del titolo, fatta da una ciambella, nata per essere mangiata come tutte le altre, ma dotata di occhi e orecchie – soprattutto di anima e coscienza – come nessuna di loro.

La divoratrice di Anna Giurickovic Dato: la trama del libro

Tutto ciò che accade in La divoratrice accade velocemente e senza esclusione di colpi. Da un lato lei, la protagonista, una ragazza con un disturbo dell’alimentazione – probabile conseguenza di un abuso giovanile – che compra, ordina e raccoglie cibo quanto più possibile, con l’unico obiettivo di mangiarlo e, a stretto giro di orologio, vomitarlo. Dall’altro lato il vettore, l’oggetto destinato a finire nella pancia del suo consumatore: una ciambella. Come san Giovanni a suo tempo con le gesta di Gesù Cristo, il dolcetto di forma toroidale per eccellenza commenta e prova ad analizzare i comportamenti di quella che lui chiama, con rispetto gerarchico, la padrona. Dal giorno dell’acquisto e ben conscia dell’inevitabile destino, la ciambella cercherà un modo per non lasciare definitivamente questo pianeta, visto che «nessuno muore sulla terra finché vive nello stomaco di chi resta».

Il controllo e l’istinto di non sopravvivenza

La divoratrice narra una storia di per sé facile e lineare: una ciambella dotata di sensi e spirito racconta la sua nuova vita, passata dallo scaffale del supermercato alla credenza della cucina di una ragazza diventata, proprio per questo motivo, la sua nuova padrona. Tra telefonate notturne al proprio medico e scorpacciate impulsive e per nulla controllate, la ciambella offre un lucido controcampo al disturbo alimentare che affligge la protagonista. Come se si trattasse di un’allegoria degna di entrare a far parte del vangelo, questo racconto offre un’arguta analisi sul controllo delle pulsioni che ognuno di noi opera – o perlomeno tenta di operare – e di come un semplice pensiero equivoco possa mandare tutto all’aria e lasciare che sia l’istinto a prevalere su ogni cosa. Il cibo, da oggetto, diventa perpetratore di violenza e capace di soggiogare la protagonista, semplicemente con la sua presenza. Strafogarsi per far svanire il proprio corpo, riempirsi per sentirsi alla fine vuoti, le dissonanze cognitive della divoratrice sono un dare e togliere continuo, sulla sottile linea di demarcazione tra il controllo – leggi ossessione – e il suo esatto contrario. In tutto ciò, il potere salvifico che la ciambella spera di rappresentare è dolce ed encomiabile. Una volta comprese le ragioni della bulimia della protagonista, spera infatti di essere mangiata per poter essere la sua cura e aiutarla  a liberarsi dall’angoscia. Narratore, aiutante e, secondo la sua personalissima concezione della realtà, deus ex machina: sarà purtroppo tutto inutile.

Chi è Anna Giurickovic Dato, autrice di La divoratrice

Di origini serbe e classe 1989, nata a Catania ma cresciuta a Milano, Anna Giurickovic Dato è laureata in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma e ha un dottorato in Diritto pubblico. Avvocato non esercitante, è autrice e sceneggiatrice di cartoni animati per la tv e in passato ha collaborato con giornali e riviste come «Domani», «Treccani» e «F». Attualmente vive tra Roma e Parigi e il suo racconto La divoratrice (edito da Einaudi per la serie Quanti) esce a tre anni dal suo secondo romanzo Il grande me (Fazi, 2020) e a sei dal suo esordio come scrittrice con La figlia femmina (Fazi, 2017), finalista al premio Brancati 2018 e tradotto in cinque Paesi.

 

A cura di Milo Salso

Milo Salso

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