Voce del verbo: la rivista letteraria da leggere online. Storia, curiosità e qualche suggerimento

 Voce del verbo: la rivista letteraria da leggere online. Storia, curiosità e qualche suggerimento

Quando una rivista intervista un’altra rivista (perdonate questo gioco di parole) si sfiorano tantissimi argomenti che spaziano dalla poesia, ai libri, sino ad arrivare al concetto di editoria puro. Questo è quello che è successo facendo qualche domanda a Giorgio e Chiara di Voce del Verbo, rivista online da un anno e già ben strutturata. Le curiosità che ci svelano sono tante.
Preparatevi un caffè e leggete questa intervista con noi!

Voce del verbo compie proprio a gennaio un anno (Buon compleanno!). Ci raccontate com’è nata l’idea e qual è stato l’episodio scatenante?

Un pomeriggio, Giorgio torna da una lezione alla Scuola Holden tenuta da Vanni Santoni, che sosteneva che per affacciarsi al mondo della narrativa fosse fondamentale passare per quello delle riviste letterarie. Ancora meglio, crearne una. Dopo un po’ di caffè e qualche sigaretta, iniziamo a fantasticare un po’ più seriamente su questa idea. Così Chiara scatta in piedi e dice: «Facciamolo». Subito dopo Giorgio propone anche il nome, come se l’avessimo saputo da sempre.

Chi c’è dietro Voce del verbo?

I fondatori siamo noi due: Giorgio Benedetto Scalia, formatosi all’Accademia nazionale del cinema di Bologna e al corso di Scrittura della Scuola Holden, e Chiara Paterna, che dalla sua ha una formazione ben più tradizionale, essendo laureata in Letteratura, filologia e linguistica italiana. Entrambi leggiamo i racconti e li selezioniamo, anche se – ci tiene a specificare Giorgio – il parere di Chiara vale un po’ di più. Lei poi si occupa dell’editing, mentre Giorgio cura la scelta delle immagini, che qualche volta disegna lui stesso, e la comunicazione sui social. Spesso le illustrazioni sono realizzate dalla bravissima Martina Barbini, la creatrice del nostro logo. Altro membro della squadra è il nostro amico Alessio Zaccardini, anche lui holdeniano, a cui è affidata la rubrica Note a margine.

Sul vostro sito c’è scritto che “pubblicate quello che vi piace anche se non è trendy”. Voce del verbo: piacere. Cosa vuol dire per voi?

Fin da subito abbiamo deciso di non fare delle tendenze dominanti nella narrativa di oggi un criterio imprescindibile – anche perché, sotto sotto, abbiamo gusti letterari un po’ datati. Per questo il nostro giudizio, oltre a essere puramente personale e dettato dall’emozione che il pezzo ci suscita, non si ferma davanti ad alcun tipo di tematica, stile o lunghezza.

Per il mercato editoriale la poesia è morta, o meglio non vende. Sulla vostra rivista date alla poesia lo stesso spazio dei racconti. Cosa rappresenta per voi questo genere?

La bellezza non ha nulla a che fare con la vendibilità. Paradossalmente, speriamo di rivolgerci proprio a chi pensa di non avere bisogno di poesia. Si tratta di un genere dalle capacità comunicative trasversali, a cui teniamo molto – anche perché il nostro pubblico è costituito essenzialmente da giovani. Inoltre, crediamo che la lettura di poesia sia un passaggio quasi obbligato per chi si dedichi alla narrativa, riuscendo a conferire anche alla prosa un valore immaginifico.

Se la nostalgia fosse una poesia, quale sarebbe?

Gli Antenati di Cesare Pavese, in Lavorare stanca.

Le riviste letterarie sono tante, alcune si spalleggiano altre no. Cosa significa per voi fare rete?

Fino ad adesso siamo rimasti piuttosto isolati. Non per scelta nostra, né per mancanza di appoggio dalle altre riviste. A livello personale, abbiamo avuto degli scambi interessanti con i ragazzi di Neutopia – piano di fuga dalla rete, di Ammatula e di Lunario. Da poco, inoltre, Chiara è entrata a far parte della redazione de L’Irrequieto. La sensazione generale che abbiamo è che si tratti di un ambiente aperto, fluido e privo di inutili gelosie. Ognuno di noi fa il proprio lavoro con passione e serietà, mantenendo la propria autenticità, e questo è l’importante. Spetta poi ai lettori esprimere le proprie preferenze.

Chi fonda una rivista letteraria lo fa per piacere, per visibilità, per cos’altro secondo voi?

Uno degli scopi è sicuramente quello di creare una cassa di risonanza per quella che è la nostra personalissima idea di letteratura e, di conseguenza, una rete di sensibilità diverse ma accomunate dall’amore per il raccontare. La visibilità, ovviamente, è una conseguenza ben accetta di un lavoro svolto bene. Per quanto riguarda noi, da una parte volevamo creare uno spazio intimo in cui coesistessero storie e narratori diversi, dall’altra trovare un modo per cimentarci quotidianamente nei rispettivi campi di interesse.

La scelta di non inserire pubblicità sul sito da cosa parte?

Durante questo primo anno di attività abbiamo preferito concentrarci sulla creazione di un’identità solida e riconoscibile. Un tentativo precoce di monetizzazione si sarebbe rivelato inutile e controproducente. Certo, in futuro magari penseremo a un modo discreto per avere una piccola entrata, per regalare ai nostri lettori un numero cartaceo.

Da cosa dipende il prestigio di una rivista rispetto ad un’altra?

Sicuramente la longevità è spesso sinonimo di qualità, basti pensare a riviste come Nuovi Argomenti o Nazione indiana. È naturale che poi, attorno a certe realtà più affermate, orbitino scout alla ricerca di scrittori emergenti. Questo sì che può rappresentare un indice di prestigio. Per quanto riguarda progetti più recenti, pensiamo che siano i lettori, con la loro fedeltà, a determinare il valore di una rivista. L’importante è non considerare il numero di “like” come una garanzia di qualità.

Quando giungono racconti in redazione quanto influenza la biografia dell’autore? Intendiamo se ha già pubblicato o meno su altre riviste.

Zero. Ci è capitato di rifiutare proposte provenienti da persone che avevano già pubblicato romanzi o raccolte di poesie, e di aver amato alla follia pezzi di autori del tutto sconosciuti.

Qual è l’iter di selezione e pubblicazione?

Le proposte degli autori arrivano alla nostra casella di posta (all’email vocedelverbo.rivista@gmail.com), le leggiamo fino in fondo e, dopo discussioni a volte parecchio accese, decidiamo insieme se pubblicarle o meno, anche se l’ultima parola spetta all’editor, ossia a Chiara. Se l’esito è positivo – se il pezzo ci emoziona, ci sorprende, ci fa guardare le cose da un’altra prospettiva – contattiamo l’autore e gli proponiamo il nostro editing. Pensiamo, infatti, che qualsiasi racconto, anche in minima parte, non possa che giovare di una lettura esterna (e poi gli strafalcioni capitano a tutti). Discutiamo insieme all’autore delle modifiche apportate e, non appena giungiamo a una versione che soddisfa entrambe le parti, mettiamo il racconto in scaletta. Normalmente, pubblichiamo una volta alla settimana.

Suggerite ai nostri lettori tre riviste letterarie indipendenti da tenere d’occhio e perché.

Sperando di non creare risse virtuali, ecco la nostra personalissima e opinabilissima selezione:

  1. Oblique, per la varietà dei contenuti proposti, per il concorso letterario 8×8 e per le attività di formazione e divulgazione in ambito editoriale;
  2. Lunario, perché dà spazio non solo ad autori emergenti ma anche a traduttori;
  3. Carie, per la capacità di reinventarsi e perché – diciamocelo – è un piacere per gli occhi.

Ci indicate 3 libri usciti nel 2019 che suggerite ai nostri lettori da leggere assolutamente?

Abbiamo già detto che i nostri gusti letterari sono un po’ datati?
Ammettiamo che, di solito, preferiamo i classici. Come ci tiene a sottolineare Giorgio, per imparare a scrivere bisogna attingere alla fonte di prima mano, dove, oltre all’intrattenimento, si trovano le basi di tutta la letteratura odierna. Anche il più illustre autore di Harmony avrà letto infinite volte la storia di Tristano e Isotta.
Se proprio dovessimo consigliarvene uno, opteremmo per Febbre di Jonathan Bazzi, Fandango.

 

 

 

Antonella Dilorenzo

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