Gli effetti del libro Febbre di Jonathan Bazzi sulla gente: una recensione

 Gli effetti del libro Febbre di Jonathan Bazzi sulla gente: una recensione

Io e Febbre di Jonathan Bazzi

Se dovessimo paragonare Roma a uno dei gironi danteschi, sarebbe senza dubbio uno dell’Inferno: traffico, gente che cammina a caso per strada e parcheggio inesistente. “Figurati. Alle 6 di sera a via Appia, e quando mai lo troverai sto parcheggio?”. Evidentemente quel giorno di inizio ottobre qualcuno mi ha assistito: avrei trovato posto davanti a La Feltrinelli di Via Appia e mi sarei comprata pure un libro fortunato.
Dopo aver trovato quello che mi serviva, giravo lentamente tra gli scaffali dirigendomi verso la cassa. Lo sguardo sguincio di chi vuole comprare ancora ma si sta portando via la libreria, si poggia timidamente su una copertina beige con una scritta in rosso: FEBBRE.
Non date mai in mano a un ipocondriaco un bugiardino dei farmaci, si immaginerà già morto nel leggere gli effetti collaterali, e se un giorno vede stampato il nome di una patologia, un disturbo a caratteri cubitali su un libro, la prima cosa che farà sarà sfogliarlo e capire a quale altro pazzo essere umano o malato immaginario sia venuto in mente di chiamare un libro Febbre.Leggo la sinossi. Capisco che c’è abbastanza disagio (godo quando c’è disagio) e lo compro.

Tutto questo preambolo per dirvi che la febbre, da lettura, è venuta anche a me e non se n’è andata più, almeno per qualche giorno. Febbre di Jonathan Bazzi, un libro di oltre 300 pagine, me lo sono portato ovunque e l’ho tenuto in qualsiasi posizione possibile e immaginabile: al cesso sulle ginocchia, sul bracciolo del divano mentre lo leggevo a testa in giù asciugandomi i capelli, sdraiata sul letto con la colonna vertebrale in diagonale (la mia cervicale non ringrazia), in macchina facendo pause al semaforo.

La trama

Febbre di Jonathan Bazzi è travolgente, crudo, divertente, mordace, riflessivo, sfrontato, resiliente, accattivante, soffocante (in senso positivo), potente, crudele, ansiogeno, commovente. Bello.
Due righe di aggettivi, contro ogni regola di scrittura creativa, per dirvi che questo libro va letto assolutamente. Jonathan racconta, alternandole, due delle sue vite vissute: una passata tra i mostri di cemento e le difficoltà, a volte anche folkloristiche, di Rozzano in provincia di Milano; e una attuale, quella del percorso che l’ha portato alla scoperta dell’HIV.

Jonathan è figlio di due genitori giovanissimi. La sua vita, già da bambino, viene scossa dalla loro separazione dopo aver assistito a liti irrefrenabili. Cresce (per un periodo) con i nonni del Sud a Rozzano e impara subito qual è la vita vera scontrandosi con la timidezza, l’anima cruda di una periferia, il bullismo e il rifiuto, da parte degli altri, della sua omosessualità. Parallelamente a questo racconto, la narrazione salta alle vicende di oggi (del 2016) quando Jonathan scopre di avere l’HIV. È un travaglio soprattutto mentale: la sua ansia lo assilla (Cosa avrò? Perché questa febbre non va via? Avrò un tumore? La SLA?), ma sarà supportato dal suo compagno Marius e da chi lo sosterrà in questo iter di analisi e cure, come i suoi medici.

La storia di due vite

Questa storia l’abbiamo immaginata di forma circolare: i due Jonathan partono dallo stesso punto per fare tutto il percorso in senso opposto e raggiungersi tornando al punto di partenza cambiati, più saggi. Forse migliori.
Come un ritrovarsi dopo essersi scontrati e lasciati andare alle loro vite.
E queste vite attraversano Jonathan nell’anima, nella carne, nelle ossa. Anche se il libro narra vicende della sua esistenza, non ha la presunzione di essere un’autobiografia. O meglio, non è il racconto di una star sul viale del tramonto che vuole tornare in auge con le sue memorie. Febbre è un documento, quella di una vita violenta e violentata dalla sorte, dalla società.
Non scegliamo i familiari, ma ci capitano. Non scegliamo di ammalarci, ma può succedere.

La scrittura di Jonathan Bazzi

Una delle cose che si apprezza di più di Febbre è il ritmo travolgente. La scrittura è come il battito di una canzone rock: duro nella cassa di batteria, punzecchiante nel charleston. Il lato ironico fa parte di questa storia. Non immaginatelo come un mattone di 326 pagine sull’HIV o le pene d’infanzia. Questo libro è di più. Va oltre i piagnistei, oltre gli stereotipi della malattia, racconta senza mai cadere nella retorica, nel vittimismo. E di disagi Jonathan ne ha passati: la separazione dei genitori, le urla in casa, il bullismo, la balbuzie, il costante disequilibrio nel cercare un posto nel mondo degli studi, le scopate, la paura di un virus e un test mai fatto, la lotta per l’omosessualità. Le emozioni sono tante: si ride per le uscite folkloristiche di una nonna napoletana; ci si dispera per un padre che mette le corna, e un compagno che maltratta la sua donna; ci si preoccupa per la prima uscita di Jonathan con un uomo; si tifa per lui quando decide di lasciare la scuola e si ride delle sue pazzie fra tarocchi, Buffalo e poster di gnocche da calendario.

La febbre è di tutti

Si arriva a pensare a lui come all’amico mancato, al fratello mai avuto, e vi preoccuperete se non ha preso quella compressa rosa pallido all’ora stabilita. Questo libro di Jonathan Bazzi è da leggere d’un fiato (e fidatevi scorre troppo bene).
La febbre è venuta e non è andata più via. E se la paragoniamo alla reazione di un male di vivere, alla reazione di una causa scatenante di cui non sappiamo l’origine, la febbre – in fin dei conti – ce l’abbiamo tutti.

Leggi la nostra intervista a Jonathan Bazzi!

a cura di Antonella Dilorenzo

  • Titolo: Febbre
  • Autore: Jonathan Bazzi
  • Editore: Fandango Libri
  • Pagine: 326
  • Prezzo di copertina: 18,50 euro
  • Anno di uscita: 2019

Alcune note su Jonathan Bazzi.

È laureato in Filosofia e ha collaborato con varie testate (Gay.it, Vice, The Vision, Il Fatto.it)
Nel 2016 ha raccontato per la prima volta pubblicamente su Gay.it tutta la sua storia

Foto di apertura (primo piano Jonathan Bazzi) di Claudia Beretta

Antonella Dilorenzo

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