Il racconto della domenica: Miss Dior di Sofia Ricci

 Il racconto della domenica: Miss Dior di Sofia Ricci

IIlustrazione di Federica Fabbian

Otto meno dieci: avanti Silvia, datti una mossa. Ci fosse una volta che non sei in ritardo. Prendi il vestito. Da che parte si infila? Cazzo, potevano metterceli due centimetri di stoffa in più. Ritira la pancia, trattieni il respiro. Ci sei quasi, tira su la zip. Stai dritta con le spalle, tette in fuori. Non troppo in fuori, ti si vede tutto. I capelli. Togli quei bigodini. Muoviti, muoviti. Lo sai che non gli piace aspettare. È una settimana che te lo ripete. Alle otto in punto sotto casa. Cena da Le Petit Moulin. Smettila di ridere. Mette la bocca a culo di gallina quando lo dice. Cazzo, non ridere, ti cola l’eyeliner. Perché non hai cominciato a prepararti prima? Ci metti una vita ad asciugarti i capelli. Lo sapevi. Non dovevi guardare quattro episodi di Sons of Anarchy. È vero, Charlie Hunnam è un gran figo. Ma puoi averlo quando vuoi. Basta premere play. Charlie Hunnam è uno che sa aspettare. Lui invece no. Si offende. Lui ha iniziato a pettinarsi alle quattro del pomeriggio. Sì, alle quattro, mentre tu eri stravaccata sul divano con le dita nel barattolo di Nutella. Gli orecchini, dove diavolo sono gli orecchini? Non ansimare. È l’emozione. Fai un respiro profondo. Anzi no, niente respiri profondi o si rompe la zip. Non è l’emozione. È questo vestito da battona che ti ha regalato. Non si arrende all’idea che in una 42 non ci entri. Devi metterti a dieta, cazzo, o non respirerai per il resto della vita. Stai attenta, ti esce una tetta. Sei sicura che il reggiseno non ci entra là sotto? Merda, merda! Le otto meno cinque. Infila le scarpe. No, aspetta, le scarpe no, quelle per ultime. Lasciale accanto alla porta. Perché hai comprato un paio di décolleté da venti euro? Lo sai che sui tacchi economici i piedi gridano vendetta dopo mezz’ora. Non impari mai. Sbrigati con quel rossetto, e non sbaffare. Non andare troppo oltre la linea del labbro o sembrerai una vera battona. Ricordati, non correggere il suo francese quando ordinerà la soupe à l’oignon. Ed evita di fargli notare che è una cazzo di zuppa di cipolle. Quella è haute cuisine, che vuoi saperne tu? In frigo hai una pizza precotta e dodici lattine di birra. Ecco perché non respiri. È tutta quella birra, ti gonfia la pancia. Dovresti bere quel piscio di gatto che piace tanto a lui. Come si chiama? Sauvignon blanc. Ti viene il vomito solo a pensarci. È perché non sei raffinata. Stai sudando. Rimetti il deodorante. Una spruzzata di lacca sui capelli. Non tossire, si rompe la zip. Trattieni il fiato. Togli le sigarette dalla pochette. A lui non piace l’odore del fumo. Hai ancora tempo. Sono quasi le otto ma lui non è arrivato. Che gli dirai se ti chiederà di conoscere i tuoi? Inventati una scusa. Non adesso, adesso sbrigati, prendi il cappotto. Ci penserai mentre sei in macchina. Tanto il motore urla così forte che non si riesce a parlare. Sei pronta? Il cappotto c’è. Controlla nella pochette: telefono, rossetto, chiavi di casa. La carta di credito non serve. Hai tutto. No, merda. Il profumo. Quello che ti ha regalato lui. Gli piace annusarti i capelli e sentire quel profumo. Sembra un mastino. Ma no, che dici? I mastini non ti annusano in quel modo. Lui è più un cane da tartufo. Sì, quelli che agitano in continuazione il nasetto umido. Eccolo. Il clacson. Un’altra volta. Merda, è arrivato. Sarà già incazzato perché non lo stai aspettando sulla porta. Non correre con i tacchi. Il profumo. È sulla mensola del bagno. Sbrigati. Allunga la mano, ce l’hai. No, merda, qualcosa è caduto. Cazzo, si è frantumato sulle piastrelle del bagno. Aspetta.

Fermati un attimo.

Senti che buon odore.

Miss Dior

Il profumo della tua giovinezza, il leitmotiv delle tue serate universitarie. Marta ti prendeva in giro, diceva che il tuo corpo era composto dal sessanta percento d’acqua e dal quaranta percento di eau de parfum. Lo sentivi mescolarsi all’odore del rum, dell’aria consumata di quel locale interrato in cui non entrava mai la luce del sole, di quegli scalmanati che saltavano al ritmo di Smells Like Teen Spirit, mentre tu inalavi a pieni polmoni quel sentore di libertà che a fine serata sapeva di alcool e sigarette e Miss Dior.

Il clacson, di nuovo. Sveglia, Silvia. Riprenditi. Sono le otto e cinque, sarà incazzato nero. Ti ammonirà per tutto il tragitto. Alzerà pure la voce per sovrastare quel cazzo di rombo del motore. La solita lagna. Sei sempre in ritardo. Nella vita ci vuole puntualità, organizzazione. Inspira. Com’è dolce l’odore dei ricordi. Il campanello trilla. Una, due, tre, quattro volte. Non si arrende. La luce è accesa, sa che sei in casa. Il profumo che ti ha regalato sa di vecchio. Merda, uno strappo. Alla fine la zip ha ceduto. Chi se ne frega. Dalla finestra entra un’arietta gelida. Respira. Che bella sensazione. Dai, allunga il braccio. Senti che freddo fa fuori. Allungalo bene o lo prenderai in testa. Senti che tonfo. Sbrigati, chiudi la finestra. L’asfalto del marciapiede puzzerà di vecchio per giorni. Non ridere, Silvia, ti cola l’eyeliner. Ma sì, che coli pure, fanculo all’eyeliner. Accendi la tv, c’è Charlie Hunnam che ti aspetta.

Sofia Ricci

Blam

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