Ricordando Antonio Tabucchi: Per Isabel, un libro che pareggia i conti

 Ricordando Antonio Tabucchi: Per Isabel, un libro che pareggia i conti

È il 25 marzo 2012 quando si spegne Antonio Tabucchi: critico, scrittore, insegnante di fama internazionale. Aveva dedicato la sua intera carriera a ricostruire l’opera maestosa di un autore portoghese – Fernando Pessoa – dopo essersene innamorato quasi per caso, a Parigi, scovandolo su una bancarella. Si trattava di un autore complesso e indecifrabile, che non riusciva a contenersi all’interno di un’identità ben precisa. Le sue parole raccontavano il sogno, la vaghezza, il mistero. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se anche le opere di Tabucchi affrontano spesso ricerche esistenziali, all’insegna dell’impalpabilità e dell’indeterminatezza.

Nei suoi ultimi testi, tuttavia, si scorge anche un’altra intenzione: quella di pareggiare i conti. Arrivati a un certo punto della propria vita è inevitabile, infatti, guardarsi indietro e scoprire rimorsi, lacune da riempire. La letteratura obbedisce a questo, arrivando lì dove la vita non può.

Per Isabel di Antonio Tabucchi: un mandala da ricostruire

Di qui la premessa di Per Isabel. Un mandala: un testo pubblicato postumo per iniziativa di Feltrinelli. Si tratta di un piccolo libriccino di poco più di cento pagine che l’autore conservava tra le sue carte. Ne parlava spesso, anche nelle interviste, quasi come se fosse già stato vivo; sperava probabilmente di riuscire a pubblicarlo, un giorno. Ma, proprio quando aveva deciso di rimettervi mano, la malattia sopraggiunse e lo trascinò con sé.

È incredibile come il destino – o chi per lui – sappia imbrogliare eventi e situazioni: anche il protagonista di questa storia, proprio come lo scrittore, non ha avuto tempo a sufficienza. Ne facciamo la conoscenza mentre è in viaggio, alla ricerca di una donna, con l’intento di scoprire quello che la vita non è riuscita a rivelargli. Proviene da un luogo non ben precisato e possiede un’identità ancora più labile. Ma ha uno scopo ben preciso: ripercorrere un mandala.

Secondo qualcuno, mandala significa – etimologicamente – “raccogliere l’essenza”. E, in fondo, proprio questa è la base del romanzo: catturare Isabel. Questa donna sfuggente, su cui nessuno sembrerebbe sapere niente di certo, è scomparsa nel nulla. Qualcuno crede che sia morta, qualcun altro che si sia suicidata, qualcuno dice di averla vista in prigione. Bisogna dunque ritrovarla, cercarla – e così ricomporre le fila di una storia che sembra più che mai inestricabile.

 

per isabel un mandala antonio tabucchi

Un viaggio di ricerca per il protagonista, un viaggio per il lettore

Di cerchio in cerchio (così, infatti, è composto un mandala) Tabucchi ci conduce attraverso il Portogallo, la Cina, l’Italia, sulle tracce che lei ha lasciato e le parole di chi l’ha conosciuta. Ne conosceremo, insieme al protagonista, gli amici, la balia, un fotografo che l’ha impressa con la sua Polaroid. Scopriremo una vita di lotta e coraggio contro il regime Salazarista, un’incredibile forza di volontà, un passato oscuro e doloroso. Crederemo di conoscerla, mentre i contorni della sua figura si delineano, solo per scoprire che si tratta di una presenza inafferrabile. E difatti, arrivati alla fine, ci chiederemo se lo scopo di questa indagine fosse davvero trovare Isabel o se non si sia trattato di un pretesto.

In uno degli ultimi capitoli, leggiamo:

E lei, mi chiese, perché è qui? Sto cercando di arrivare a un centro, risposi, ho percorso molti circoli concentrici e ho bisogno di un’indicazione, è per questo che sono venuto fin qui. Lei crede nei circoli concentrici?, mi chiese Lise. Non so, dissi io […] mi consideri solo uno che cerca, risposi io, sa, l’importante è cercare. Sono d’accordo, confermò lei, l’importante è cercare, non importa se si trova o non si trova.

Ecco: in fondo, forse, si tratta davvero solo di cercare, ancora e ancora – per scoprire chi si è stati, per colmare assenze.

Paesaggi impalpabili

 Il mondo di Per Isabel è un mondo di fantasmi, ricordi pallidi e presenze sospese: compaiono poeti morenti che pronunciano segreti importantissimi; pipistrelli che parlano da un tempo altro. Eppure, è proprio su questo mondo così fumoso che irrompe, forte e terribile, il racconto di un tempo tirannico: quello di Salazar – proprio come già era stato in Sostiene Pereira. In queste pagine la verità si imprime con forza e durezza, esigendo di essere ascoltata. E, con essa, il racconto di una vita, di un amore che è stato e da cui bisogna liberarsi, di una ricerca umana.

La scrittura di Antonio Tabucchi

La scrittura di Tabucchi scorre come un fiume, capta discorsi e dettagli. Si dimostra straordinariamente quotidiana, pur non rinunciando a momenti di estrema liricità:

Penso che la fotografia, come la musica, coglie l’attimo che non riusciamo a cogliere, ciò che siamo stati, ciò che avremmo potuto essere, e contro questo attimo non c’è niente da fare, perché ha più ragione di noi, ma ragione di che cosa?, forse ragione del cambiamento di questo fiume che scorre e ci trascina,  e dell’orologio, del tempo che ci domina e che noi cerchiamo di dominare.

Arrivati all’ultima pagina è inevitabile chiedersi che cosa si sia appena letto. Qual è la storia che Tabucchi voleva raccontare? Chi è il protagonista, cos’è successo? Non ci è dato sapere – io, di certo, non ve lo svelerò. E forse è meglio così: perché la forza espressiva di questo romanzo risiede esattamente in questa labilità di contorni. Non c’è nulla di certo e niente da imparare: solo una ricerca. Una ricerca che, riga dopo riga, è diventata inspiegabilmente anche nostra.

Rebecca Molea

Rebecca Molea

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