Come d’aria: il libro-testamento di Ada d’Adamo vince il Premio Strega 2023

 Come d’aria: il libro-testamento di Ada d’Adamo vince il Premio Strega 2023

Ada d’Adamo è scomparsa lo scorso primo aprile, pochi giorni dopo che il suo romanzo d’esordio, Come d’aria (Elliot, 2023), rientrasse nella dozzina candidata al premio Strega. Malata già da alcuni anni di tumore al seno, d’Adamo, in questa prova di coraggio sorprendente e straziante, rivolgendosi alla figlia disabile, parla di sé, della maternità complicata e della sua malattia. Prima di diventare anche scrittrice d’Adamo è stata una ballerina, e la sua produzione letteraria è spesso ruotata intorno al tema della danza, con un’attenta riflessione sul corpo e la corporeità, che emerge trasversalmente anche fra le pagine di questo romanzo autobiografico dal valore testamentario.

Come d’aria di Ada d’Adamo: la trama del libro

Ada diventa madre di Daria nel 2005, a Roma, un anno dopo un aborto terapeutico. Senza alcuna diagnosi ginecologica preventiva, poco dopo il parto un’ecografia di accertamento rivela che la figlia è nata con una malformazione al cervello, l’oloprosencefalia, che le avrebbe causato un ritardo cerebrale e gravi difficoltà comunicative e motorie.

Ada inizia a fare i conti con una realtà inaspettata, logorante e ineffabile. Apprende a relazionarsi con un corpo piccolo e fragile, tra attacchi epilettici, disfagia, reflusso, secrezioni nasali, disturbi del sonno, crisi di pianto prolungate. Impara le procedure per trattarlo e curarlo, familiarizza con gli ausili necessari per assicurare alla figlia una vita degna di questo nome.

Si rende conto anche che essere madre di una figlia disabile implica uno scontro continuo con l’indifferenza e le lungaggini della burocrazia e con l’incomprensione della gente. Per reagire alla solitudine, alla disperazione e alla frustrazione Ada decide di mettersi in contatto con madri e famiglie che vivono una condizione analoga alla sua; proprio nella possibilità di condivisione troverà il supporto psicologico e fisico che le serve a sostenere una quotidianità segnata dalla frequentazione di reparti neuropsichiatrici e centri di riabilitazione.

Ma a rompere il difficile equilibrio raggiunto nel corso degli anni arriva il cancro, che stronca ogni aspettativa e slancio vitale. Inizia così per Ada una nuova battaglia per la sopravvivenza, la propria: la terapia anti ormonale, le periodiche sedute di chemio, la vista lacerante del suo corpo che cambia, si indebolisce, si sgretola, e mese dopo mese assomiglia sempre di più a quello, fragilissimo, della figlia.

Una sorte che fatalmente accomuna madre e figlia rendendole dipendenti e bisognose allo stesso modo delle cure degli altri. L’autrice ci rende partecipi di una sofferenza che straripa oltre i confini fisici della pagina e del corpo e comunica al mondo un disperato desiderio di salvezza e di vita.

Il corpo sa tutto

«Il coraggio di riferire la propria esperienza e aver vissuto una cosa conferisce il diritto inalienabile di scriverla».

Come in un diario Ada converte in materia letteraria il proprio vissuto personale mettendo in luce il «lato notturno della vita», quel groviglio ambivalente di accadimenti che ha contrassegnato, nel bene e nel male, la sua esistenza: l’amore disperato e incondizionato per la figlia disabile, la passione per la danza, il rapporto con Roma e con il suo compagno di vita Alfredo, i lutti e le perdite che hanno punteggiato il suo presente e il suo passato, i sogni giovanili, gli amori infranti, fino al calvario quotidiano della malattia.

Ada considera il suo cancro «l’espressione estrema di una infelicità preesistente», qualcosa che viene da molto lontano, che fa parte della sua identità, e le dà la consapevolezza di non aver mai vissuto veramente. Una natura cancerosa che può rimanere in silenzio per anni e manifestarsi all’improvviso: «Ecco perché quando mi sono ammalata, non mi sono stupita più di tanto. Quella ferita, quella lesione sulla schiena, quel nodulo al seno erano lì da tanto tempo. Questo tumore sono io, è la mia identità. In esso mi riconosco e, finalmente, vivo».

Secondo Ada, che è stata a lungo danzatrice, è nel corpo che si annida la memoria di ciascuno di noi; come un archivio di sapere muto, il corpo registra ogni esperienza, vissuta e pensata, che rimane viva e latente dentro muscoli e ossa e viene codificata in segni, ferite, cicatrici, malattie. Attraverso la figlia Daria, Ada sperimenta per la prima volta un processo di identificazione con il corpo: «Quando hai un figlio disabile cammini al posto suo, vedi al posto suo, prendi l’ascensore perché lui non può fare le scale, guidi la macchina perché lui non può salire sull’autobus. Diventi le sue mani e i suoi occhi, le sue gambe e la sua bocca. Ti sostituisci al suo cervello. E a poco a poco, per gli altri, finisci con l’essere un po’ disabile pure tu: un disabile per procura».

Il cancro, poi, con il deperimento fisico che comporta, dà all’autrice la certezza di quanto il corpo sia la persona stessa: prima la perdita della memoria, poi della vista, dei capelli, delle forze, l’incapacità di rispondere agli stimoli, il rallentamento dei riflessi, la malattia del corpo come dissoluzione dell’identità, alterazione dei confini della realtà, della vita e della morte, sublimazione della fisicità in sostanza impalpabile, aerea, immortale: «Finirò col disciogliermi in te? Sono Ada. Sarò D’aria…».

Lo stile di Ada d’Adamo in Come d’aria

Una scrittura lieve, lucida e precisissima nel dar conto di emozioni, pensieri e sentimenti. Un racconto che è insieme ferita e balsamo. La voce dell’autrice vibra delle sonorità di un universo intero, del «mondo a parte» di chi vive in condizione di disabilità e fatica a essere visto, compreso e riconosciuto da una società intrisa di abilismo. Nel testo, in corsivo, compaiono anche estratti di temi, compiti di scuola, biglietti di compagni di Daria, a testimoniare l’affetto e l’amore che, nonostante tutto, la circonda.

Il libro si può ascoltare anche in formato audio su Audible, letto da Daria Deflorian.

 

A cura di Clara Frasca

Blam

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