Autobiogrammatica di Tommaso Giartosio: tutto sul linguaggio nel libro candidato al premio Strega 2024

 Autobiogrammatica di Tommaso Giartosio: tutto sul linguaggio nel libro candidato al premio Strega 2024

Tra i dodici finalisti del Premio Strega di quest’anno c’è Autobiogrammatica (minimum fax, 2024), romanzo in cui Tommaso Giartosio costruisce il proprio «atlante del linguaggio» attraverso aneddoti personali, riflessioni linguistiche e giochi semantici. Ripercorrendo gli anni che vanno dall’infanzia alla prima giovinezza, l’autore svela il ruolo che le parole hanno avuto nella sua formazione e rende visibile quel legame che si snoda tra la lingua e gli affetti. 

Autobiogrammatica di Tommaso Giartosio: la trama del libro

Il racconto di Giartosio ha inizio da un gioco di parole su Salvo Lima pronunciato in compagnia di amici durante una vacanza in Sicilia. Questo «tic da letterato […] eredità del sense of humour di una borghesia italiana anglofila» agisce come una presa di coscienza che rivela una profonda ossessione per le parole e spinge l’autore a addentrarsi tra i ricordi. 

Tra gli scaffali della sua mente, immaginata come la polverosa soffitta di una torre, Giartosio ritrova i primi «pezzi» del proprio linguaggio nel silenzio paterno, rotto da quel mistico «Olà» con cui l’ufficiale della Marina Militare segnalava il rientro a casa, e nel variegato lessico materno costellato da anglicismi, francesismi, espressioni del dialetto piemontese e frasi fatte. Tra questi due poli antitetici si fa spazio un linguaggio privato, necessario alla comunicazione dei sentimenti, nato dalla passione per il «borbottare ferale» di animali esotici dagli strani nomi. La grammatica personale dell’autore si estende poi agli alfabeti, intesi come affascinanti insiemi di segni grafici con cui disegnare monogrammi e illustrazioni, sperimentare firme e creare crittogrammi insieme all’amico del liceo Elio Testa. Le lettere suscitano anche domande («Come mai mi sembra tanto misteriosa la lettera A?») e svelano nuove lingue; preziosa moneta da spendere in viaggi solitari che portano l’autore alla conquista della propria autonomia. 

«Parlare delle proprie parole»

«E così eccomi qui che mi accingo a un’impresa folle, senza precedenti e probabilmente senza imitatori. Ma la lingua di uno è sempre la lingua di tutti. Tutti hanno già scritto questo libro, e tutti continueranno a scriverlo».

Autobiogrammatica rappresenta il tentativo di definire la propria identità attraverso una comprensione attiva e infantile, come «quella del bambino che per capire un gioco, ci gioca». Giartosio ricostruisce il proprio sistema linguistico senza tentare «di trattenere il tempo o salvare il passato», perché il linguaggio «in un certo senso ce l’abbiamo sempre già tutto dentro, e in un altro senso rinasce di continuo». Il cuore di questa ricerca è rappresentato dalla seconda parte del romanzo, l’Abbecedario che si ispira esplicitamente al Lessico famigliare (Einaudi, 1963) raccontato da Natalia Ginzburg e al linguaggio privato, esaminato in Ricerche filosofiche (Einaudi, 1999), del linguista Ludwig Wittgenstein. Emerge anche l’influenza di The cantos, poema incompiuto di Ezra Pound che cattura l’autore con la sua resa perfetta delle parole e con l’utilizzo di ideogrammi cinesi, disegni dietro ai quali è possibile intravedere «un’immagine della realtà». 

La scrittura di Tommaso Giartosio in Autobiogrammatica

La profondità e la sapienza della scrittura di Giartosio, ricordate da Emanuele Trevi nel proporre Autobiogrammatica al Premio Strega 2024, fanno della lingua il mezzo e l’argomento, «nel cuore e nel motore di un testo che è al contempo romanzo di formazione e memoir, cronaca familiare e autoritratto, dizionario pubblico e privato». Con uno stile vivace ed elegante, che attinge a numerose citazioni letterarie, con fotografie e disegni che riempiono le pagine, Giartosio spazia tra registri diversi cercando di coinvolgere il lettore nell’intimità di un gioco narrativo in cui la lingua personale dell’autore diventa la «porta stretta» che conduce al linguaggio di tutti.

«Lettore, lettrice: metti su un caffè. Faremo tardi».

 

A cura di Francesca Cocchi

Blam

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