Mattia Zecca: avvocato e scrittore. Intervista all’autore di “Lo capisce anche un bambino”, storia di una famiglia arcobaleno

 Mattia Zecca: avvocato e scrittore. Intervista all’autore di “Lo capisce anche un bambino”, storia di una famiglia arcobaleno

Ci incontriamo in libreria. Ha una maglietta con scritto I love Torpigna. Siamo all’Eur. Mi dice: “sono in viaggio Erasmus”.
Inizia così la nostra intervista. Con un sorriso.
Mi parla della sua esperienza, del lungo percorso fatto e non ancora concluso. Un viaggio che è raccontato nelle pagine di Lo capisce anche un bambino, il suo romanzo (edito da Feltrinelli) nel quale parla della sua paternità e di quella del suo compagno.

La sua, è una famiglia felice. Con due bambini. Solo che l’ordinamento italiano, riconosce un solo genitore per ciascun figlio. Così Lorenzo e Martino, per la legge italiana, non sono fratelli.
E allora, ecco la scoperta di essere invisibili per lo Stato. Ma loro ci sono eccome: Mattia, Nicola, Lorenzo e Martino. Due genitori. Due figli. Una famiglia.
Lo capisce anche un bambino.

Cosa vuol dire diventare e essere genitore di due bambini, in una famiglia arcobaleno?

Non so di preciso cosa voglia dire, ma di sicuro posso affermare – e penso di parlare a nome di molte mamme e papà – che è la cosa più complessa e divertente (ma più divertente che complessa) mi sia mai capitato di vivere.

Perché hai deciso di raccontare la tua storia?

Perché credo che le storie abbiano un potere enorme nell’abbattere distanze e far scoprire mondi nuovi, realtà che esistono indipendentemente da noi e che, però, talvolta non conosciamo.

 Come hai scelto questo titolo?

Il titolo è tratto da un passaggio del libro che, apparentemente, non si rivolge alla storia che il libro racconta e, tuttavia, esprime un’immagine che abbraccia tutta la mia narrazione: diverso non vuol dire sbagliato. E, questo, lo capisce anche un bambino.

Lo capisce anche un bambino_cover

C’è qualcosa che vorresti dire e che hai omesso di scrivere ?

Non ho omesso nulla di quanto volessi raccontare, ma ci sarebbero mille altre cose da dire: lo  farò nei prossimi libri che spero di pubblicare.

 Nel leggere il tuo romanzo, come hanno reagito le persone coinvolte?

Con grande emozione, entusiasmo e orgoglio verso una storia di cui sono tutte e tutti  protagonisti.

 Nel tuo romanzo si parla di essere padri, ma anche dell’essere figli. Oggi,   che figlio sei?

Oggi sono un figlio che sta imparando a esserlo meglio di quanto non accadeva in passato: ho imparato, ad esempio, che posso chiedere aiuto quando ne ho bisogno, che posso sbagliare senza per questo maledirmi, che posso persino fare qualche capriccio, senza far crollare il mondo.

 Il più bel complimento ricevuto sul tuo romanzo?

Mi è stato detto che la mia scrittura ha una natura femminile. E dal momento che, soprattutto in  passato, lo scavo nei sentimenti, il racconto delle emozioni erano capacità che culturalmente si riconoscevano più alle autrici che agli autori, l’ho trovato un complimento bellissimo.

Dimmi la cosa più divertente che ti abbiano chiesto rispetto alla tua  paternità.

Tutte le volte in cui – chi non mi conosce – mi chiede se mia moglie sia consapevole di essere fortunata ad avere accanto un papà come me.

E quella che più ti ha ferito?

Non mi ha mai ferito nessuno, nel mio essere padre. Lo fanno solo le istituzioni, perché lo  negano.

Quando eri bambino, come ti immaginavi da adulto?

Immaginavo un adulto molto somigliante a quello che sono oggi: mi pare un ottimo segno, cui  non avevo mai pensato.

C’è una persona alla quale confidi tutto?

Sicuramente Nicola, il mio compagno. E la mia psicanalista.

Di te si dice, che raramente ti arrabbi. Ma qual è la cosa che ti fa davvero innervosire?

Ogni occasione perduta per essere gentili verso gli altri.

 Hai mai indossato la maglietta I <3 torpigna sotto la toga?

Sotto la toga, indosso giacca e cravatta, ma mi hai regalato una bellissima idea.

Hai mai fatto a botte?

No, mai: la violenza fisica mi pare contro natura.

Libri preferiti

“Mrs. Dalloway” di Virginia Woolf e “Le ore” di Michael Cunningham. Che, in fondo, sono lo  stesso libro.

Madonna, Boy George, Freddie Mercury o Elton John? (questa la dico scherzando)

Freddie Mercury: una voce che somiglia solo a sé stessa.

Libro sul comodino?

“Yoga” di nostro signore delle umane e letterarie torbidezze, Emmanuel Carrère

C’è qualcosa che ti fa paura, in questo momento?

La morte, sempre lei.

Sogno nel cassetto?

Contribuire a realizzare quello che sarà riposto nel cassetto dei miei figli.

C’è qualcosa che non ti ho chiesto e che avresti voluto ti chiedessi?

Assolutamente no: le domande sono tra le poche cose che credo appartengano davvero solo a chi intende porle. Se desideriamo raccontare qualcosa, siamo liberi di farlo anche senza attendere una richiesta altrui. I libri si scrivono anche per questo.

Ultima cosa… cous cous a Torpignattara o Aperitivo al Pigneto?

Cous cous a Torpignattara o, ancora meglio, falafel da Garip sulla Casilina, lì dove si fanno incontri belli, come questo nostro.

a cura di Claudia Borzi
libraria di Mondadori Eur di Roma
ritratto Mattia Zecca credits @Nello di Palma

 

 

Blam

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