Chi era Mary Shelley, l’autrice di “Frankenstein o il moderno Prometeo”? Scoprilo in 5 parole

Mary Wollstonecraft Godwin nasce a Londra il 30 agosto 1797. È figlia del giornalista, filosofo e scrittore William Godwin e di Mary Wollstonecraft, educatrice, filosofa e femminista ante litteram, colei che pone le basi del movimento femminista quando ancora questo non esisteva. Mary Wollstonecraft muore poco dopo il parto e la piccola Mary cresce maturando una forte ammirazione per la madre attraverso il ricordo appassionato del padre. Godwin, nonostante l’amore profondo che lo lega alla moglie defunta, si sente in dovere di risposarsi a causa della forte pressione sociale ed economica. Mary detesta la matrigna che la denigra e preferisce i propri figli a lei. Queste sofferenze tuttavia forgiano il carattere di Mary, assieme allo studio, la poesia, la lettura e la scrittura al punto da fare di lei una donna appassionata, anticonformista e caparbia.
Mary Shelley: chi era la scrittrice in 5 parole
Outsider
La giovane Mary sviluppa ha un talento per la scrittura; ascolta incantata le lezioni del padre e annota storie su un diario che tiene nascosto. Conosce presto un uomo con cui condividerà la stessa passione e che le cambierà la vita: il poeta Percy Bysshe Shelley. Quest’ultimo, affascinato dal pensiero di William Godwin, fa di tutto per diventare suo discepolo. È a casa Godwin che i due giovani si conoscono. Percy è attraente e impetuoso e Mary ne subisce il fascino. Nonostante Percy sia ancora sposato con Harriet Westbrook, inizia a frequentare la giovane Mary di nascosto, al cimitero, proprio dove è sepolta la madre. È giugno del 1814 quando lui le confessa tutto il suo amore e insieme iniziano una storia piena di passione, scabrosa per l’epoca e sconveniente per una giovane ragazza poco più che adolescente. Godwin cerca di ostacolare quest’unione in tutti i modi perché teme per la reputazione della figlia. La coppia però alla fine di luglio si dà alla fuga alla volta della Francia. Il viaggio è duro ed economicamente insostenibile tanto che i due si trovano costretti a tornare in Inghilterra appena un mese e mezzo più tardi. A queste difficoltà si aggiunge ulteriore sofferenza: Godwin interrompe il rapporto con Mary che per questo dolore, assieme a quello per la perdita prematura della bambina avuta da Percy, finisce per causarle una profonda depressione; d’altro canto Percy è martellato dai creditori e viene a sapere che la moglie Harriet, che di lì a breve si suiciderà, gli ha dato una figlia. A questo punto Percy, sciolto dal vincolo matrimoniale, sposa Mary nonostante entrambi siano contrari ai vincoli istituzionali. I due infatti credono nell’amore libero, anche se questo modo di vivere il loro legame sembra di fatto ostacolare il loro rapporto: le acrobazie amorose di Percy contribuiranno a far sentire Mary sempre più sola e abbandonata a sé stessa.
Morte
Mary Shelley racconta la morte in diverse sue opere esplorandola da diversi punti di vista. È per esempio al centro del suo capolavoro per eccellenza: Frankenstein o il moderno Prometeo (1818). In questo romanzo di assoluta genialità, la morte guida la trama e i pensieri dei personaggi. Il protagonista, lo scienziato Victor Frankenstein, vuole carpire i segreti della vita; soprattutto è ossessionato dalla morte e ritiene che questa possa essere elusa grazie alla scienza. In questo delirio di onnipotenza, l’uomo viola i confini della natura, si sostituisce a Dio e genera un essere vivente (il mostro) verso il quale non si assume alcuna responsabilità. Questo condurrà le vicende dei personaggi verso una spirale di sacrifici, morti, autodistruzione e isolamento. Forse poco conosciuta, ma certamente da considerare come opera di sorprendente attualità è L’ultimo uomo (1826): in questo romanzo l’autrice indaga la fine dell’umanità a causa di una pandemia globale. La morte è qui rappresentata come fatto inevitabile e totale e la solitudine del protagonista che sopravvive alla catastrofe diventa una riflessione sul destino dell’uomo di fronte alla fine della civiltà. La morte è un tema ricorrente nelle opere di Shelley poiché l’autrice stessa ne è venuta a contatto: dapprima con la perdita della madre; in seguito, attraverso la tragica fine di tutti i suoi figli a eccezione del quarto, Percy Florence; infine, con la morte accidentale del marito Percy avvenuta durante un soggiorno in Italia. Mary si interroga sulla fine dell’esistenza non solo come evento fisico, ma anche come passaggio verso una nuova vita. A tal proposito, si racconta che il figlio Percy Florence, a un anno dalla morte della madre, trova in uno scrigno da lei custodito i resti del cuore del padre: una testimonianza tangibile di un amore viscerale, capace di superare persino la morte.
Solitudine
In una notte di metà giugno del 1816 a Villa Diodati, sul lago di Ginevra, Mary e Percy Shelley sono ospiti assieme a un gruppo di amici del celebre Lord Byron e trascorrono le serate a discutere di scienza, politica, filosofia e letteratura. In questo esilio di boccaccesca memoria Lord Byron propone un gioco: ognuno deve inventare, nel corso del soggiorno, un racconto dell’orrore da leggere ai presenti. È proprio in questa occasione che Mary concepisce una delle opere più influenti e potenti di tutta un’epoca: Frankenstein o il moderno Prometeo. La solitudine è uno degli aspetti dell’opera: da un lato quella del protagonista Victor Frankenstein che vive un’esistenza solitaria e isolata poiché è ossessionato da un’ambizione creatrice che lo porta a interrompere qualunque affetto o relazione umana; dall’altra quella del mostro creato da Frankenstein stesso che cerca disperatamente amore e appartenenza, ma viene respinto e rifiutato da tutti a causa del suo aspetto deforme che suscita paura e repulsione negli altri esseri umani. L’emarginazione subita e la mancanza di compassione nei suoi confronti lo conducono a provare rabbia verso l’umanità e desiderio di vendetta verso il suo creatore. La solitudine in quest’opera offre anche la possibilità di interrogarsi sulla ricerca dell’identità giacché i protagonisti sono spinti a confrontarsi con la propria solitudine interiore, con il vuoto emotivo, ma anche con le responsabilità delle proprie azioni e le relative conseguenze.
Femminismo
Frankenstein o il moderno Prometeo viene pubblicato nel 1818 in forma anonima: il nome di Mary Shelley non compare da nessuna parte e la dedica del romanzo al padre William Godwin lascia intuire nell’opinione pubblica la possibilità che l’opera sia frutto dell’ingegno del pupillo Percy Shelley. Eppure qui si ritrovano tutti gli aspetti cari a Mary Shelley: il conflitto con il padre, il desiderio d’indipendenza, la solitudine, la morte, la letteratura, la poesia, la ricerca dell’identità, il femminismo, la scienza. La lotta di Mary Shelley per ottenere il riconoscimento come autrice in un mondo letterario dominato dagli uomini è l’ennesima sfida che affronta e supera con determinazione. Nel 1831 esce una nuova edizione migliorata di Frankenstein in cui appare finalmente la sua firma: l’opera diventa il romanzo gotico per eccellenza e pone le basi della narrativa del fantastico. Con la sua scrittura, Mary Shelley esprime il bisogno di un cambiamento nella percezione e nel ruolo della donna. In Frankenstein, per esempio, il protagonista Victor è un padre-creatore che rifiuta il ruolo materno verso la propria creatura: la responsabilità per l’altro e la cura amorevole sono soffocate dal desiderio di sopraffazione e di ambizione tipico di una mentalità patriarcale il cui egocentrismo e la brama di potere conducono alla distruzione dei rapporti e alla ferocia. E in questo modo di agire e di pensare all’altro si toglie spazio a tutto ciò che è umano.
Paura
Nelle opere di Mary Shelley la paura non è solo un’emozione paralizzante, ma è forza creatrice: la paura spinge i personaggi a compiere atti estremi, sia in termini distruttivi sia generativi. Mary Shelley esorta il lettore a compiere un viaggio introspettivo e a indagare la paura in relazione alle potenzialità che ognuno possiede: quanto si ha paura di spingersi oltre i propri confini e oltre i limiti di ciò che è umano? In opere come Matilda (1919), Mary Shelley esplora questo sentimento dal punto di vista psicologico e come forma di lotta morale: qui la protagonista si confronta con la paura che si prova nel rievocare emozioni represse e con il senso di colpa generato dal soffocamento delle proprie passioni. Mary Shelley esorta il lettore a una continua ricerca dentro e fuori di sé, e così facendo lo induce a interrogarsi su cosa è umano e cosa non lo è, consapevole che la risposta potrebbe spaventare.
Mary Shelley: i primi libri da leggere per conoscere questa scrittrice
- Frankenstein, o il moderno Prometeo, Fanucci, 2020
- Matilda, Feltrinelli, 2022
- Valperga, Mondadori, 2021
A cura di Oriana Rodella