Sempre tornare di Daniele Mencarelli: un viaggio introspettivo lungo quanto la vita. Recensione

 Sempre tornare di Daniele Mencarelli: un viaggio introspettivo lungo quanto la vita. Recensione

L’esistenza umana è scandita da opposti che delineano i limiti di un viaggio da percorrere di cui ne conosciamo l’inizio – perché il momento della nascita ci è stato raccontato – e la fine, giacché tutti moriremo ma non sappiamo come. Però anche questa è una certezza.

Tra questi poli esistenziali ci muoviamo noi: umani che soffrono e gioiscono, che perdono e vincono, che amano e odiano, che fanno scelte, che distruggono e costruiscono una vita.

Come Daniele – il diciassettenne protagonista dell’ultimo libro di Daniele Mencarelli uscito per Mondadori – che in un giorno di piena estate del 1991 decide di abbandonare il gruppo dei suoi amici e tornare a casa.

Sempre tornare: la trama del libro di Daniele Mencarelli

La notte al Cocoricò non è andata come sperava e Daniele, preso dall’inquietudine, dal senso di colpa e vergogna, lascia i compagni di vacanza e si avvia a piedi verso casa, da Misano Adriatico ai Castelli Romani. Il viaggio, frutto di un colpo di testa, comincia a mostrare a Daniele la verità già da subito: il ragazzo si accorge di aver dimenticato soldi e documenti nelle mani dei suoi amici, di avere una valigia molto pesante da trasportare, e non avere nulla per poter sopravvivere per due settimane. L’unica certezza è il suo corpo, al momento carico di forze, che dovrà spostarsi per l’Italia e arrivare a destinazione nei tempi prestabiliti lasciando la famiglia all’oscuro di tutto.

Inizia, così, un viaggio imprevisto e imprevedibile che Daniele affronta faccia a faccia con sé stesso. Si mette in gioco sia fisicamente che moralmente. L’autostop è l’unico metodo che adotta per passare di paese in paese, alternando lunghi tratti a piedi. Incontra svariate persone a cui chiede aiuto e che gli offrono passaggi, un tozzo di pane, dell’acqua da un tubo, una coperta su cui dormire, o semplicemente rabbia, spavento, delusione, conforto. In questo viaggio, che è il concentrato di una vita in due settimane, “il ragazzo si farà”: incontrerà l’amore negli occhi di Emma e la sfida in quelli di Veleno; toccherà la morte con mano quando tenteranno di rapinarlo e farlo fuori; riuscirà a salvare gli altri e sé stesso da una lotta quotidiana verso la sopravvivenza.

Il concetto di sopravvivenza di Sempre tornare

In ogni passo che fa, Daniele riconosce la bellezza della vita, il suo corpo, le sensazioni che trasmette e le emozioni che ne scaturiscono quando viene messo alla prova. Qui c’è il ricongiungimento alla terra, ai bisogni primari. Tutto quello che conta è sopravvivere, non solo fisicamente. Vivere sopra tutto: sopra le ingiurie, le cose che contano poco. Un cammino di formazione che si dipana tra il senso della giovinezza e quello dell’età adulta: siamo partiti da un ragazzo sprovveduto senza soldi e documenti, per finire a chi ha trovato, forse, la sua responsabilità.

Sempre tornare, sempre lasciare andare

Ed è al concetto di sopravvivenza che si riconduce l’imprevedibilità della vita.

Sempre tornare, contrariamente al titolo, ci insegna come lasciar andare, quanto sia importante, duro, ma anche bisognoso, buttarsi alle spalle il passaggio di un evento, doloroso o bello che sia. Perché non tutto può avere un seguito: qualcosa ci tocca, ci vive, ci lascia, finisce.

Quando tutto sembra filare, all’improvviso può cambiare rotta e spostare la meta del nostro viaggio per lasciar andare e non farci più tornare.

Ciò che pervade questo libro, infatti, è il senso della perdita. La perdita come atto di forza e resistenza: “Anche lui, come Alberto ed Emma, è alle prese con quello che mi perseguita da sempre. Il dolore avverato. La perdita fatta realtà. C’è chi si consuma nell’attesa, come nel mio caso, e chi alla prova è sottoposto veramente, e sopporta, vive l’assenza per come possono gli umani. Resiste”.
E perdere qualcosa o qualcuno non vuol dire abbandonare per sempre, ma solo passarci.

“L’autostop non è molto diverso dalla vita. Bisogna guardare negli occhi tutto, con attenzione, dedizione. Sapendo che qualcosa comunque sfugge. Sempre. Non siamo padroni di niente, di nessuno. Non lo siamo di noi stessi. Figuriamoci delle macchine che passano, senza fermarsi.”

Lo stile e un ritorno all’origine con la poesia

Chi conosce Mencarelli autore sa da dove inizia il suo legame con la scrittura: dalla poesia. E questo libro ha dei chiari segnali poetici sia nella forma – vedi i versi scritti per Emma – che nella sostanza – ogni riga di Sempre tornare è un ricongiungimento intimo con sé stessi, con il bisogno primario umano. E cosa è la poesia per Mencarelli, se non un ritorno alle sue origini letterarie? Il racconto del cammino si fa intimo in ogni passo: Daniele è uno che agisce, ma anche uno che pensa, sente, prova. E la cronaca del viaggio si alterna, con passaggi morbidi e quasi necessari, all’elevazione dell’anima di un protagonista che vive fisicamente, ma elabora intimamente.

Mencarelli, inoltre, ha la capacità di definire la psicologia di un personaggio anche facendogli esprimere poche battute. Ed è il dialogo un altro punto forte di questa stesura, non solo credibilità, ma anche ritmo: dalla scrittura emerge il tratto comportamentale di un personaggio che da subito si rivela ansioso, ossessivo, folle, affidabile. Anche se solo di passaggio, il lettore conoscerà approfonditamente ogni attore di questa storia.

Una storia che ci porta lungo l’Italia, sia nello spazio che nel tempo: siamo nel 1991 e l’abitacolo di ogni auto su cui Daniele sale, le mura di ogni abitazione che Daniele vive, scandiscono il tempo circostante del viaggio. La radio annuncia lo sbarco degli albanesi sulle coste pugliesi e trasmette la canzone di Riccardo Cocciante (Se stiamo insieme) vincitrice del Festival di Sanremo, qualcuno si chiama Oscar e ci ricorda Super classifica Show, qualcun altro fuma le MS dure.

Le emozioni e l’introspezione di Sempre tornare

Questa storia non è una trama perfetta che si dipana sul filo di una struttura altrettanto compiuta. O almeno, non è solo quello. È una casa di emozioni, costruita mattone dopo mattone, passo dopo passo, città dopo città, sconosciuto dopo sconosciuto. E più la valigia fisica di Daniele si alleggerisce – a un certo punto è costretta ad abbandonarla – più si carica il suo bagaglio emotivo, a dimostrazione che noi siamo soprattutto quello che sentiamo.

E come nel viaggio della vita anche in questo cammino c’è tutto: la morte, l’assenza, il dolore, l’ansia, la pazzia, la follia, l’amore, la paura, l’odio. Viaggeranno tutti con Daniele e noi insieme a lui, insieme a loro. In una storia che tocca le viscere più profonde e che è una catarsi, per chi l’ha vissuta e per chi la leggerà.

a cura di Antonella Dilorenzo

 

 

 

Note di redazione: Sempre tornare chiude la trilogia di romanzi di Daniele Mencarelli che vede il diciassettenne protagonista di una storia raccontata a ritroso divisa in tre parti. Tutto comincia da Sempre tornare, prosegue con Tutto chiede salvezza (già vincitore del Premio Strega Giovani 2020) e finisce con La casa degli sguardi.

Antonella Dilorenzo

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