Il libro delle case di Andrea Bajani: i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo. Recensione

 Il libro delle case di Andrea Bajani: i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo. Recensione

L’esperienza di lettura che Andrea Bajani ci propone ne “Il libro delle case” si può senz’altro definire originale, per questo la sua candidatura al Premio Strega 2021 non sorprende.

Il libro delle case di Andrea Bajani: la trama del libro 

Come si intuisce dal titolo, protagonisti del libro sono gli appartamenti, i luoghi, le case; non tanto i personaggi, ma il loro habitat. La storia di un uomo, denominato semplicemente “Io”, insieme a Sorella, Madre, Padre, Nonna, e in un secondo momento Moglie e Bambina, si sviluppa attraverso la descrizione delle case che occupa. Come una sagoma di carta monocolore “Io” si muove sugli sfondi – pareti ammobiliate, giardini di cemento, balconi – che per la prima volta diventano veri soggetti del romanzo. I luoghi raccontano la vita poiché mantengono la memoria di ciò che è accaduto al loro interno, assorbono le urla nella notte, le voci sussurrate, i sospiri, le paure. Le palazzine di cemento della periferia romana, gli appartamenti borghesi di Torino, le case del sottosuolo nei quartieri popolari, ogni capitolo è il luogo in cui si svolge l’azione, un’immagine dell’esistenza, un suo fotogramma, restituito al lettore senza menzogne. Perfino “casa di tartaruga”, che silenziosa osserva la famiglia di Io dal suo carapace, merita una voce.

La finestra – uguale a tutte le altre del palazzo, cornice laccata, misura standard, a due battenti – è la bocca incaricata, la portavoce di Donna con la fede: è la finestra che parla a Io dall’alto, che dà disposizioni e senso alla sua attesa.

Viaggio nelle architetture sentimentali di un uomo e in quelle reali del nostro Paese

Il romanzo di Bajani si propone di esplorare le strutture sentimentali di un uomo attraverso gli spazi che occupa. Ne consegue, per il lettore, la possibilità di accesso a diversi ambienti: la “casa del sottosuolo”, appartamento al piano ribassato di una palazzina di cemento dove Io abita nei primi anni di vita, la “casa sotto la montagna” – a Torino – dove la famiglia si trasferisce, la “casa dei parenti”, dove Io si reca in visita ai nonni materni, la “casa dell’adulterio”, dove Io incontra la sua amante sposata, e molte altre. Capitolo dopo capitolo, come le tessere di un puzzle, la vita di Io si svela al lettore insieme alla sua architettura emotiva. Ma il libro delle case ci parla anche del nostro Paese. Il romanzo è infatti un viaggio nelle strutture architettoniche tipiche, dagli anni ’70 fino ai giorni nostri. Le vicende del protagonista, poi, si incrociano inevitabilmente con le notizie di cronaca del tempo: l’uccisione di Aldo Moro, il ritrovamento del corpo martoriato di Pasolini all’Idroscalo, ricordi universali che irrompono nella narrazione mischiandosi alla quotidianità.

(L’EUR) è l’acronimo di un’Esposizione Universale Romana che non si tenne mai. Trionfo del cemento armato con retorica imperiale, tonnellate di chiodi, ferro e calcestruzzo, è l’emblema monumentale di ciò su cui si fonda la nazione: l’importanza di articolare una promessa come inizio e conclusione di un processo, senza curarsi di ciò che viene dopo. Dare per scontato che della promessa conta solo il senso della frase.

La scrittura chirurgica e la costruzione narrativa originale

La costruzione narrativa del romanzo è senza dubbio originale. I capitoli, brevi, ognuno dedicato a una casa diversa, si susseguono non in ordine cronologico ma attraverso salti temporali che coprono all’incirca 25 anni. Ogni capitolo è un’immagine, un frammento fotografico realizzato con linguaggio chirurgico, meticoloso, apparentemente mutuato dagli atti notarili. I personaggi (Io, Madre, Padre, etc…) non possiedono un nome proprio e di loro si parla in terza persona, generando una prosa distaccata, che allontana il lettore dalla vicenda del singolo, attribuendogli un valore universale. Il narratore onnisciente osserva da lontano la vicenda descrivendola con perizia matematica, senza aggiungere dialoghi né partecipazione emotiva. L’esperienza di lettura che ne deriva fa immaginare una sorta di gioco di società il cui scopo è quello di riconoscere gli indizi per raggiungere la verità finale.

Sul tabellone di gioco, la pianta stilizzata di un appartamento: si cerca l’assassino, si dispone e si muove per le stanze l’arma del delitto. È molto più grande della casa in cui è in corso la partita ma è la medesima attribuzione delle colpe: Padre pensa che sia Nonna, Sorella e Io sono uniti contro Padre.

a cura di Silvia Ognibene
@silviabookolica

Silvia Ognibene

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