Divorzio di velluto di Jana Karšaiová: una storia di separazioni. Recensione

 Divorzio di velluto di Jana Karšaiová: una storia di separazioni. Recensione

Divorzio di velluto è il romanzo d’esordio della scrittrice e attrice teatrale Jana Karšaiová, edito da Feltrinelli e recentemente candidato al premio Strega 2022 su proposta del giornalista e scrittore Gad Lerner, che lo ha presentato come «il nuovo romanzo europeo», e a ragione. Karšaiová costruisce infatti un’opera intensa che intreccia la storia con la S maiuscola – la separazione tra Slovacchia e Repubblica Ceca nel 1993, definita divorzio di velluto – con la storia personale della protagonista in una difficile, sincera e tormentata ricerca del sé.

 

Divorzio di velluto di Jana Karšaiová: la trama del libro

Katarína torna a Bratislava a casa dei suoi genitori in occasione delle vacanze natalizie; arriva da Praga, città in cui ha lasciato l’appartamento abitato fino a poco tempo prima insieme al marito Eugen, dal quale si è separata. Tornare dalla sua famiglia significa però anche affrontare la madre tradizionalista e prevaricatrice che non comprende la sua decisione di separarsi dal marito, le amiche di una vita abbandonate e con le quali cercare di recuperare il rapporto, il paese – la Slovacchia – amato e odiato allo stesso tempo. Con una narrazione che si muove lentamente ma in maniera continua tra il presente e il passato di Katarina – gli anni dell’università, la storia d’amore con Eugen, il rapporto con la sorella Dora –, Karšaiová scrive un romanzo destinato a toccare in profondità.

«Sua madre non aveva mai imparato ad incassare i colpi, si dimenava ogni volta che il destino le presentava la sua versione dei fatti. I suoi schiaffi non facevano male, JoJo li temeva, ma il vero pericolo erano le parole. Dora non ci badava.»

 

La lingua italiana come scelta politica, linguistica, narrativa

In Divorzio di velluto la scrittrice racconta una storia potente non solo attraverso la scrittura, ma anche attraverso la lingua in sé: la scelta di usare l’italiano – d’adozione –, e non lo slovacco – lingua madre –, si riflette su un uso di questa che rimane essenziale, non si perde in lunghe perifrasi ma preferisce invece andare dritto al punto: al cuore delle cose, delle parole, delle sensazioni.

Karšaiová infatti nasce e cresce a Bratislava, lavora a Praga, Ostia, Verona. Impara l’italiano da autodidatta e sceglie di raccontare e raccontarsi in una lingua che non è quella con la quale è nata, bensì quella che ha consapevolmente scelto.

 

Separazione storica e separazione affettiva

Divorzio di velluto è il termine che è stato usato per indicare la separazione in due Stati della Cecoslovacchia all’inizio degli anni Novanta. Repubblica Ceca e Slovacchia si dividono senza fare troppo rumore, un riconoscimento della reciproca diversità, consapevole ma non privo di dolore, di conseguenze. Come quello tra i due paesi, anche la separazione tra la protagonista Katarína e il marito Eugen è inevitabile a causa di differenze che un matrimonio forse troppo veloce non ha fatto emergere in un primo momento.

Il «divorzio» tra Repubblica Ceca e Slovacchia si riflette poi non solo nella vita della protagonista: tutte le persone che gravitano intorno a Katarína ne hanno subìto le conseguenze in tanti modi diversi. Viera per esempio – l’amica di università con la quale Katarína ha studiato e amato l’Italia e l’italiano – sceglierà di rifiutare la lingua madre e in certo modo la sua patria che tanto dolore le ha provocato, preferendo scegliere lei il paese, la cultura, la lingua alla quale appartenere. Divorzio di velluto permette infine di immergersi, anche se per poco tempo, in una storia d’Europa «altra», profondamente diversa rispetto a quella italiana ma non per questo meno interessante: le vicende di Katarína, Viera, Dora e di tutti gli altri personaggi che popolano il romanzo d’esordio di Karšaiová sono storie di persone che fanno i conti con un’identità divisa, spesso ancora in formazione, in alcuni casi consapevolmente rifiutata.

«Il comunismo aveva reso la ricchezza qualcosa da tenere nascosto, una colpa, un peccato. Il senso di fiducia verso la vita e l’essere degni di viverla pienamente erano solo un miraggio. A quello pensava Viera mentre sorseggiava il vino dopo cena, seduta per terra con la schiena contro il divano, al suo miraggio personale, alla sua voglia di prendersi ciò che la vita le offriva, senza tirarsi indietro.»

A cura di Alessia Cito

Alessia Cito

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