Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti: un romanzo borghese del secolo scorso. Recensione

 Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti: un romanzo borghese del secolo scorso. Recensione

Quel maledetto Vronskij, di Claudio Piersanti, è uno dei dodici romanzi candidati del premio Strega 2022. Edito da Rizzoli, è una storia borghese che ha come protagonista Giovanni, un tipografo quarantacinquenne; un uomo che ha un’esistenza priva di colpi di scena, fino al giorno in cui viene lasciato dalla moglie. In questo periodo solitario, inizia a covare l’ossessione per una minaccia inesistente che neanche il ritorno della moglie e della normalità riconquistata riuscirà a mandare via.

Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti: la trama del libro

Giovanni è un uomo che non si piace e che sa di avere avuto fortuna nella vita. Ha sposato infatti Giulia, una donna più bella e più in gamba di lui, da poco guarita da un tumore; e ha ricevuto un prestito da uno zio che gli ha permesso di aprire una tipografia. La sua vita scorre tranquilla, scandita dalle stampe che realizza per i clienti. Un giorno la moglie però lo abbandona, pregandolo di non cercarla. E così fa Giovanni, accettando la richiesta della consorte e chiudendosi nella tipografia che diventa giorno dopo giorno la sua nuova casa, e nella quale decide di mettersi a ristampare il romanzo di Tolstoj Anna Karenina, in un’edizione rilegata che dovrà essere un regalo per Giulia se e quando tornerà a casa. In quell’anno e mezzo che vive in solitudine, cresce nel protagonista l’ossessione per Vronskij, principe elegante del romanzo russo che Giovanni è convinto gli abbia portato via la sua Giulia. Eppure un giorno la moglie torna da lui, e scopre che non c’è stato nessun Vronksij a strattonare le loro vite, soltanto il bisogno della moglie di restare sola in seguito alla malattia. I due ritrovano l’amore e la serenità, anche se Giovanni continua a essere ossessionato da Vronskij che, se prima era un fantomatico amante, adesso ha preso forma della malattia che potrebbe tornare a colpire la moglie, infatti, anche quando tutto sembra andare per il meglio: «Giovanni non si sentiva mai del tutto sicuro e ogni ombra, sia pure passeggera, che gli sembrava scorgere nello sguardo di Giulia lo agitava moltissimo».

La sensazione di avercela fatta

Giovanni è uno che sembra avercela fatta: nonostante sia solo un tipografo spilungone senza particolari doti, è riuscito ad avere una bella moglie e un lavoro in proprio che gli permette di vivere bene e progettare una pensione serena. E come il protagonista di La vittima di Bellow, Giovanni è consapevole di essere uno di quelli che se l’è cavata e vive questa situazione come una colpa, che lo porta anche a sentirsi moralmente obbligato ad aiutare Armando, un ex collega, che al contrario è caduto in disgrazia, perché lui sa che «quella di Armando poteva essere la sua stessa storia. Senza Giulia, che lo aveva incoraggiato a comprare il negozio, e senza suo zio che gli aveva regalato i soldi, sarebbe precipitato nella miseria e nella cupezza».

L’obsolescenza

Giovanni è inoltre consapevole che il lavoro che svolge è un residuato del secolo scorso, destinato a estinguersi. Ma non per questo si lascia andare a sentimentalismi o a insensate testardaggini. No. Giovanni accetta il suo ruolo di animale in via di estinzione e decide senza remore di chiudere la tipografia per passare a svolgere un lavoro più umile ma più in linea con il suo tempo. Non a caso l’autore sceglie di ambientare la storia agli inizi del Ventunesimo secolo, momento che segna la fine di molti aspetti tipici del Novecento. E il protagonista, nel suo atteggiamento, ricorda l’imperturbabilità con la quale Bassani faceva descrivere a Micol Finzi-Contini lo stoicismo della propria famiglia con la metafora del sandolino, un oggetto ormai obsoleto che accetta con dignità la sua «assoluta perdita di funzione».

La scrittura di Claudio Piersanti

Claudio Piersanti si avvale di uno stile piano e distaccato, non è mai sopra le righe e non incorre in sentimentalismi. La narrazione è in terza persona, ma il lettore non se ne accorge perché la focalizzazione è interna ai personaggi principali. Quello di Piersanti è un romanzo borghese in cui la voce narrante parla come il protagonista: un italiano ricercato e classico, una lingua che i coetanei di Giovanni al giorno d’oggi non usano più. Tutti elementi che concorrono a dare compiutezza alla figura di Giovanni, ossia quella di un uomo ordinario che appartiene al secolo passato.

a cura di Flavio Capperucci

 

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