Noi felici pochi di Patrizio Bati: i ragazzi “non” interrotti della Roma bene. Recensione

 Noi felici pochi di Patrizio Bati: i ragazzi “non” interrotti della Roma bene. Recensione

Noi felici pochi: la trama

È bastato un incidente autostradale a far ritrovare cinque ragazzi della Roma bene, figli di famiglie agiate, davanti alla loro realtà: effimera, poco credibile, tanto superficiale, altamente violenta e triste. La stessa realtà camuffata da cocaina, puttane, pestaggi per strada e allo stadio, torture in riva al mare e sbronze e divertimento senza soluzione di continuità.
Angelo, Andrea, Patrizio, Costanza e Gaia sono in vacanza all’Argentario in estate. All’uscita da una serata mondana si incamminano sulla strada del ritorno, ma per manie da superuomo di Andrea, che nonostante abbia bevuto molto si mette alla guida dell’auto, sprofondano in un dirupo ferendosi, chi più, chi meno. Da lì comincia la loro agonia individuale verso la salvezza: fisica e psicologica.
A raccontare è Patrizio Bati, autore del romanzo. Il suo è un nome di fantasia (pare derivi da Patrick Bateman, il protagonista di American Psycho) che racconta fatti realmente accaduti:

tutte le persone di cui si parla nelle scene di violenza descritte in queste pagine sono state realmente aggredite e malmenate, in un passato così scabroso e delirante da non poter essere rievocato che in forma romanzata.

Nella storia si alternano, temporalmente, fatti del presente – la ricerca dei soccorsi, la cura dell’altro dalle ferite – e fatti del passato che sono frutto dei ricordi di Bati.
Niente di nuovo o trascendentale all’orizzonte. Storie già ascoltate di figli con genitori in carriera che non potendosi comprare la felicità con i soldi, l’abbraccio di una madre con il danaro, sfogano il disagio nella mania di potere. Non è lontano, e nemmeno scontato, il paragone con la serie tv “Baby” di Andrea De Sica e Anna Negri pubblicata su Netflix che racconta l’inquietudine e la rassegnazione di adolescenti in cerca di potere e di emozioni attraverso la prostituzione nella sua versione più elegante, quella da escort.
Lo stesso Bati, in un passo del libro, dimostra quanto detto:

Tentativi, questo erano, tentativi di attirare l’attenzione. Perché in ogni pugno, in ogni calcio, in ogni cinghiata di bastone… c’erano l’affetto, le carezze, tutte le carezze che non avevo ricevuto, tutti i silenzi di mia madre, tutte le parole che non mi aveva detto, tutti gli abbracci che non mi aveva dato…

Lo stile e il successo di Noi felici pochi

Ma il successo di Noi felici pochi (che è scritto molto bene e ha un ritmo incalzante), la voglia di leggerlo pagina dopo pagina, sta nello stile: crudele, violentissimo, acerbo, tristissimo, disgustoso. Vero. Che fa venire fame di lettura, che porta il lettore alle soglie dell’incredulità e della sorpresa, allo stupore in quanto tale e lo trascina in un vortice di emozioni al quale ci si abitua non prima, però, di arrivare al finale che metterà in discussione anche alcuni principi che si pensava fossero inattaccabili.
Il cameratismo, l’appartenenza al gruppo, la forza dell’amicizia, l’impossibilità del tradimento. Anche questi possono venire meno in gente che ha un patto quasi di sangue che picchia gente a caso di comune accordo, che spaventa, minaccia, prende a calci, pugni. Violenta. Nel corpo e nella mente.

Son questi ragazzi non interrotti che grazie alla nomea di famiglia se la sfangano comunque: vorranno diventare avvocati o magistrati? Lo faranno, forse senza sacrifici, con un po’ di spintarelle che, a differenza di quelle che danno loro alla gente estranea, non fanno per niente male.

Il sistema perverso dell’eroe al contrario

Noi felici pochi, per chi non è abbastanza intelligente da vedere il disagio o il carattere di cronaca che c’è nella storia, fa correre un rischio, quello che cresca e si sviluppi nei lettori la sindrome dell’eroe al contrario come successo con Gomorra – la serie, in cui le violenze sono spesso giustificate.
Il buonismo non è certo il core di questo libro (per fortuna!), anzi, a volte crea disequilibrio di opinioni che porta a rivelare realmente la nostra natura umana: Bati è cattivo, però lo fa per compensare l’amore che non ha avuto dai genitori quindi è giustificabile, non condannabile e i suoi gesti violenti sono ammessi.
Non è proprio così. Noi felici pochi va letto come un documento storico, degli atti scritti che testimoniano il disagio di una generazione senza punti fermi. Da cui, forse, è giusto prenderne le distanze senza imitare, ma avvicinarvicisi  cercando di curare e debellare questo male del secolo chiamato solitudine.

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  • Titolo: Noi felici pochi
  • Autore: Patrizio Bati
  • Editore: Mondadori
  • Pagine: 170
  • Prezzo di copertina: 17 euro
  • Anno di uscita: 2019

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Antonella Dilorenzo

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