“Stai per entrare nella mia testa”: una storia inconsueta sul blocco dello scrittore

 “Stai per entrare nella mia testa”: una storia inconsueta sul blocco dello scrittore

Illustrazione di Federico Arrigoni

Stai per entrare nella mia testa. Presta attenzione a ciò che ti mostro, cammina in punta di piedi, li vedi questi neuroni? Lasciali in pace, non calpestarli. T1 h0 de77o d1 n0n c4lp3st4arl1, p0rc4 tr1014! T0gl1 1l p13d3! Ecco così, ora va meglio, quelli sono i neuroni matematici, se si toccano, finisce che scrivo tutto in matematicatese. Lo so, lo so, matematicatese non esiste, il correttore automatico te lo dà come errore. Non soffermarti su queste sottigliezze, io sono uno scrittore, invento anche parole, se voglio. Perciò se ti dico che matematicatese esiste, allora esiste; se mi va di non osservare una regola grammaticale per dare un certo stile alla mia scrittura piuttosto che un altro, io lo faccio. Per. Esempio. Se. Mi. Va. Di. Mettere. Il. Punto. Dopo. Ogni. Parola. Dando. In. Tal. Modo. Una. Connotazione. Frammentaria. Al. Mio. Testo. Emulando. La. Disorganicità. Tipica. Della. Comunicazione. Odierna. Ebbene. Io. Adopero. Una. Tale. Tecnica. O preferisci uno stile più fluido senza alcuna punteggiatura a ostacolare il flusso della voce narrante che si sviluppa morbida fra le pagine e le parole giacché non bada alle pause contrariamente a quanto fa una scrittura attenta alle regole e ai precetti allora io lo faccio senza curarmi di niente e di nessuno.

Ma non indugiamo oltre, ché le digressioni sono tanto facili quanto pericolose: se non le si maneggia bene, si scivola fuori dal testo senza possibilità di ritorno. Io sono scrittore, ti dicevo, e lo sono nonostante non abbia mai scritto niente; credimi, ho provato un sacco di volte a scriverla ‘sta benedetta storia, solo che puntualmente non produco nulla, me ne sto seduto davanti al computer con la faccia illuminata dalla pagina bianca e quella infida e bastarda barra intermittente che compare e scompare, compare e scompare, ancora e ancora, e mentre lo fa, sembra dirmi «muoviti, sbrigati, scrivi qualcosa», io mi faccio prendere dall’ansia, la punta delle dita si inumidisce di sudore, la vista si va progressivamente sfocando e, per non sentire il silenzio attorno a me, batto lettere a casaccio sulla tastiera sperando così di attivare la creatività. Non penserai mica che sia uno senza idee. Ne ho tante, per la verità. Tantissime. Il problema è che nell’istante in cui mi siedo davanti al computer per riportarle in parole scritte, quelle, le idee, svaniscono, così, di colpo.

Ho provato di tutto per incatenarle alla pagina: in piedi come Hemingway, a testa in giù alla Dan Brown, nudo tipo Victor Hugo; una volta bevvi persino le famose cinquanta tazzine di caffè di Balzac e mi venne una tachicardia talmente forte che finii dritto dritto all’ospedale. E allora decisi di adoperare tecniche meno invasive, un taccuino, un parco, musica classica. Niente, neppure una sola parola che fosse evocativa un minimo da ricordare perlomeno una poesia di quelle ermetiche. Zero.

Ecco perché ti ho portato qui, nella mia testa. Così puoi vedere tu stesso che ho ragione, che non è vero che sono uno senza idee; io ho un sacco, anzi un sacchissimo, di idee. Guarda lì a destra, per esempio, vicino all’amigdala, la vedi la nocciolina di neuroni che brilla come una pepita d’oro? Quella è l’ultima idea che mi è venuta; è così scintillante perché è nuova nuova e mi pulsa in testa, ma non c’è verso di concretizzarla. Vieni con me, avviciniamoci. Indossa questi, sono occhiali protettivi, ché potresti rovinarti gli occhi tanto è accecante la mia nuova idea. Questi segni qui, vuoi sapere cosa sono? Aspetta che li ingrandisco così puoi vedere meglio. Eccoti servito. Riesci a leggere ora? Che ti dicevo? È l’idea di un romanzo. Strabiliante, non è vero? Guarda quel colpo di scena, bello no? E lì, lo vedi l’incipit? Pensavo, però, di dare una connotazione più cupa all’intero impianto narrativo. Sì, lo so, manca la parte centrale; quella è sempre la più difficile da immaginare. Stralci di dialoghi, non di più. Dovrei strutturare il romanzo con l’aiuto di una scaletta, ma per farlo mi servirebbe che questa pepita d’oro rotoli fin laggiù. Mi chiedevo, mi daresti una mano? Magari insieme ci riusciamo. Forza, al mio tre. Uno. Due. E… tre! Diamine, è incastrata! Non si toglie, maledetta, bastarda! Dai! Niente! Non ce la farò mai a scriverla ‘sta storia! No, non è vero, non è come dici tu. Sì, lo so che adesso sto scrivendo, lo so da me, è da due pagine e mezza che vado raccontandoti i miei malanni, eppure, ti assicuro che non è una storia quella che in cui ti ho tirato dentro quando all’inizio ti ho invitato a entrare nella mia testa.

Perché sogghigno, mi chiedi? Non l’hai capito? Davvero non ti è chiaro che cosa sto facendo qui? E allora leggi bene questo, te lo scrivo anche in maiuscolo, così vedi meglio: È-TUTTO-SOLO-UN-GIOCO. Come dici? Sono uno stronzo? Bisogna sempre rispettarlo il Lettore? Lo so, lo so, ma infatti io ti riconosco la mia completa e assoluta devozione. Ti ho soltanto detto che sto giocando. Dai, sei scaltro abbastanza da aver capito il mio intento già dalla prima frase. Non fare il permaloso, adesso. Mi chiedi perché dovresti seguirmi, allora? Ma è semplice: io sono uno scrittore, e tu, tu sei un Lettore, e i lettori, si sa, leggono, indi, tu ora mi leggi. Dici che da che mondo è mondo ci vuole una storia affinché tu, Lettore, mi segua? Ne sei davvero certo? Eppure guardati, sei arrivato con me fin qui, e non è forse questo il fine ultimo di qualsiasi scrittore?

Valeria Zangaro

 

Valeria Zangaro nasce a Corigliano Calabro (CS) nel 1984. Vive a Monaco di Baviera dove, per sopravvivere e pagarsi libri e sigarette, finge di lavorare come assistente tecnica, nonostante la laurea in Giurisprudenza. Negli ultimi due anni ha frequentato alcuni corsi presso la Scuola Holden, un suo racconto è arrivato in finale al concorso Sus#2 organizzato dalla rivista Verde, un altro suo racconto è comparso sul terzo numero della rivista L’Ircocervo e in questo momento sta lavorando al suo primo romanzo.

Valeria Zangaro

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12 Comments

  • Scorrevole, fresco, intelligente, arguto…
    Molto, molto, molto bello. Grande!!!

    • È raccontato in modo geniale, ironico, quasi canzonatorio, ma molto consapevole di tecniche di scrittura.
      Intrattiene senza essere di tracotante autocompiacimento.
      Secondo me è una promessa editoriale d’interessanti sviluppi narrativi e di contenuto.
      Avanti così!

  • Avrei messo quasi tutte queste battute in bocca a Jack Nicholson, alias Jack Torrence, in Shining. lo vedo mentre farnetica e, mulinando l’ascia, convince Wendy della bontà dei suoi scritti, in particolare uno: “il mattino ha l’oro in bocca”. Molto significativa la chiusa. Non sarà che lo scrittore migliore è quello che ha il blocco?

    • È raccontato in modo geniale, ironico, quasi canzonatorio, ma molto consapevole di tecniche di scrittura.
      Intrattiene senza essere di tracotante autocompiacimento.
      Secondo me è una promessa editoriale d’intéressant sviluppi narrativi e di contenuto.
      Avanti così!

  • Che dire. Geniale, superbo. Ha avuto la capacità di farci entrare nella sua mente con originale maestria.

  • Che dire, superba. Capace di mantenere l’attenzione ad ogni battuta. Con arguta maestria ha saputo catturati dentro un racconto scritto con maestosa originalità.

  • Ma dai, è molto semplice superare il blocco dello scrittore, ti spiego come fare:

    Allora, bisogna… Anzitutto non si deve… Guai a pensare che… È tutta questione di… No, meglio così: è tutta questione mentale, bisogna… No, no…

    Daccordo, non è così semplice
    Scherzi a parte, bella lavoro, è divertente e scorrevole, e immagino sia anche stato un esercizio utile!

    • Ciao L’assurdo,
      sei anche tu un personaggio del mio racconto che non è un racconto? Maledetto, sei mi sfuggito dalla testa! Aspetta che ti riprendo! 🙂

  • BRAVA!

    • Ciao Mimma,
      grazie mille!

  • Complimenti,
    geniale (era forse questa la pepita d’oro?), hai giocato molto bene con le parole (mi hai ricordato Benni) e molto scorrevole.

    • Ciao Diego,
      grazie mille per i complimenti! Mi chiedi se è forse questa la pepita d’oro… eh, chi può dirlo, forse!

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