Il cavallo e la tartaruga, due figli diversi della stessa “maaaamma”

 Il cavallo e la tartaruga, due figli diversi della stessa “maaaamma”

Pic nic – illustrazione di Sonia De Nardo

Ma-ma-ma-ma.
Qualche giorno dopo, maaaamma.
La lallazione che diventa parola, la scoperta di un suono che si trasforma in richiesta d’attenzione, interazione.
Per un orecchio meno attento – e meno apprensivo – del mio, la differenza potrebbe essere trascurabile. Addirittura impercettibile. Per me invece è un traguardo, un’esplosione di felicità che però si mescola subito, come fosse un unico fluido, al senso di colpa.

Senso di colpa nei confronti di Pietro, il mio primo figlio di cinque anni. Un bambino autistico, che non parla e che “maaaamma” lo avrà detto un numero di volte che si conta sulle dita di una mano (o forse di due).

Ecco perché gioire di fronte ai progressi di Elia, suo fratello minore, è inevitabilmente doloroso. Perché è doloroso constatare i progressi di un figlio sapendo che l’altro non li farà, perché un conto è una tartaruga che cammina lenta e indisturbata, un conto è una tartaruga affianco alla quale appare il galoppo di un cavallo. Quanto può sembrare lenta, a quel punto, la tartaruga?
Ecco, nel mio senso di colpa c’è tutta la paura di puntare sul cavallo e così di trascurare la tartaruga.

Una paura che supererò, perché insegnerò a due ritmi diversi ad andare all’unisono. E imparerò a vedere in quella distanza un’opportunità.

Agnese

Blam

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