Saltare la scuola per passare una giornata al mare: «La morte del polpo» è il racconto di Piervincenzo Madeo

 Saltare la scuola per passare una giornata al mare: «La morte del polpo» è il racconto di Piervincenzo Madeo

Illustrazione di Francesca Galli

Il trentuno ottobre è il compleanno di mamma. È anche Halloween, certo. Ma noi non festeggiamo. Mamma dice che non ha cazzi di celebrare la sua nascita. Non è che sia preoccupata del tempo che passa, è semplice pigrizia. Io non sopporto Halloween. La morte mi pare una faccenda piuttosto definitiva. Comunque, almeno quel giorno ceniamo insieme a un orario decente. Mangiamo polpo alla pignata. Il suo piatto preferito.

Nel mio quartiere non si trova parcheggio. Le macchine impolverate soffocano strozzate lungo il marciapiede. Il bar dove si fa colazione la mattina fa rimpiangere di non aver buttato due Macine nel caffellatte. Il bar dove si va a bere la sera è meglio di quello della mattina perché almeno un’altra giornata di merda è finita.

Mia mamma non è bella. Non è che l’ho capito osservando lei: per me ha tutte le cose al posto giusto, è bellissima. L’ho capito guardando i maschi che attira. Umani anche abbastanza diversi tra loro, ma accomunati da tre cose: il bar della mattina, il bar della sera, il sarcasmo con il quale Madre Natura, prima, e la vita, poi, si sono abbattute su di loro rendendoli sgradevoli. Arringhe negazioniste e complottismo impulsivo non migliorano la loro immagine.

Mia mamma lavora nel bar della sera. I maschi le danno colpetti sul culo, le mettono le mani sui fianchi, i più audaci le sfiorano le tette. Ma solo quando io non sono nel bar. Come se da fuori non si vedesse quello che fanno. Forse pensano che con il mio occhio pigro e calante non riesca a vedere attraverso la vetrina ingiallita. Qualcuno ci prova quando sono dentro e mamma li evapora con il suo sguardo killer, a me l’ha fatto solo quella volta che giocavo col fon a far volare la schiuma dalla vasca.

 

Mezzanotte. Enrico mi manda un WhatsApp.

Domani nn entriamo, andiamo al mare

Sei scemo? Fa freddo

Mi pare una cagata

Se mi becca mamma che faccio di nuovo sega con te mi fa il culo stavolta

Andiamo a polpi e fumiamo

Ok

Quando mi sveglio mamma dorme ancora. Supina a quattro di bastoni sul letto matrimoniale. Il lenzuolo copre la gamba sinistra. Ha solo le mutandine addosso. Tette fiere. Mangio due Macine. Rubo sei Camel Lights e venti euro dalla sua borsa. Sì, sarebbe più regolare se si accorgesse delle robe che mi intasco, ma la mia vita risulterebbe meno divertente.

Davanti al cancello della scuola fumo. Ascolto Billie Eilish, My Future. Arriva Enrico col Kymco. Bianco, sporco e rumoroso. Suona. Fermo la sigaretta tra pollice e medio, la lancio verso la scuola. Ficco gli auricolari nella tasca del centogrammi.

Non ce l’hai l’altro casco?

Me l’hanno fottuto davanti scuola l’altro giorno. Tieni questo.

E tu?

Non ne ho bisogno.

Neanche io allora.

Metto il piede della gamba buona sul poggiapiedi, mi aggrappo a Enrico e trascino dall’altra parte la gamba guasta.

Il mare è calmo. Ci sediamo sul telo a riva.

Me lo prendi in bocca?

Non mi va.

Faccio con la mano, viene senza avvisare. Si sporca i jeans.

Faccio per alzarmi. Si mette in piedi. Mi offre un braccio e con l’altra mano tiene su i pantaloni.

Prepara la polpara. È a forma di saponetta, ha tre ami e un piombo.

L’ha fatta mio padre questa. Senti come è bilanciata.

Ci aggancia una zampa di gallina e prepara la lenza.

Secondo te, quand’è che muore il polpo?

In che senso?

Quando muore? Cristo! Quando abbocca? Quando lo tiri fuori dall’acqua? Quando?

Macché! Quello muore quando gli do il morso in mezzo agli occhi e lo sbatto sulla pietra.

Vado a fare una passeggiata. Lo guardo da lontano. Rotea e lancia.

Mi tolgo le scarpe, metto i piedi in acqua. Mi giro verso la strada, supina al mare. Il chiosco è aperto. Vado. Sta pulendo con la candeggina.

Ce l’hai una birra?

Sei la figlia di Sara, o sbaglio?

E quindi?

A scuola non ci vai? Comunque siamo chiusi.

Ti do venti euro se mi dai una birra.

Tieni. E vattene.

Prendi i soldi.

Vattene.

Tu vai a polpi?

Mio fratello ci va.

Qual è la morte del polpo?

Ma che cazzo dici?

Quando muore?

Cazzonesò? Quando lo prendi e lo tiri fuori dall’acqua, penso. Tu che dici?

Uhm.

Fuori dal cazzo, dai. E salutami tua mamma.

Stappo la birra con l’accendino. Si apre all’ottavo colpo.

Enrico ha preso tre polpi.

Uno è tuo.

 

Vado al bar dopo la mia ectoplasmatica uscita da scuola.

Tua mamma non viene oggi.

È a casa?

Penso di sì. Cosa c’hai in quel sacchetto?

Un polpo.

L’hai preso da Mimmo?

Sì. Secondo te… qual è la morte polpo?

La cipolla è la morte sua, stellina mia. Una meraviglia con la cipolla.

 

Clacson. Motorini. Bande di bambini. Tute antibatteriche. Maschere spaventose.

Una piovra di plastica rosa fuoriesce dalle mura di un palazzo. Stringe uno scheletro.

Jack-o’-lantern dentro alcune finestre. In attesa di brillare insieme.

Vado da Mimmo. Compro un altro polpo.

Secondo te, questo che ho qua è buono per la pignata?

Lo tiro fuori. Lo prende. Dice di sì con la testa. Fa un paio di incisioni.

 

A casa mamma non c’è. Accendo Netflix. Chi cazzo sono Fil, Neto e Milena? Ieri erano Ele, Lisa e Chris. Forse mi stavano più simpatici loro. Scelgo Milena. Mi addormento sul divano.

Torna mamma. Ha tre sacchetti in mano.

Prepari il polpo stasera?

No.

Auguri ma’!

Grazie.

Cosa mangiamo?

Ho preso l’indiano e… Una torta alla zucca!

Sorride. Silenzio. La guardo.

Prepara la tavola. E metti tre calici.

Perché non fai il polpo?

Stasera festeggiamo.

 

Arriva Mario. L’ho visto qualche volta al bar. Mamma va nel cucinino.

Tua mamma è bella.

Non faccio fatica a guardarlo male.

Il polpo muore dimenticato nel frigo.

 

Piervincenzo Madeo

Blam

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