L’adolescenza è sentirsi esopianeti senza luce: «51 Pegasi b» è il racconto di Andrea Bruccoleri

 L’adolescenza  è sentirsi esopianeti senza luce: «51 Pegasi b» è il racconto di Andrea Bruccoleri

iIlustrazione di Lorenzo Babboni

In un modo o nell’altro, a sedici anni un adolescente avverte spesso il bisogno di attirare l’attenzione dei coetanei e di dire: guardate che ci sono anch’io. E 51 Pegasi b non faceva eccezione, anche lei desiderava che il mondo si accorgesse di lei.

Si truccava per andare a passeggiare al corso il sabato pomeriggio. Si era aperta un account su diversi social network in cui postava dei selfie che mettevano in risalto il profilo del seno appena accennato. Si era persino tinta di azzurro alcune ciocche dei capelli, si era fatta il piercing al naso.

Tuttavia, anche se indossava i tacchi il fine settimana, anche se caricava video in cui eseguiva alla perfezione complesse coreografie di gruppi K-pop, 51 Pegasi b passava inosservata. L’esiguo numero di follower rifletteva inconfutabilmente l’indifferenza cui sembrava relegata.

Una mattina, in bagno durante la ricreazione, 51 Pegasi b conobbe Helvetia, una delle studentesse più popolari della scuola; questa le fece i complimenti per il trucco, le offrì una sigaretta. 51 Pegasi b non fumava, però accettò: non voleva sembrare una pischella. Si misero a parlare di smalti e infatuazioni e al suono della campana si scambiarono i numeri con la promessa di rivedersi.

Helvetia frequentava l’ultimo anno, aveva già la patente. Nonostante le inevitabili gelosie era riconosciuta come una fine intenditrice di moda, quasi un’influencer. 51 Pegasi b era felice di essere entrata nelle grazie di un’eccentrica dalla simile reputazione e covava la speranza che anche lei avrebbe beneficiato, seppur di riflesso, della popolarità dell’amica.

Le cose non andarono come previsto. Helvetia era alta, magra. Una terza che traboccava dal reggiseno a bustino. Era perfetta. Un astro che attirava a sé tutti gli sguardi e la cui luminosità adombrava chi le stava attorno.

51 Pegasi b lo sapeva che se qualcuno le si avvicinava quando passeggiavano al corso era solo per fare il cascamorto con Helvetia. Era consapevole che l’improvvisa impennata di like nelle foto che pubblicava dipendeva dalla presenza dell’amica. Si rendeva conto che non sarebbe mai entrata nei vestiti che esaltavano il fisico slanciato, il ventre piatto, le gambe svelte di questa. La sua nuova amica era una stella, mentre lei, 51 Pegasi b, non era altro che un esopianeta inaccessibile, celato alla vista dalla luce perennemente emanata dall’altra.

Nessuno si sarebbe mai accorto della sua esistenza.

Una sera andarono a ballare. Helvetia le diceva che senza di lei non avrebbe potuto dimenarsi al centro della pista. 51 Pegasi b era ancora minorenne, ma il buttafuori chiuse un occhio e la fece passare.

Si scatenarono sulla pedana. Bevettero i cocktail che il barman offrì loro sottobanco. 51 Pegasi b non reggeva l’alcol, però non voleva dare l’impressione di essere una pivella. Trangugiò quei liquidi amarognoli dal retrogusto di benzina che le ustionavano la gola. Uno. Poi un altro. E ancora.

In un bagno di sudore, fra gli spintoni e gli schiamazzi della calca, aveva caldo: la fronte rovente, il battito tachicardico, le pupille dilatate. Sballottolata dalla ressa, le sembrò che la sua natura le si rivelasse per la prima volta con la nitidezza di un’epifania improvvisa. Si sentiva gigantesca, massiccia, centoquaranta volte la massa della terra. Era un gigante gassoso. Un gioviano caldo grondante fiumi di sudore che sapevano di marcio. La sua temperatura corporea superava gli 815° Celsius.

Il vocalist gridava. La gente spingeva. La techno martellava. Helvetia era lontana, avvinghiata alle braccia di uno sconosciuto. Sempre più accaldata, 51 Pegasi b cercò un appiglio tra la folla.

Chiuse gli occhi, le gambe vennero meno.

Prima che stramazzasse al suolo un’ombra la afferrò da dietro e la condusse fuori. All’aperto, due mani estranee la fecero sedere, le diedero una bottiglietta d’acqua.

«Dovresti andarci piano con ’sta roba, Peggy… Posso chiamarti Peggy, vero?»

51 Pegasi b spalancò gli occhi. «Come fai a sapere il mio nome? Ci conosciamo?»

«Non ancora. Piacere, Michel. È da tanto che speravo di incontrarti.»

«Speravi di incontrare me?», chiese incredula, stringendogli la mano. «Ma io sono invisibile. Nessuno si accorge della mia presenza.»

«Ti sbagli! Il modo c’è… si chiama rilevamento delle velocità radiali

La giovane sorrise, lusingata dalle parole di Michel, anche se non era certa di afferrarne il significato.

«Se ti senti meglio posso riaccompagnarti a casa.»

In quella proposta 51 Pegasi b colse la promessa di fugaci carezze in un’auto dai sedili reclinati. Non aveva mai fatto certe cose, però disse: «Certo, recupero le mie cose e sono pronta».

Non voleva che Michel pensasse che fosse una bamboccia.

Prima di rialzarsi, posò a lungo lo sguardo sul volto del suo scopritore. Inclinò persino il viso per dargli un bacio, ma un conato le sconquassò il petto facendola desistere da un proposito così temerario.

 

Andrea Bruccoleri

Blam

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