Vita degli anfibi di Piero Balzoni: il senso dell’esistenza fra memoria e assenza. Il libro in 10 punti

 Vita degli anfibi di Piero Balzoni: il senso dell’esistenza fra memoria e assenza. Il libro in 10 punti

«Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita» scriveva W. Shakespeare in La tempesta. In realtà siamo il risultato di cose, fatti, persone, esperienze, in una vita che si evolve lungo la linea del tempo, mentre ci destreggiamo, ognuno a modo proprio, fra memorie, assenze e bagagli emotivi. Perché quello che stiamo vivendo in questo preciso istante a brevissimo sarà già passato. Ne sa qualcosa Alice, protagonista di Vita degli anfibi, il romanzo di Piero Balzoni (Alter Ego, 2023), peraltro, proposto da Paolo Di Paolo al premio Strega di quest’anno.

 

Vita degli anfibi di Piero Balzoni: la trama del libro

Il giorno del suo compleanno, durante una gita al lago con i genitori, la piccola Alice vede scomparire suo padre: un attimo prima giocavano insieme e un istante dopo, di lui si perdono le tracce. Da quel momento in poi non sarà solo l’assenza a turbare l’esistenza di Alice, ma anche il senso di colpa per non aver trattenuto suo padre – se mai ci fosse stato un modo – e un’attesa malvagia per un ritorno che forse non avverrà mai.

Ed è qui che la vita si spacca in due tra il prima e il dopo; tra quello che è, e quello che poteva essere; tra quello che Alice è stata con suo padre, e quello che è senza padre. E qual è la vita vera? Quella o questa? Un po’ come gli anfibi, Alice e la sua storia si barcamenano fra l’acqua e la terra.

L’acqua compare spesso in questo libro, come elemento vitale a cui tornare per capire il senso vero dell’esistenza. Siamo umani, siamo corpi, siamo animali, siamo anfibi, esseri altamente adattabili che vivono a metà fra la terra e l’acqua.

A raccontarci il dietro le quinte di Vita degli anfibi è lo stesso autore, Piero Balzoni.

 

Vita degli anfibi di Piero Balzoni raccontato da Piero Balzoni in 10 punti

1 – Chi è Rebecca Coniglio

Desideravo iniziare il romanzo con una citazione che non fosse l’amplificazione del tema di fondo ma che piuttosto aggiungesse qualcosa che ancora non c’era. Guardando Peppa Pig insieme alle mie figlie, all’improvviso mi colpisce la voce di Rebecca Coniglio. Il piccolo George ha appena scoperto l’esistenza della sua ombra e tenta come prima cosa di scrollarsela di dosso. Così Rebecca, ridendo di lui, lo riprende: «Ma George, nessuno può sfuggire alla propria ombra». Mi è sembrato verissimo.

2 – Nomi, cose, città…

Proprio come nel gioco che facevamo da bambini, non sempre oggetti, luoghi e persone che sono nella nostra testa corrispondono al reale. Se immagino una città, posso immaginarla in modi del tutto diversi da quelli in cui la immagina il mio avversario. Eppure sono modi che mi aiutano a richiamarla subito alla memoria. Così mi sono servito dei ricordi che avevo conservato dentro di me per costruire da zero città, paesi e personaggi che non hanno nome.

3 – La punteggiatura «nascosta»

Poca, pochissima interpunzione. Stesura dopo stesura mi sono reso conto che quasi tutto era eliminabile e il testo mi sembrava trarne un vigore maggiore.

4 – Quante stagioni ha un lago

Non è vero che il mare cambia forma e colore mentre i laghi sono sempre uguali. Un lago può avere colori e forme diverse di giorno in giorno, di ora in ora. Così ho cercato di mostrarlo in stagioni e contesti che potessero fare apparire questo lago in particolare così mutevole, una stagione dopo l’altra.

5 – Tre parti, tre raffigurazioni

Nella prima pagina di Vita degli anfibi c’è un uovo. È un uovo di rana e racconta il primo incontro della protagonista con il destino che la accompagnerà. La bambina cresce e all’inizio della seconda parte del libro è già un girino nel pieno del suo sviluppo. Desideravo che la parte conclusiva del romanzo, cioè la terza, potesse infondere speranza nel lettore. Ecco perché si conclude con un altro uovo, tale e quale al primo.

6 – Dov’è il telefono?

Non c’è tecnologia in Vita degli anfibi. Fatta eccezione per un passaggio obbligato, sembra quasi che le persone abbiano dimenticato di utilizzare smartphone, laptop, computer. In un mondo come il nostro, iperconnesso, mi sembrava il modo migliore per trasmettere l’incomunicabilità tra madre e figlia.

7 – Il libro magico delle pozioni segrete

Però ci sono le formule magiche, anche se non sempre vengono chiamate così. E soprattutto, non sempre danno i risultati sperati. Anzi, quasi mai.

8 – Un romanzo ecosostenibile

Che è un termine orrendo. Il Pianeta non può sostenere in realtà nulla di ciò che facciamo per sofisticarlo. Così volevo che dalle pagine trasparisse una natura spacciata per mano dell’uomo. E quel lago, che già nella prima parte del racconto è un rifugio torbido di pesci macilenti, diventa più avanti il luogo non già della scomparsa, ma dell’abbandono.

9 – Da dove vengono tutti questi animali

Non è che lo abbia fatto volontariamente, ma dopo due romanzi – Come uccidere le aragoste (Giulio Perrone editore, 2015 [N.d.R.]) e Vita degli anfibi – e una raccolta di racconti – Animali migratori (La Gru, 2012 [N.d.R.]) – posso dire ormai di aver preso una certa piega. Storie di persone, che però sono animali anch’esse.

10 – Chi sono gli anfibi

Sono esseri dalla grande capacità di adattamento ma dalla infinita fragilità. Non è un caso che stiano scomparendo, sterminati dal cambiamento climatico e dalla mano dell’uomo, che non ha pietà verso chi lavora con lentezza.

 

A cura di Antonella Dilorenzo e Piero Balzoni

Antonella Dilorenzo

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