Tre ciotole di Michela Murgia: 12 storie per 12 rituali che raccontano un anno di crisi. Recensione

 Tre ciotole di Michela Murgia: 12 storie per 12 rituali che raccontano un anno di crisi. Recensione

È uscito per Mondadori Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi, il nuovo libro di Michela Murgia: un romanzo che si articola in più racconti legati tra loro, i cui protagonisti si trovano a un punto cruciale di cambiamento della propria vita. Con questa opera la scrittrice ritorna alla forma narrativa.

Tre ciotole di Michela Murgia: la trama del libro

Tre ciotole raccoglie dodici storie di diversi personaggi, le quali restituiscono un romanzo corale a partire da voci individuali e spesso dissonanti. Come suggerisce il sottotitolo, il motivo principale dei racconti è il cambiamento radicale che i protagonisti stanno affrontando in un determinato momento della vita – la pandemia, la fine di un amore, la malattia, la gravidanza, il lutto – cercando, ognuno con una propria forma di rituale, di attraversare la crisi.

Tre ciotole: il rituale della scrittura

La prima storia è intitolata «Espressione intraducibile» e si potrebbe ben considerare scaturita dalla recente esperienza personale della scrittrice. Narrata in terza persona, è il racconto di una donna a cui viene comunicata la diagnosi di carcinoma renale al quarto stadio. Nel dialogo tra la donna e il medico, attraverso le parole di quest’ultimo, si assiste allo stravolgimento della prospettiva e della narrazione oggi dominanti rispetto al cancro, che si avvalgono principalmente di un linguaggio bellico: «Ma l’inadeguatezza del registro bellico, quello con cui aveva sempre sentito definire il rapporto con una malattia mortale, ora la ammutoliva. Era colpa del medico, ovviamente. Le parole che quell’uomo aveva usato cambiavano lo scenario simbolico e la costringevano a muoversi verso un obiettivo che non le era familiare: il patto di non belligeranza. Quello che doveva essere un avversario da distruggere le era appena stato dipinto come un complice della sua complessità, una parte disorientata del suo corpo sofisticato, un cortocircuito del sistema in evoluzione, niente di più di un compagno che sbagliava».

Questa nuova prospettiva accoglie una visione inedita in cui entra in gioco non più la condizione di vincitori e vittime, bensì la constatazione – ed eventualmente l’accettazione – della complessità della nostra natura.

«Mi ha detto che scrive romanzi, un bellissimo lavoro, ma è molto complicato. Nessuna specie in natura lo sa fare, solo gli esseri umani. Conosce altre lingue oltre l’italiano?»

«L’inglese, il francese, più o meno lo spagnolo… Sto studiando il coreano.»

«Preferirebbe non saper fare nessuna di queste cose a patto di non ammalarsi mai? Gli organismi unicellulari non sviluppano neoplasie, ma non imparano lingue. Le amebe non scrivono romanzi.»

E quale funzione può avere la scrittura in un momento di cambiamento radicale che, come si è visto, rappresenta il Leitmotiv del romanzo? Si potrebbe dire che la scrittura è un rituale essa stessa – così come un rituale sono le tre ciotole del racconto che dà il titolo al romanzo, usate per disciplinare l’alimentazione sregolata della protagonista in un periodo difficile –: un rituale atto a tentare di comprendere, di accettare il groviglio del reale, e a non soccombere. Non si può avere il controllo su tutto e alcune circostanze non si possono cambiare, ma con le parole possiamo creare e, raccontandola, ridefinire, se non la nostra vita, almeno la nostra stessa storia.

La scrittura di Michela Murgia in Tre ciotole

La scrittura di Michela Murgia è quanto mai diretta e limpida, e tuttavia mai scontata. Infatti, in ogni racconto l’autrice riesce abilmente ad assumere il punto di vista dei protagonisti, rendendo alquanto difficile riuscire a distinguere, qualora si tentasse, il pensiero del personaggio dall’eventuale giudizio ironico di chi scrive. Con Tre ciotole Murgia ci fa dono – quasi come stesse prendendosi cura dei suoi lettori – di molteplici spunti di riflessione – la prospettiva rivoluzionaria da cui guardare a una malattia incurabile in primis. Si tratta di un libro da leggere più volte lasciandolo sedimentare durante gli intermezzi, anche solo per riuscire a cogliere la raffinatissima ironia e l’atteggiamento divertito nei confronti del mondo che viviamo e della vita stessa.

a cura di Vincenza Lucà

Blam

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