Le sette vite del santo patrono d’Italia: “San Francesco” è l’ultimo saggio dello storico Alessandro Barbero
Con il suo ultimo saggio edito da Laterza, Alessandro Barbero analizza la figura di san Francesco col fine di mettere in luce le molteplici raffigurazioni che di lui sono state fornite dai testi contemporanei. Barbero prende in esame sette biografie, tutte capaci di restituire immagini differenti del santo, e perciò genitrici di discrepanze attorno a lui.
San Francesco di Alessandro Barbero: di cosa parla il libro
Il volume è suddiviso in nove sezioni, tra le quali la prima e l’ultima fungono rispettivamente da incipit ed explicit, mentre tutte le altre, vero fulcro del libro, riportano, grazie alla mediazione autoriale, le diverse sette vite di Francesco in analisi. L’introduzione chiarisce immediatamente quanto la percezione di questo santo sia polifonica e come non sia possibile darne un’idea univoca. Il primo testo preso in visione è il testamento di san Francesco: questa è l’unica fonte ad affermare che la nuova vita del patrono d’Italia è iniziata dopo l’incontro con molteplici lebbrosi, dato che nelle altre si parlerà sempre del bacio a un unico malato come motivo della sua conversione. Spiccano in questa testimonianza anche i punti della morale del santo, come la dedizione al lavoro manuale e la necessità di non stabilirsi in luoghi fissi per dimorarvi. Nella seconda sezione, Barbero ragiona sulla figura del santo così come trattato da Tommaso da Celano, l’unico autore ad aver lavorato a due biografie di san Francesco; qui presenta la prima, “incompleta”, alla cui integrazione fungerà l’altro scritto. Da Celano chiarisce subito che quanto affermerà è «tutto vero», nonostante riporti poi solo una sintesi tra quanto ha visto in prima persona e quanto gli è stato riportato. Nella terza sezione, si parla della leggenda dei Tre Compagni. Per la prima volta emerge uno dei temi presenti nelle biografie successive, ossia l’avversione alla lettura. La quarta biografia analizzata è quella presente nel Memoriale, il secondo scritto di Tommaso da Celano. Qui, la responsabilità divina viene ancor più espansa: per Francesco, è un atto della carità di Dio lo stesso essere in vita e protetto. Al testo indicato, segue la Compilazione di Assisi. Si tratta di un complesso disordinato di testimonianze di vari autori, costellato da aneddoti unici, originali di questa versione. La sesta testimonianza è di santa Chiara: è una figura nominata solo a livello marginale nelle opere precedenti (tanto da far dubitare, ai seguaci dell’Ordo, che il fondatore sia davvero interessato a lei), ma dalla sua vita emerge quanto in realtà sia stato centrale, per la sua conversione, il legame con il santo. L’ultimo testo è la cosiddetta Legenda maioris, che ha tentato di affermarsi come verità assoluta rispetto alle altre fonti e ha in generale comportato una «pesante ipoteca interpretativa» sulla tradizione. In essa, l’autore interviene in modo profondissimo, nel tentativo di imporre una lettura univoca della figura di san Francesco e di sovrapporgli lo status di secondo Cristo: perciò, tutti gli aspetti non allineati con questa visione, sia perché obiettivamente negativi (come la sua tendenza all’ira) sia perché semplicemente troppo «umani» (come le tentazioni, pur sempre frenate, di gola o lussuria), sono stati espunti. Peraltro, dalla conclusione, si scopre che la famosa leggenda di Gubbio è un apocrifo e che verosimilmente è stata sovrapposta alla figura di Francesco con il tentativo di attribuirgli ulteriori azioni miracolose.
Il ritratto pluriprospettico di una figura esemplare
Gran parte degli avvenimenti della biografia del santo è riportata attraverso l’aneddotica, che ha quale scopo di rendere coesa e congruente ognuna delle vite. Nel complesso, ci troviamo a fronteggiare un quadro davvero ampio e vago di connotati attribuiti al santo, mai univoco, quanto piuttosto dettato da una moltiplicazione di prospettive. Pur da questo disordinato insieme di informazioni discordanti su san Francesco, si possono dedurre alcune sue caratteristiche fondamentali. San Francesco è un uomo che non rifugge i piaceri umani, ma che sa dominare, per esempio, il peccato di gola o quello della lussuria, che cercava di contenere buttandosi nella neve. Simili episodi «[…] rivelano con quanta fatica […] Francesco rinunciasse ai piaceri in cui era stato allevato. La vita di prima non era scomparsa: era sempre lì nella sua memoria, e la lotta per respingere le tentazioni non si interrompeva mai». Un altro attributo ricorrente, in linea con quanto sappiamo anche dalla tradizione scolastica, è il suo comunicare con gli animali. La maggior parte delle fonti è concorde anche sull’ignoranza, come la chiama Barbero, ovvero sul fatto che seguisse una dottrina prettamente pragmatica, in cui era forte la predilezione per il lavoro manuale piuttosto che per lo studio.
La scrittura di Alessandro Barbero in San Francesco
Alessandro Barbero è in grado di coinvolgere il lettore, grazie al tono ironico che presenta anche nei suoi apporti documentaristici. Nell’opera intervalla infatti a uscite divertite altre atte a commuovere, e la descrizione vivida che rende della vita del santo, come immersa nella miseria assoluta, ci porta inevitabilmente a empatizzare con quanto leggiamo. Il modo di riproporre la fonte è sempre enfatico, con frequenti esclamazioni, e denotato dal ritmo dell’oralità. Inoltre, l’opera, pur ampiamente immaginifica, fa largo uso anche di espressioni colloquiali, che non servono ad abbassare il tono, ma a stemperare il fatto storico e a ricondurlo a espressioni e concetti a tutti noti: «lui, che in casa di suo padre era abituato a fare il signorino»; «Francesco la prese alla larga»; «un cantautore, diremmo noi». Non si tratta di semplificare, quanto di divulgare nel modo più chiaro possibile. In conclusione, Barbero, avvalendosi di descrizioni vivide, non fa un lavoro poi così distante dagli exempla delle parabole, perché è in grado di portare tutte queste narrazioni, tanto difformi l’una dall’altra, a un esito singolo, proponendo, con il proprio filtro, una visione sola. Non fa emergere allora un disegno unitario della figura di Francesco, ma ci regala un forte senso di coinvolgimento emotivo grazie a storie di epoche lontane che, se non fossero state veicolate con fervore ed empatia, sarebbero certamente rimaste ignote ai più.
A cura di Letizia Simioni

