La vita è breve, eccetera di Veronica Raimo: una raccolta di racconti (e di esemplari umani). Recensione

 La vita è breve, eccetera di Veronica Raimo: una  raccolta di racconti (e di esemplari umani). Recensione

La vita è breve, eccetera di Veronica Raimo (Einaudi, 2023) è un best of della narrativa breve scritta dall’autrice negli scorsi anni a cui si aggiunge un racconto inedito, composto proprio per questa silloge alla quale dà il titolo. Gli undici racconti ci lasciano guardare le vite altrui nel tempo di un battito di ciglia, quello di una momentanea illuminazione dei personaggi, di una nostalgia che emerge, di un pezzo che fatalmente si incastra a rivelare il disegno. 

«Distesa su quella brandina, sentivo tutta la sua solitudine. La sua disperazione. L’incapacità di mollare mia madre, di mollare i suoi figli, la scelta di un rifugio ridicolo. Forse per quello aveva optato per un posto a caso. Se avesse provato a trovarci un senso, non avrebbe retto».

La vita è breve, eccetera di Veronica Raimo: la trama del libro

La vita è breve, eccetera è una galleria di personaggi femminili che rimangono impressi una volta chiuso il libro: ragazze e donne impegnate nel grande gioco della vita, dell’amore, del sesso, del lavoro, senza risparmiarsi ma lasciando in un angolo dell’anima uno sgabello da cui guardare a distanza di sicurezza, per non essere del tutto vulnerabili, per non gettare insieme alla spugna anche l’arma dell’ironia che, nel disastro, le può salvare. Sono donne lucide che guardano a viso aperto il dolore, la fine delle cose, la menzogna, ma non rinunciano a volersi sentire vive, a provarci ancora una volta. Donne che si prendono la responsabilità delle proprie emozioni e azioni, con braccia aperte verso il mondo al quale non sanno, per fortuna, rinunciare. 

«Cerco di guardare di sotto il casino che ho combinato, ma il lampione è troppo lontano, e non vedo niente. Lo squarcio verde si è richiuso e la musica si è placata. Ecco cosa significa credere in qualcosa, non volere mai le prove». 

La mail di un’artista americana settantenne

Il titolo della raccolta, e quello di un racconto, è la frase che un’artista, conosciuta in un’estate di anni prima, scrive in calce a una mail inviata alla protagonista del racconto. «La vita è breve, eccetera». Nello spazio di quell’ultima parola, con cui la protagonista riassume la riflessione della presunta mentore, si apre la negazione della banalità appena scritta (e mille volte detta da tutti noi) e il senso dell’intera raccolta: saltiamo le ovvietà e pensiamo a vivere al meglio, con le ammaccature, i passi falsi, i coadiuvanti per l’umore. E a questo vorremmo dedicare le righe che restano del paragrafo: l’intelligenza italiana è affetta da un cinismo che inquieta. Da un’impermeabilità a qualsivoglia emozione e per non cadere nel rischio del retorico, del mellifluo. Si tiene a distanza chiunque creda in qualcosa o la cosa stessa che è creduta, a meno che non sia riempirsi di alcol per poi ammetterlo ma come in preda a una finta vergogna. Ecco, Raimo questo non lo fa. Le sue protagoniste sono instabili, insicure, cervellotiche, tendenti all’alcol (come nel racconto  Nice person, che è proprio il nome di un cocktail) ma hanno ancora un palpito, un desiderio di felicità, una bontà nascosta in fondo a tutto, perché il mondo non ne faccia facilmente scempio, che ce ne fa innamorare all’istante.

La scrittura di Veronica Raimo in La vita è breve, eccetera

«La sera mi ha portato a cena fuori Giosi. Doveva festeggiare la vendita di un quadro, il che mi ha spinto a chiedermi se le corvée alla signora Perillo cominciassero a sortire effetti benefici anche su chi mi stava intorno. Il quadro, in teoria, sarebbe stato un mio ritratto sennonché Giosi l’aveva cominciato prima che ci mettessimo insieme, quindi la forma della testa, il collo e le clavicole appartengono alla sua ex ragazza, mentre dal seno in giù, più il riempimento della faccia con delle pennellate astratte, dovrei essere io». 

Veronica Raimo, dirompente e divertente come sa essere lei, racconta con ironia un campionario di umanità e le sue dinamiche che, per contrasto con la leggerezza del tono, risultano ancora più bizzarre, più dure. Il registro è colloquiale, privo di ricercatezze che risulterebbero fuori luogo, ed è la traduzione formale del realismo che contraddistingue tutte le protagoniste che sono al centro delle narrazioni. Anche nelle situazioni più improbabili, loro prendono atto della realtà e da lì si muovono con lucidità, con pragmatismo, riuscendo ad approdare fino al poetico. 

«Il tuo ciondolo che oscillava come un pendolo. Il trucco era svanito, ma avevo ancora qualcosa nella pelle che la rendeva di un chiarore fotogenico. Mi piaceva guardarmi, mentre ti sentivo lì, così tanto vicino a me. Ho avvertito una pressione sulla testa, una forza invisibile e dolce, ho immaginato che fosse la tua mano ad accompagnare il movimento. Mi prendevo cura dell’amore, e tu mi aiutavi».

 

A cura di Sara Benedetti

Blam

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