La felicità del lupo di Paolo Cognetti, scrittore della montagna e delle relazioni umane. Recensione libro

 La felicità del lupo di Paolo Cognetti, scrittore della montagna e delle relazioni umane. Recensione libro

Se fossimo costretti a riassumere in un solo aggettivo La felicità del lupo (pubblicato da Einaudi nel 2021) forse il più adatto ci sembrerebbe “cognettiano”. L’ultima fatica dello scrittore, già vincitore del Premio Strega 2017 con Le otto montagne, sembra la summa perfetta delle due doti migliori di Paolo Cognetti: narrare le vicende umane facendole sentire vicinissime al vissuto del lettore e raccontare la montagna nella sua vera essenza, con quello stile magnetico e inconfondibile che lo hanno reso uno degli scrittori più amati della sua generazione.

La felicità del lupo di Paolo Cognetti: la trama del libro 

Fausto fugge da una lunga relazione andata in frantumi, dal fallimento della propria vita da quarantenne e dalla città, e lo fa rifugiandosi nelle montagne che frequentava da bambino, scappando a Fontana Fredda, piccolo centro arroccato sulle Alpi. Proprio qui viene accolto da Babette, un’altra scappata dalla città che ha aperto un ristorantino che accoglie montanari, sciatori e viandanti di varia natura. La cucina della locanda diventa il rifugio di Fausto, la seconda possibilità per ricominciare, grazie a un lavoro da cuoco e alle amatissime montagne che sono lì, dietro la finestra che guarda mentre cuoce la polenta.

La vera svolta però arriva insieme a Silvia, la giovane cameriera del ristorante. Lunghi capelli, aria da giramondo, anche lei fuggita in montagna in cerca di chissà cosa. In una fredda notte di montagna i due imparano a conoscersi e a darsi calore e fiducia a vicenda. Le giornate passate insieme al rifugio, fra boscaioli e gattisti delle nevi, le notti trascorse nell’appartamento di Fausto, spartano come la loro vita a ridosso delle Alpi: tutto sembra andare per il verso giusto. Ma come insegna la montagna, con i suoi colori e i suoi ritmi, ogni epoca è destinata a finire o meglio a volgere in altro. Termina infatti la stagione in cui Fontana Fredda è invasa dagli sciatori, Babette decide di partire per prendersi una pausa, lontano da quei monti che l’hanno accolta ma anche consumata, e Silvia di mettersi ancora una volta alla prova andando a fare la cameriera in uno storico rifugio sul ghiacciaio.

Fausto deve quindi trovarsi un nuovo lavoro: fare il cuoco in quota per i boscaioli che trascorrono l’estate ad abbattere gli alberi si rivelerà una scelta azzeccata. A fargli compagnia c’è Santorso, il più classico dei montanari vecchio stile, burbero e con il vizio dell’alcol, memoria storica dei monti in cui è nato e cresciuto. E nel giro di poche settimane, fra colpi di scena, partenze e ritorni, tutto sembra destinato a subire una svolta.

La montagna come coprotagonista della storia

Fra gli scrittori di nuova generazione, Paolo Cognetti si conferma il miglior cantore della montagna, erede della tradizione che in Mario Rigoni Stern ha il suo esponente più celebre. I testi di Cognetti, e La felicità del lupo non fa eccezione, raccontano la montagna come elemento vivo e fondante della storia, come richiamo a cui non si può resistere, come luogo duro ma accogliente e pieno di sorprese. I monti narrati nell’ultimo romanzo non sono entità astratte ma luoghi fisici, materici, descritti partendo dalle piccole cose: dai colori dei fiori, dalla diversità delle piante salendo di quota, dalla consistenza della neve e del ghiaccio.

Dalla cima fino alla valle, lo scrittore parla di un mondo che conosce e che ama e che si fa protagonista fondamentale delle vicende narrate. La natura, con i suoi cambiamenti e il suo evolvere continuo e inesorabile, si intreccia ai fili della trama, condiziona scelte e stati d’animo, avvicina le persone o le allontana. Grazie al contatto con gli elementi naturali al loro stato più primordiale, Cognetti lascia che i suoi personaggi svelino la loro vera essenza.

L’epifania nel rapporto fra Silvia e Fausto si ha nel momento in cui si trovano per la prima volta a scalare insieme il ghiacciaio che sovrasta il rifugio in cui lavora la ragazza. L’uomo, più esperto, guida la cordata ma va al suo passo, non riesce a tenere conto del ritmo di Silvia: Partì per la sua gara, e Silvia si ritrovò a cercare di stargli dietro. Per mezz’ora non fece che fissare la traccia nella neve azzurrognola e la corda che la legava a lui. A volte si tendeva, a volte la tirava per l’imbragatura, a volte si allentava troppo finendole tra i ramponi, e in nessun caso Fausto si voltava a controllare. Era come se, per un tacito accordo, lui dovesse pensare soltanto a correre e lei a far sì che la corda tra loro restasse tesa ma non troppo.

La perfetta armonia della natura, pur nella sua crudeltà, il suo ordine in cui ogni elemento svolge la propria parte da secoli, mette ancora più in risalto le asincronie nelle vicende dei personaggi. Ciascuno con il suo ritmo, ogni persona cerca di trovare se stessa ma deve comunque fare i conti con chi gli sta intorno. Quanto è distante la legge della natura, costruita su equilibri tanto radicati quanto fragili, da quella dell’uomo? Quanto è diverso il comportamento del lupo da quello di ciascuno di noi?

a cura di Barbara Rossi

Barbara Rossi

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