La bella confusione di Francesco Piccolo: un’autobiografia cinematografica con Fellini e Visconti. Recensione

 La bella confusione di Francesco Piccolo: un’autobiografia cinematografica con Fellini e Visconti. Recensione

La bella confusione (Einaudi, 2023) è l’ultimo libro dello scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo, finalista al premio Calvino con il romanzo d’esordio Diario di uno scrittore senza talento (1993) e vincitore nel 2014 del premio Strega con Il desiderio di essere come tutti (Einaudi, 2013). Ha firmato le sceneggiature di registi d’eccezione – Nanni Moretti e Paolo Virzì tra gli altri –, è autore televisivo e attualmente collabora con riviste e quotidiani nazionali come «la Repubblica». In quest’ultimo lavoro, Piccolo dipinge, con qualche tinta nostalgica, l’affresco di un’epoca mitica, quella della stagione d’oro del cinema italiano e dei suoi indiscussi protagonisti: Luchino Visconti e Federico Fellini.

 

La bella confusione di Francesco Piccolo: la trama del libro

«La storia di Otto e mezzo e Il Gattopardo girati contemporaneamente non mi è mai più uscita dalla testa. Ho scritto libri, sceneggiature di film e serie tv, ho fatto e progettato tante cose. Eppure, continuavo a pensare che quella storia mi interessava, e mi sembrava che mi riguardasse, anche perché pian piano ricostruivo tante piccole e grandi cose della mia vita».

La bella confusione è un «libro personale» che nasce dal legame che l’autore avverte con Fellini e Visconti, sin da quando, adolescente, guarda Otto e mezzo rimanendone affascinato e ossessionato – tanto da rivederlo tre, quattro volte alla settimana e da guadagnarsi, in casa, l’appellativo di «Felli’» –, e quando la lettura di Il Gattopardo diventa per lui un’esperienza iniziatica, che lo avvicina tanto all’autore siciliano quanto al regista che dal romanzo trasse un capolavoro cinematografico riconosciuto e omaggiato in tutto il mondo.

Mediante documenti di repertorio, stralci di articoli, interviste, lettere e telegrammi l’autore attraversa un pezzo di Storia del nostro Paese, dal ’54 al ’63, restituendone il clima politico e intellettuale. La ricostruzione è scandita e filtrata attraverso la biografia intima dei due registi e la storia della regia dei loro film, che, secondo Piccolo, segnano l’apice dopo il quale il cinema italiano si è avviato a un declino irreversibile. Mettendo in luce la genesi e i retroscena delle riprese di Otto e mezzo e Il Gattopardo, Piccolo focalizza l’attenzione anche sui rapporti personali che i due registi hanno intrattenuto con coloro che, per ragioni professionali e/o sentimentali, hanno orbitato nella loro vita. La lente dell’autore si addentra, così, nelle stanze private della Storia del cinema: le case e i salotti in cui si sono incontrati Pier Paolo Pasolini, Camilla Cederna e Suso Cecchi D’Amico; dove sono nate grandi idee e abbozzi di sceneggiature e dove si sono consolidati rapporti artistici, di stima professionale e profonda amicizia, alcuni finiti troppo presto (come quello tra Flaiano e lo stesso Fellini), altri durati una vita intera. «La distanza della memoria, la sostanza delle opere, la vita che hanno vissuto in quegli anni, i pettegolezzi e i dolori, i segreti e la vita pubblica, tutto contribuisce a creare il mito di quel tempo, di ognuno dei due e della loro rivalità».

Proprio alla rivalità fra Visconti e Fellini, definita una «guerra fredda», Piccolo fa riferimento richiamando alla memoria alcuni episodi significativi come la fatidica premiazione alla Mostra del cinema di Venezia del ’54, durante la quale si sollevò una rivolta fra viscontini e felliniani o quella volta in cui Claudia Cardinale e Burt Lancaster si presentarono al Festival di Cannes con un ghepardo al guinzaglio: una foto-ritratto divenuta emblematica.

La vita e il set

Per Piccolo la vita e il set sono due dimensioni speculari: sarebbe impossibile accedere alla biografia di Visconti e Fellini senza raccontarne i differenti approcci registici, riflesso di personalità antitetiche. Ma se è vero che per entrambi il cinema è anzitutto espressione lirica, e che nei loro film vediamo disseminate le loro ossessioni, memorie, gioie e drammi, sarà difficile non riconoscere nei due registi-rivali un analogo modo di vivere il rapporto con l’arte, che non è se non autobiografia: «[Visconti e Fellini] stanno costruendo la loro opera autobiografica più potente, e poi non smetteranno più di fare cinema in questo modo personale. Visconti cercando sempre le radici, e quindi smettendo di guardare in avanti, ma guardando indietro; Fellini dando corpo a ogni sua espressione interiore e anche inconscia, anche in film tratti da opere altrui».

La capacità di Piccolo è quella di scavare a fondo nelle personalità dei due maestri del cinema, intercettandone luci e ombre, ed evidenziare quanto entrambi vivessero all’interno delle loro opere, in una straordinaria operazione di identificazione con i protagonisti dei loro film: il principe di Salina per Visconti e Guido per Fellini. Non è un caso che Burt Lancaster, per immedesimarsi nel suo personaggio, osservasse e studiasse Visconti nella vita reale.

Le grandi imprese artistiche sono quasi sempre il frutto di un lavoro collettivo o l’esito delle influenze e degli incontri, reali o fittizi, che facciamo nel corso delle nostre vite. Nel caso di Piccolo, l’incontro con la cinematografia di Fellini e Visconti ha rappresentato un sottotesto decisivo per la sua crescita personale, e per la sua carriera di scrittore e sceneggiatore. «Otto e mezzo è il film della mia vita proprio perché mi svela la mia ostinata volontà di star bene; […] ho capito perché da ragazzo mi sono aggrappato a Otto e mezzo e l’ho tenuto stretto per non perderlo mai più».

Nel raccontare la genesi di questo romanzo l’autore riconosce quanto essa sia debitrice anche della lettura, durante i mesi della pandemia di COVID-19, di La famiglia Manzoni di Natalia Ginzburg: «[…] ho capito che dovevo accogliere l’idea di scrivere un libro su Fellini e Visconti, intendevo che il libro di Natalia Ginzburg mi ha suggerito qualcosa; e se un’opera ti sta suggerendo qualcosa, devi seguirla».

In La bella confusione, Francesco Piccolo ha raccolto i suggerimenti dei suoi maestri e ha raccontato la storia della loro vita e del loro cinema, per raccontare, in fondo, la sua autobiografia artistica.

La scrittura di Francesco Piccolo in La bella confusione

La scrittura di Piccolo è dinamica, coinvolgente, incalzante. Nel corso della lettura, si ha la sensazione di spostarsi di set in set, di scena in scena, un po’ come Claudia Cardinale che, durante le riprese contemporanee di Otto e mezzo e Il Gattopardo, faceva la spola tra Roma e la Sicilia. L’autore alterna momenti del presente e del passato, episodi pubblici e privati, un film a un altro, con la maestria di chi sa irretire il lettore in una trama di storie che dialogano fra loro e fanno rivivere un’epoca in cui il cinema era arte, vita e destino.

 

A cura di Clara Frasca

Blam

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