Il premio Nobel per la Letteratura J.M. Coetzee torna in libreria con un nuovo libro: Il Polacco

 Il premio Nobel per la Letteratura J.M. Coetzee torna in libreria con un nuovo libro: Il Polacco

Vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 2003 e insignito per ben due volte del prestigioso Booker Price – per citare solo alcuni dei suoi riconoscimenti letterari –, J.M. Coetzee torna in libreria con Il Polacco (Einaudi, 2023), un romanzo introspettivo in cui un celebre pianista di origini polacche, nei panni di un «oscuro seguace di Dante», rivela il proprio amore impetuoso e totalizzante a una Beatrice dei nostri tempi (non è un caso che il nome dell’amata sia proprio Beatriz). Una passione che lei non è in grado né di comprendere né di ricambiare, ma che la condurrà passo dopo passo sulle tracce del misterioso musicista straniero.

 

Il Polacco di J.M. Coetzee: la trama del libro

Barcellona, 2015. Un pianista settantenne polacco, dal nome tanto «memorabile» quanto impronunciabile – perché pieno di w e z –, rinomato per le sue interpretazioni di Chopin, viene invitato a Barcellona per tenere un concerto presso il circolo musicale del Barri Gòtic. Ad accoglierlo è Beatriz, una giovane donna sposata, socia e membro attivo del comitato organizzatore. A lei è affidato il compito di accompagnare e intrattenere l’ospite straniero per tutta la serata, fino alla cena che seguirà il concerto.

La sua prima impressione del Polacco? Un uomo mastodontico, alto e grosso, con la capigliatura di un bianco acceso, occhi azzurri slavati e mani che danzano con la stessa delicatezza di quelle femminili. La sua interpretazione di Chopin però la lascia delusa: troppo fredda, razionale, poco sognante. Qualcosa nell’esecuzione non l’ha né convinta né trasportata e la serata termina, almeno per lei, con una solo certezza: non rivedersi mai più. Pochi mesi dopo, però, il Polacco comunica a Beatriz che avrebbe presto fatto ritorno in Spagna, a Girona, per nessun’altra ragione se non per lei.

«All’angelo che si è preso cura di me a Barcellona […]. L’unica cosa che posso dire è che da quando ti ho incontrata la mia memoria è piena di te, dell’immagine di te […]. Mi sono detto: devo trovarla, lei è il mio destino». Parole folli per Beatriz, donna pragmatica e realista. E poi lui è un uomo troppo vecchio, uno «scheletro vivente» le sembra: un assortimento impossibile. Ma, nonostante le perplessità e le ritrosie iniziali, alla fine Beatriz accetta l’invito a Girona. E dopo ancora a Sóller e via così fino al viaggio a Varsavia, in occasione della morte di lui e dopo aver scoperto di essere stata designata come destinataria della sua eredità poetica: un manoscritto di 84 poesie in polacco a lei dedicate. Che farne? Bruciarle ed eliminarlo per sempre dalla sua vita?, o farle tradurre, e far rivivere ancora quell’uomo nei suoi pensieri?

L’amore o quasi

«Apparteniamo a mondi diversi, a regni diversi. Tu appartieni a un mondo col tuo Dante e la tua Beatrice, io a un altro, che sono abituata a chiamare il mondo reale».

Coetzee ci porta in una storia di sentimenti e sentimentalismo, scandita da un senso romantico del tempo. Non è difficile riconoscere nei protagonisti la trasfigurazione di Dante e Beatrice della letteratura nostrana, o ancora di Chopin e George Sand, spesso rievocati nel racconto. Qui l’amore del Polacco, il cui vero nome è Witold Walczykiewicz, ha un’origine crepuscolare ed è proprio la vecchiaia – il tempo in cui nulla più si ha da perdere – a garantirgli la dissennatezza della passione.

Beatriz nella sua lucida razionalità, per quanto stuzzicata dall’interesse mostrato dall’artista spigoloso e taciturno di fama internazionale, rifiuta l’idea di diventare il suo oggetto d’arte, di essergli musa «estetizzata e congelata in versi. Il linguaggio musicale e poetico che Witold adotta per sedurla viene da lei accolto con scetticismo e il pizzico di compassione di chi davanti a sé vede solo il pallido riflesso di un’arte priva di vitalità e ardore reali».

La scrittura di J. M. Coetzee in Il Polacco

Un romanzo delicato e scandito per frammenti, quello di Coetzee che racconta in terza persona, ma è capace di sondare gli animi dei suoi personaggi e soprattutto della protagonista femminile, traducendone pensieri, emozioni, dubbi, sentimenti, desideri e sensi di colpa. Anche la figura di Witold, con i suoi tormenti e le sue ossessioni, emerge in tutta la sua plasticità, corporeità e complessità emotiva. Non c’è spazio per descrizioni, digressioni né per fronzoli letterari, qui si punta dritto ai contrasti: la gioventù e la senescenza, la prudenza e l’ardore. L’ironia di Coetzee, che colloca sentimenti arcinoti in luoghi e personaggi in cui non ci aspetteremmo di trovarli, fa il resto.

 

A cura di Clara Frasca

 

 

 

 

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *