Persepolis di Marjane Satrapi: in un graphic novel l’Iran che avevamo dimenticato

 Persepolis di Marjane Satrapi: in un graphic novel l’Iran che avevamo dimenticato

Lo sforzo di comprendere alcuni eventi storici può essere minore quando immaginiamo che tali episodi siano stati consegnati al passato, già scritti sui libri, analizzati e persino accettati. Ma la Storia può essere amaramente beffarda, e riproporci scene identiche a quelle rappresentate in un fumetto uscito per la prima volta più di vent’anni fa. Leggere Persepolis (Rizzoli Lizard, 2007) di Marjane Satrapi con le proteste delle donne iraniane di queste ultime settimane davanti agli occhi può farci stare scomodi, ma anche sfidarci a guardare in maniera più attenta.

 

Persepolis di Marjane Satrapi: di cosa parla il graphic novel?

La piccola Marjane, protagonista e voce autobiografica dell’autrice in Persepolis, racconta ai lettori due storie: la propria e quella del Paese in cui è nata, l’Iran degli anni Ottanta. Cresciuta in una famiglia progressista, Marjane è ribelle, arrabbiata e sempre in cerca di risposte che chiede ai libri e, soprattutto da bambina, a Dio. Affascinata dalle nobili e antiche radici della cultura iraniana, è orgogliosa sostenitrice della patria ma anche instancabile contestatrice del regime teocratico instauratosi dopo la rivoluzione del 1979 e la deposizione dello scià. I genitori, preoccupati dal contesto fortemente repressivo in cui la figlia è costretta a crescere e formarsi – e divenuto ancora più pericoloso dopo lo scoppio del conflitto con l’Iraq –, decidono di allontanarla dal Paese mandandola a studiare in Europa, a Vienna.

Da qui in avanti la narrazione registrerà l’attrito che Marjane avverte quando, nella sua esperienza, due visioni del mondo, quella iraniana e quella occidentale, confliggono: l’incapacità di ricavarne una sintesi personale solida renderà la protagonista vittima – ma qualche volta anche portatrice – di pesanti pregiudizi e di incomprensione.

Quando la sua prima relazione duratura termina bruscamente, Marjane infine precipita. Stanca e insieme incapace di nascondere le proprie radici nel tentativo di essere capita e accettata, si arrende e decide di tornare in Iran, a cercare conforto nella sua famiglia. I quattro anni passati in Austria l’hanno però cambiata comunque: tornare è ormai difficile quanto andare via.

«Ero un’occidentale in Iran, un’iraniana in Occidente. Non possedevo alcuna identità. Non sapevo neppure per cosa vivere».

 

Il messaggio di Persepolis

Persepolis è certamente il racconto dell’oppressione di un regime e dei conseguenti tentativi del popolo vessato di conservare la propria identità – con un disco, con un poster, con un filo di trucco o con la lotta cui solo la pena di morte può porre fine –, anche quando sembra essere giunto di fronte all’annientamento definitivo di ogni opposizione.

Emerge chiarissimo però anche il bisogno dell’autrice di testimoniare l’ostinata ricerca di una identità che non può ridursi soltanto agli ideali politici, né al genere e neppure alla cultura di provenienza. È proprio in tale prospettiva che l’incapacità della cultura occidentale di risolvere in sé ogni contraddizione indica l’urgenza di uno sforzo più complesso.

 

La storia illustrata

Il graphic novel di Satrapi accoglie le vicende di moltissimi personaggi minori che si muovono intorno alla famiglia di Marjane, sviluppate efficacemente in poche pagine ma sempre funzionali alla narrazione principale. A queste, e non in misura minore rispetto al racconto della protagonista, è delegato il compito di delineare sullo sfondo la società iraniana del tempo.

Il bianco e nero e l’essenzialità del tratto delle illustrazioni accompagnano con coerenza il linguaggio schietto dell’autrice, interpretando con espressività le fantasie riottose della piccola Marjane come le paure, la ricerca e le lotte della Marjane adulta.

L’autrice ha dichiarato di aver scritto Persepolis perché era arrabbiata: e infatti la rabbia nelle sue pagine si sente, seppure restituita con un tono più ironico che aggressivo. È, infine, la narrazione scontrosa e amorevole di un Paese che ancora oggi rifiuta semplificazioni. Anche quelle determinate da un velo.

 

A cura di Chiara Marino

 

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Chiara Marino

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