Luna park: un racconto di Alice Cervia

 Luna park: un racconto di Alice Cervia

Illustrazione di Emanuela Carnevale @brodinodigitale

Nessuno si aspettava che tornassero le giostre.

L’estate precedente erano arrivati soltanto un tirassegno scalcinato e la macchina dello zucchero filato. Due giostrai dall’aria sfinita avevano annunciato che il Luna Park non avrebbe fatto di nuovo visita alla Città. Loro ormai erano stanchi, i figli facevano altri lavori, più sicuri e redditizi. Quell’anno sarebbe stato l’ultimo.

A giugno dell’anno seguente invece, l’ex area industriale alla periferia della Città era tornata a popolarsi di luci. Molte più di prima.

Montagne russe di cui non si scorgeva la cima, caroselli dai colori sgargianti, banchi di dolciumi di ogni tipo e giocolieri, trampolieri, mimi che si aggiravano fra i pochi visitatori incuriositi. Una piccola banda di soli fiati si esibiva tre volte per sera, girando tra le varie attrazioni.

In pochi giorni i visitatori raddoppiarono, triplicarono. Ma nessuno saliva sulle giostre. Nessuno acquistava lo zucchero filato. Nessuno si avventurava sulle montagne russe più alte che si fossero mai viste.

Tutti si mettevano in fila di fronte alla tenda della cartomante.

Si entrava da soli, si usciva dal retro. La maggior parte tornava il giorno dopo, e quello dopo ancora. Con sé portavano gli amici, gli amanti, i genitori, i figli, anche se poi nessuno parlava di quello che aveva scoperto, ascoltato, del futuro che aveva intravisto.

I sogni cominciarono dopo tre o quattro giorni. Alcuni si svegliavano convinti di aver sentito squillare il telefono. Altri ricordavano chiaramente il trillo del campanello o del citofono. Qualcuno aveva udito bussare. La maggior parte però continuava a dormire e sentiva cigolare la finestra. Nel sogno si stupiva nel vederla aprirsi lentamente.

Entrava una strana nebbia, ma a guardare bene si distinguevano musi, zampe, occhi, pelo folto. Era un branco di lupi grigi.

Erano soltanto sogni e i più li ignorarono. Dopo aver aperto più volte la porta sul nulla, aver alzato una cornetta muta o osservato un branco di lupi grigi entrare dalla finestra, tornavano a dormire. Tornavano a svegliarsi per andare al lavoro. E tornavano al Luna Park per visitare la tenda della cartomante.

Almeno all’inizio. Poi cominciò la stanchezza. Cupa, pesante. Svegliarsi da quei sogni si faceva ogni giorno più difficile. Così in tanti smisero di andare al lavoro.

I negozi e gli uffici rimasero chiusi, così anche i ristoranti; gli autobus si fermavano a metà corsa o non lasciavano il deposito.

Soltanto il Luna Park continuava a sfavillare, l’unica meta della città, l’unica destinazione rimasta. La fila di fronte alla tenda della cartomante si allungava per chilometri e chilometri, si perdeva nelle campagne e arrivava fino alle città vicine.

Furono proprio le città vicine a lanciare l’allarme. I parenti, gli amici, i figli, i fratelli, le mogli, i mariti, gli amanti. Tutti quelli che non riuscivano più a mettersi in contatto con chi viveva nella Città.

Alla fine andarono a vedere e li trovarono tutti. In piedi, smagriti, con gli occhi fissi nel vuoto della ex area industriale, tra uno scalcinato tirassegno e la vecchia macchina dello zucchero filato. Erano tutti lì ma sembravano da un’altra parte.

Quelli venuti da fuori, dalle altre città li chiamarono, li scossero e poi cominciarono ad avere paura. Una paura folle, una paura che cancellava la lucidità e spegneva il pensiero.

Di fronte a quei gusci vuoti che erano stati i loro cari, i loro amici, i loro amori, provavano orrore.

Allora presero la benzina, fiumi di benzina. Cosparsero il terreno dissestato, il tirassegno, la macchina dello zucchero filato e tutti quei fantasmi dagli occhi vuoti e diedero fuoco a tutto.

Per un attimo non accadde nulla. Poi si levò un fumo nero, e pian piano, quelli venuti da fuori si accorsero che in quel fumo si stavano dissolvendo. Perdevano arti che diventavano zampe, sentivano le bocche trasformarsi in fauci, fino a che una nube, o forse un branco di lupi, fu spazzata via da un soffio di vento.

Gli abitanti della città si scossero dal sogno, riaprirono gli occhi e si guardarono intorno.

Sentivano di aver scampato un grave pericolo, anche se non ricordavano quale fosse, ma del resto non avevano mai avuto paura.

La cartomante aveva predetto che si sarebbero salvati.

Alice Cervia

Blam

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