L’imbuto: un racconto di Matteo Camerini

 L’imbuto: un racconto di Matteo Camerini

Illustrazione di Alessandro Stallo

Nessuno abita sull’Orlo Esterno della Cosa e, quando si abita sull’Orlo, guardare verso il basso è una tentazione naturale. Un intero mondo di meraviglie irreperibili si spalanca all’interno dell’Imbuto e Nessuno si affaccia spesso per vedere le Altre Cose che vi cadono dentro. Ma basterebbe sporgersi qualche centimetro più in là, Nessuno lo sa per certo, per caderci dentro e abbandonare per sempre il suo amato Orlo. Riuscire a resistere a quella tentazione, allora, e accontentarsi di un equilibrio – instabile, sì, ma duraturo –, rappresenta l’estremo piacere, il massimo godimento concesso all’abitante dell’Orlo: morire sull’Orlo. Non sprofondare nell’abisso come le Altre Cose. Dal Limite ci si può affacciare per guardarle scivolare meglio, in eterno, le Piccole Cose che ormai, una volta cadute, non riconoscono più di appartenere alla Cosa. E cadono, spezzandosi e contorcendosi, per finire nell’Orrore massimo: il Buco. Resistere sull’Orlo della Cosa non è facile. È una questione di lotta e di perseveranza. Una questione di volontà e di dovere. Resistere sull’Orlo della Cosa è la Missione Suprema.

L’Imbuto è fatto così: le sue pareti esterne combaciano con la superficie del Piccolo Nulla, letteralmente vi si poggiano sopra. Il Piccolo Nulla è un nulla rugoso e imperfetto, certamente più simile al grigio della roccia che al nero abissale delle metafisiche minori. Un denso composto di ossigeno, azoto, amianto, preconcetti, concetti, uranio-torio e api siciliane in migrazione perpetua separa il Piccolo Nulla dalla parete vera e propria dell’Imbuto. L’Orlo dell’Imbuto, casa di Nessuno, è invece una strada di catrame nero, semplice ma di raffinata fattura. È larga circa tre metri e venticinque (nonostante Nessuno preferisca affermare che sia di tre metri e mezzo, per arrotondare) e lunga 3000π ettometri. Essendo l’Orlo dell’Imbuto una circonferenza, ed essendo il π una quantità indefinita, Nessuno può dire che il suo Orlo si estenda all’infinito. Per dimostrare questa affermazione ai suoi detrattori, gli scettici Altri, egli cammina lungo l’Orlo da anni, cercando di trovarne la fine, ma niente ha sinora smentito la semplice verità che la sua strada non termina mai. Certamente Nessuno è più contento degli Altri di aver scoperto questo segreto.

Bene, ora che avete una chiara nozione della conformazione geografica e topografica dell’Imbuto, è naturale che sorgano nella vostra mente altre domande, di tipo esistenziale. Insomma, c’era qualcuno insieme a Nessuno? Nessuno può essere solo sull’Orlo! E se era solo, com’è nato? Nessuno, neppure Nessuno, può nascere senza Nessun altro. Chi erano i suoi genitori? Che fa quando cammina? Cosa pensa? Ecco, voglio subito mettere in chiaro una cosa con voi: non avrete da me risposte a tali interrogativi. Per Nessuno è molto importante la propria intimità, dunque vi chiedo di non indugiare oltre su questo argomento che è da considerarsi chiuso. Piuttosto, mi stupisce molto e mi indigna di più il fatto che non vi siate interessati minimamente a cosa ci sia dentro l’Imbuto, a cosa accada quando le Altre Cose vi cadono dentro. Bene, vedo che lì in fondo qualche mano si è alzata, molto bene.

Dunque, essendo l’Imbuto un imbuto, la sua parete interna ha, come avrete intuito, la forma di un cono rovesciato, il cui interno è scivoloso e senza appigli. Se è vero, come ho detto, che Nessuno è riuscito a resistere sull’Orlo senza caderci dentro, è vero anche che Nessuno rappresenta un’eccezione. Molte Cose sono cadute nell’Imbuto nel corso del tempo. Nessuno conosce molto bene il corso del tempo e sa che cadere è il Destino. Tuttavia, non tutte le Cose cadute sono finite nel Buco. Alcune di loro hanno tentato di risalire, sono rimaste delle Quasi-Cose. Si sono aggrappate con le unghie alla superficie dell’Imbuto e hanno costruito, lentamente, dei Quasi-Bordi, dei terrazzamenti. Col tempo qualcuna ha persino tentato di forare la Parete e creare dei Buchi laterali. Nessuno le guarda dall’alto e le osserva. Le invidia, perché hanno conosciuto l’Imbuto, ma le disprezza anche, perché non sono state capaci di resistere sull’Orlo.

Sono passati migliaia di anni, si stima, da quando le Quasi-Cose hanno iniziato a cadere. Ora, tutto un altro scenario si manifesta dentro l’Imbuto quando Nessuno si affaccia sporgendosi con tutto il capo. Ma la visuale non sempre è ottimale, spesso c’è nebbia che sale dal Buco. Nessuno sente voci incomprensibili. Nessuno è curioso. Un giorno di nebbia fitta fitta come spuma, Nessuno cede. Nessuno accetta il rischio del Buco e decide di scendere, per quel principio, oramai banale, secondo cui le grandi decisioni non si prendono ma avvengono. Un primo passo oltre l’Orlo, un secondo, ed ecco che tornare indietro diventa impossibile. Nessuno, ora, cammina nell’abisso.

Al primo terrazzamento, molte luci, lucine, insegne luminose. Quasi-Cose vendono cose. Nessuno passa inosservato tra i vestiti colorati delle Quasi-Cose. Si sente a disagio, va oltre, salutando con un cenno della mano. Mentre saluta si guarda la mano, non è più una vera e propria mano, è una Quasi-Mano. Non ha perso in consistenza, oh no, sarebbe un grave errore credere che quel «quasi» indichi trasparenza. Non ha neppure cambiato forma o dimensione. Però, questo è certo, la mano di Nessuno è meno mano di prima. Sull’Orlo la mano serviva a fare Cose, ora serve a fare altro, saluta, viene guardata, è simbolica. Quando Nessuno era solo, la sua mano era più vera. Nessuno si rimette la Quasi-Mano nella Quasi-Tasca e continua a scendere. Al secondo terrazzamento molte Quasi-Case. Non case vere e proprie, perché non ci abita Nessuno. Ci vivono le Quasi-Cose, che le abitano per qualche tempo e poi vanno via. L’Orlo era una casa, perché aveva una stabilità, era infinito. Le Quasi-Case sono temporanee, hanno nomi, sono visitate. Nessuno va via subito, e cade un po’ più giù. Terzo terrazzamento: Quasi-Bar. Quarto terrazzamento: Quasi-Stazioni, Quasi-Teatro, Quasi-Librerie. Quinto terrazzamento, più desolato: Quasi-Innamorati, Quasi-Vecchi, Quasi-Gatti. Sesto e settimo terrazzamento, più in basso ancora: Quasi-Notte, Quasi-Grotte, Quasi-Parcheggio sopra una Quasi-Chiesa. Ora, io non sono Nessuno per dirlo, però sembra proprio che a questo punto Nessuno sia sconvolto da quello che vede. Nessuno vuole risalire, tornare sull’Orlo. Nessuno è schifato. Nessuno sapeva che poteva essere una pessima idea abbandonare l’Orlo. Nessuno incolpa le Quasi-Cose, sa che per salvarsi è necessario fare cose orribili, ma vedendo tutto ciò Nessuno pensa che a volte, forse, è preferibile il Buco a un Quasi-Buco.

«Meglio Cosa che Quasi-Cosa» pensa l’ormai Quasi-Nessuno gettandosi oltre la soglia dell’ultimo terrazzamento. Vede il buio del Buco. Ci sprofonda. Nessuno pensa che, in fondo, il Buco è quasi bello. Prima di sparire guarda in alto, si vedono le stelle.

 

Bene, la prima lezione sull’Imbuto è finita. Questa era la storia di Nessuno, l’ultimo Martire dell’Orlo, missionario del Buco. Nessuno, profeta in patria. Gli scettici Altri hanno tramandato la sua storia nel corso dei secoli, prima come sfottò, poi come leggenda. Oggi io la racconto a voi, figli di Nessuno, abitatori dell’Orlo, affinché possiate capire il vostro Destino e la Necessità del Muro che è stato costruito sull’Orlo per impedirvi di essere tentati dall’Imbuto. Benvenuti su Nuovo Orlo. Ora siete liberi, ci vediamo domani con la seconda lezione… Ehi tu! Dove vai? Ho detto che è vietato scavalcare il Muro! Torna qui!

Matteo Camerini

Blam

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