Il racconto della domenica: Tua madre è una sirena di Paolo Dal Canto

 Il racconto della domenica: Tua madre è una sirena di Paolo Dal Canto

Illustrazione di Viola Vetteruti

Tua madre è una sirena.

Fatico a crederci, ma te lo assicuro: è una sirena.

Abbiamo attraversato il deserto a piedi, io e tua madre, ci siamo aggrappati a carovane, gruppi di profughi, famiglie di disperati.

Come pensare che fosse una sirena?

Le sirene i piedi non li hanno.

Le sirene nel deserto muoiono.

Le sirene hanno pelle chiara e capelli biondi.

Ma poi è successo: eravamo in mezzo al mare, alle onde alte, e il barcone lasciava che quel mare entrasse.

Hanno buttato a mare i pesi

e le cose

e poi

e poi hanno cominciato a buttare i bambini.

Eri nato da poco, sulla riva, aspettando Caronte, la sabbia del deserto appiccicata ai piedi.

I piedi.

Le sirene non hanno piedi.

Che peso può avere un bambino così minuscolo?

Ti hanno tolto dalle mani di tua madre e ti hanno gettato come un piccolo sasso.

Splash!, hai fatto. E io non ho fatto niente. Ci tenevano fermi, i fucili puntati.

Poi un altro splash, forte, profondo, cupo.

Un attimo.

Tua madre sul parapetto, sospesa a mezz’aria, uno splash fra le onde.

Dove vai? Cosa fai, ché è la prima volta che vedi il mare?

Ho visto lo sguardo sparire. L’ho guardata mentre il mare la trascinava nel profondo e mentre la mia vita, il mio mondo, se li inghiottiva il mare, non ho fatto niente.

Ma tua madre è una sirena.

Buttavano i sassi fra pianto di madri e silenzio di padri.

Ho visto un’ombra nell’acqua, l’ho vista ritornare, salire veloce, verso la superficie.

Ho riconosciuto lo sguardo. Fra le mani, il suo piccolo sasso.

Me lo ha dato con delicatezza, lo ha appoggiato fra le mie mani. Mi ha sorriso. Ho cercato di afferrarla, ma si è lasciata andare e l’ho vista scivolare nell’acqua, e mentre si abbandonava alle onde, ho cercato di prenderla per i piedi.

Ma le sirene non hanno piedi, le sirene non sono tutte pelle chiara e capelli biondi.

Ho stretto il sasso fra le mie mani, l’ho sentito muoversi, ho sentito il cuore battere contro le mie dita.

Ho guardato fra le sue fessure e ho riconosciuto i tuoi lineamenti.

Ti ho fatto scivolare nella mia tasca.

Quando siamo arrivati a terra, ancora ti stringevo nella mano. Sentivo il tuo cuore.

Ti ho tirato fuori dalla tasca e, adagiato fra le mie mani, sei come fiorito, ti sei aperto ai raggi del sole e subito ho abbracciato il tuo sorriso.

Ho guardato i tuoi piccoli piedi,

i piedi,

le sirene non hanno piedi.

Ora che siamo qua, su questa spiaggia straniera. Trascorriamo le notti qui, chiusi a chiave in un centro di accoglienza, come delinquenti, ladri, bestie.

La sabbia appiccicata ai piedi ha un colore diverso da quella del deserto.

Tutti i giorni ti porto qui a contare i sassi.

Ogni mattina ne troviamo qualcuno in più.

Li porta tua madre.

Sono quelli gettati nel mare, che affondano fra le onde, intrappolati nelle stive.

Lei li porta nella speranza che le madri e i padri li possano riconoscere, stringere e carezzare, e riportare in vita come ho fatto io con te.

Cerco le sue impronte,

ma le sirene non hanno piedi.

Cerco segni del suo passaggio,

ma non trovo niente.

Mi resta il sorriso fra le onde

e i sassi,

che ogni notte

ci porta dal mare.

Paolo Del Canto

 

Blam

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