Il racconto del mercoledì: Un minuto puntato alla tempia di Daniele Israelachvili

 Il racconto del mercoledì: Un minuto puntato alla tempia di Daniele Israelachvili

Illustrazione di Francesca Galli

E tu chi sei?

Ehm, io sono…

Oddio, ha pure la valigia. Non dirmi che sei un altro ragazzo appena arrivato dal suo paesello e…

Sì, effettivamente…

Non interrompermi! Non penserai che solo perché hai vissuto in campagna, e magari quando eri piccolo hai cucinato ogni sera per i tuoi cento fratelli, tu possa venire qua a chiedermi un lavoro? A me! In questo ristorante! Lo sai chi ho mandato via ieri sera perché non aveva prenotato? Lo hanno anche detto in televisione. Fa no con la testa, che dolce. Ma perché non parli?

Veramente mi ha detto di non interromp…

Allora dimmi un po’, visto che come tutti i ragazzini di oggi sicuramente pensi di sapere già tutto, qual è secondo te tra i cinque sensi il più importante a tavola?

Il gusto?

Scontato. Riprova.

La vista?

Acqua.

Non saprei. Il tatto?

Dio mio ragazzo, sei un caso disperato.

L’olfatto, allora!

È l’udito, villico! Sono le storie. La gente che viene in questo ristorante non vuole solamente mangiare piatti prelibati. Te l’hanno mai letta una storia? La conoscerai almeno quella di Hansel e Gretel. Ecco, una storia è quella cosa che trasforma una buonissima torta di marzapane in un’enorme casa colorata fatta di torrone e cioccolato, piena di caramelle sulle pareti e sul tetto, dove vive una strega che attira i bambini per mangiarseli.

Facciamo così, ti do un minuto per raccontarmi una storia che catturi la mia attenzione e che mi dia un buon motivo per metterti alla prova. Inventala, fa’ quello che credi, ma fallo ora.

Ma non so da dove comincia…

59 secondi, 58, 57…

Ok, ho capito, ho capito. Allora… le racconto la storia di una ragazza madre che ha trascorso la sua vita a pulire le stanze di un albergo per poter crescere suo figlio, visto che il padre era morto ancora prima che il bimbo nascesse. Con il passare degli anni la madre per gioco prese l’abitudine di portare dei cioccolatini al figlio, quelli che negli alberghi di lusso un tempo mettevano sui cuscini, ma che, come aveva ben presto imparato lei stessa, nessuno mangiava mai. Il bimbo andava matto per la cioccolata e visto che non aveva tanti giochi, e ancora meno amici, trascorreva le sue giornate in cucina provando varie combinazioni, che divennero sempre più strane: cioccolato e pomodori, cioccolato e pancetta, cioccolato ed erba… Poi, crescendo, il figlio andò a lavorare in un’osteria, per guadagnare qualcosa e dare così una mano a sua madre. Il proprietario non aveva figli e cominciò ad affezionarsi a questo ragazzo così taciturno e a insegnargli il mestiere, ma più gli anni passavano e più non riusciva a smettere di pensare al suo vero padre. Una sera prese coraggio e, quando sua madre rincasò, le chiese di lui, di quell’uomo di cui non gli aveva mai raccontato niente. Quella volta lei non riuscì più a mentirgli e, in lacrime, lo supplicò di perdonarla, dicendo che l’aveva fatto solo per proteggerlo e che suo padre in realtà non era morto.

Ehm… mi sa che il minuto è finito.

Entra.

Daniele Israelachvili

Blam

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