Il racconto del mercoledì: Il mostro non se ne va di Samantha Mammarella

 Il racconto del mercoledì: Il mostro non se ne va di Samantha Mammarella

Illustrazione di Verónica Salazar

Di notte una voce mi rimbalza nel cervello come le palline di gomma che escono dalle buste delle sorprese e vanno dove dicono loro.

Gli rispondo che non voglio, che stavolta non lo farò. Ma il mostro non se ne va, mi respira addosso, lo vedo saltellare accanto al letto. Allora abbasso la testa e ubbidisco. Eseguo gli ordini alla perfezione: i suoi e quelli di nessun altro.

La gente crede che sia matto. Mamma invece dice che ho una sensibilità superiore a tutti gli altri cristiani, che le persone come me sono capaci di sentire le emozioni dieci volte più forte del normale. «Non sei sbagliato, nessuno di noi lo è» poi mi bacia la fronte, anche se non sono più un bambino.

L’infermiere è appena passato per il controllo notturno. Vuole vedere se questa notte farò il bravo. Ma io sono calmo perché la voce del mostro ora non la sento.

Quando sono venuti a prendermi a casa con l’ambulanza non mi sono opposto. Il mostro mi aveva chiesto di stare buono e i suoi ordini io li eseguo alla perfezione. Quando mi impone di tagliarmi non voglio, ma lo faccio lo stesso perché non oso disobbedirgli.

Sono le tre quando l’infermiere si precipita nella stanza. La tenda è schizzata di sangue. Ho spaccato la finestra con un calcio e ho preso a spingere il triangolo appuntito di vetro sotto la pelle. È stato il mostro a ordinarmelo. Fa male abbastanza da sopportarlo.

«Che cazzo fai, fermati!» di quello che mi dice l’infermiere non m’importa.

Riapro gli occhi, non so quante ore siano passate. Ho i polsi legati alle sbarre del letto con due strisce di stoffa e i tagli ricoperti dalle garze. Accanto al letto c’è lei. È in silenzio, mi guarda con gli occhi tutti arrossati.

«Non preoccuparti, ora sto bene.»

Mamma tira su col naso. «Resto tutta la notte qui con te» dice, poi mi bacia la fronte.

Io prendo a singhiozzare.

Lei si alza. La sedia raschia il pavimento, poi cade all’indietro. «Sta’ tranquillo, tesoro.»

Allora recupero la calma e obbedisco, perché a eseguire gli ordini del mostro io sono un maestro.

Mamma raccoglie la sedia, tiene le labbra contratte in una piega nervosa.

«Sarò bravo» prometto.

Lei mi crede, mi crede sempre, così accetta di slegarmi i polsi.

Aspetterò che si addormenti, non voglio che senta dolore. Il mostro non se ne va, freme per uscire. L’è entrato dentro e lei nemmeno se n’è accorta.

Samantha Mammarella

Il grido: illustrazione di Gianni Denaro
Il grido: illustrazione di Gianni Denaro

 

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *