Il racconto del mercoledì: Dopo la morte di Prometeo di Alessandro Pestarino

 Il racconto del mercoledì: Dopo la morte di Prometeo di Alessandro Pestarino

Illustrazione di Cecilia Arata

Un grigio venerdì di novembre, sul sagrato, i corpi da chiodo di congiunti e amici si disperdono svanendo nelle viuzze. Vedo un tavolino in un dehors e mi ci fiondo. Ordino un caffè.

D’un tratto compare lei, camminata a mitraglia sui sampietrini. Sparisce nella chiesa e ne esce in un attimo. Viene verso di me guardando altrove.

«Ho dimenticato la sciarpa.» Si è già seduta e controlla la situazione. Adesso farà quello che ha fatto fino a otto anni fa. «Per me niente.» Il cameriere mi ha riconosciuto ma, sentendo la sua voce, ha capito che è meglio rinunciare all’autografo. «Non credevo saresti venuto» mi incalza da dietro gli occhialoni scuri da mosca. Rimango in silenzio a fissare il carro funebre che scivola via lentamente. «Potresti metterlo in un tuo libro. Come finale. Però, ascolta: non scrivere che sei venuto al funerale. Di’ che hai guardato da fuori, seduto qui magari. Gli darà un tocco decadente che piace sempre.»

Anche per fuggire ci vuole coraggio, e adesso sento di non averne. Ho sempre odiato i santi e gli eroi, e la mia famiglia mi ha detestato per questo. Volevano che fossi uno di loro. Che sacrificassi tutto per Leonardo; che mi riducessi a un’ombra di una persona per stare accanto a qualcuno che non aveva nessuna colpa ma era comunque spacciato. Io non l’ho fatto, e lui è morto perché quello era l’ordine delle cose. Si è decomposto in un ambiente sterile, un lavoro preciso che la morte ha svolto in comodità. Ormai sono andato oltre il concetto di giusto e sbagliato.

Mia sorella è salita sulla pira e sta bruciando ancora. Brucerà per sempre. I suoi occhi adesso mi fissano schermati, due tizzoni che vogliono ferire. Leonardo era venuto per caso, vent’anni fa, a salvare il rapporto di una famiglia tenuta assieme dalla paura dell’ignoto.

Lei sta ancora parlando, e io non so se sbottare o nascondermi a frignare sotto al tavolino. Certo che gli volevo bene! Ma distruggermi la vita non lo avrebbe guarito. Chi si è inventato che l’amore può salvare il mondo ha detto la più grande stronzata di sempre.

Lei esige da me soltanto una cosa: un sacrificio inutile da offrire in olocausto a quella povera anima che non ha mai chiesto nulla. Pensa che la morte cambi qualcosa.

Mi alzo così deciso che quasi rovescio il tavolino. «Anna, la gente muore e basta.»

Alessandro Pestarino

Blam

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