Il racconto del mercoledì: Bloccato di Louis Miogati

 Il racconto del mercoledì: Bloccato di Louis Miogati

[UN]block – Illustrazione di Juliana Duque

Trovarono la zattera che si era costruito per fuggire. La vela era stata realizzata cucendo decine di foglie di banano e lo scafo, saldissimo, era formato da tronchi di palma fissati l’un l’altro con corde di liane. Una rudimentale imbarcazione fabbricata con sangue e sudore durante i solitari anni sull’isola deserta. Con una certa ostinazione galleggiava sulla riva, pronta a salpare. Era ferma, però. Inutilizzata. Alla fine, chissà perché, non era più partito.

Dissero che probabilmente era morto di stress. Impazzito, forse. Tutto solo, per quattro anni, sul più sperduto atollo dell’oceano Pacifico. Trovarono, oltre alla zattera, il resto dei suoi manufatti. Vestiti, acciarini, dispense, un impianto di raccolta per l’acqua piovana e ogni attrezzo necessario a sopravvivere. Fu rinvenuta anche quella che doveva essere stata la sua dimora notturna. Una grotta asciutta abbastanza da servire da camera da letto e da studio. Malgrado la situazione disperata, infatti, non aveva smesso un solo giorno di scrivere e ogni angolo della grotta conteneva appunti, riflessioni, poesie e perfino un breve saggio sulla composizione argillosa delle coste sub-tropicali. Graffiate a fatica, sasso contro roccia, in una quotidiana invidiabile prosa, stava la sua opera omnia datata e indicizzata.

Nei graffiti della grotta gli investigatori cercarono soprattutto un qualche indizio per risalire al motivo per cui, malgrado la zattera terminata e pronta a navigare, non fosse più partito dall’isola. Paura dell’ultimo minuto? Vento sfavorevole? Salute precaria? Molte spiegazioni erano possibili, ma nessuna confermata.

L’ultima pagina di grotta era insolita. Non era scritta, come il resto, di getto. Le parole erano state pesate e ripassate e ogni virgola era stata ponderata. Mia cara, iniziava. Ma era cancellato. Cara, proseguiva allora. Cancellato. Amore mio. Mio amore. Una riga era stata tracciata su entrambi. Cuore mio, Mia adorata, Anima mia. Cassati senza pietà. Mia cara, diceva alla fine ritornando alla prima scelta. Continuava così per pareti e pareti – era una grotta sterminata – fatte di parole e ripensamenti e poi nuovamente di parole. A differenza delle iscrizioni passate, decise e originali, quest’ultima opera era incerta e poco convincente. Scontata, commerciale. Già vista, già letta, già scritta. M’accadesse, vita mia, qualcosa durante la traversata. E una riga gigantesca in mezzo. C’era perfino qualche piccolo appunto. Così non va, patetico, cfr. ultima lettera di W. Ogni cinque righe ricominciava da capo senza mai arrivare al punto. Nessuna traccia però, conclusero gli investigatori, del perché la zattera non fosse stata utilizzata.

Lui, lo trovarono là. Proprio sotto la sua ultima opera incompiuta. Il sasso consumato in mano e le mani sulle tempie. Proprio sopra di lui, una frase non finita. Tutto attorno, l’ultima parete della grotta: bianca.

Louis Miogati

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *