Storia di chi ha nascosto segreti familiari per una vita e trova il coraggio di rivelarli
«Fai un bel respiro e ascolta» di Donata Maria Biase, pubblicato da Baldini+Castoldi, racconta la storia di Emma, orfana di entrambi i genitori persi per un incidente stradale. E se la causa della morte non fosse quella? A rivelare la verità sua nonna Ada quando sente che le manca poco per lasciare questo mondo. Qui il prologo del libro.
Io e Luca stavamo trascorrendo quella sera di dicembre del 2006 in un’atmosfera tranquilla come non mai. Si respirava un’aria di festa, di famiglia, di religiosità.
Avevamo allestito insieme un bel presepe, curato nei minimi particolari. Ogni anno lo rendevamo più bello, arricchendolo di statuine che andavamo ad acquistare nel mese di novembre da un artigiano del posto. Aniello ci accoglieva con espansività nel suo piccolo laboratorio con le pareti in pietra viva dove un tempo veniva imbottigliato il vino. L’odore di mosto si mescolava all’odore di paglia, di colla, di pittura. Quello speciale effluvio ci trasmetteva allegria perché lo associavamo all’arrivo delle festività più attese dell’anno.
Luca aspettava con eccitazione che andassimo da Aniello. Amava osservarlo mentre realizzava con le sue mani quelle piccole opere d’arte. Poi sceglieva i pezzi per il nostro presepe, ricordando a memoria quelli che già possedevamo. Si tornava a casa e non si andava a letto se non si sistemavano subito i nuovi arrivati negli spazi ancora disponibili.
Quell’anno eravamo riusciti a creare una scenografia davvero suggestiva, grazie all’inserimento di una torre merlettata, un mulino e un pozzo, illuminati da lucine colorate. Ne eravamo così orgogliosi!
Non ci dispiaceva che saremmo stati gli unici a poterla ammirare. Accettavamo senza amarezza che la nostra casa non venisse frequentata da estranei o familiari.
Dopo la partenza per l’Inghilterra di Cristina, la mia amica del cuore, non avevo legato con nessuno. Luca riceveva raramente a casa i suoi amichetti. Le feste natalizie ognuno le passava con la propria famiglia. Facevo del mio meglio perché la tavola fosse colorata e ben addobbata. Apparecchiavo per tutti i posti disponibili, come se quelli da occupare non fossero solo i nostri. Serviva anche quello, e tanta musica allegra, per tenere lontane solitudine e tristezza.
Mi sembrò che nulla potesse turbare la serenità di quella sera. E invece mio figlio ritenne che fosse l’occasione giusta per tirare fuori quanto probabilmente covava da tempo. Lo sentii giungermi alle spalle mentre dipingevo nella mia stanza, con la mente ai preparativi per il cenone della Vigilia. Mi fece sobbalzare.
«Andiamo di là, mamma. Dobbiamo parlare».
Lo seguii, più incuriosita che preoccupata. Era l’aria natalizia a trasmettermi ottimismo. Mi fece segno di sedermi accanto a lui sul divano. Il suo sguardo era troppo serio per la sua età.
«Mamma, ormai ho capito che non vuoi dirmi nulla dei tuoi genitori. Che comunque sono i miei nonni. Potrei chiedertelo mille volte e mi risponderesti con le solite bugie. E non le sai neanche dire! Sono sicuro che hai costretto nonna Ada a comportarsi come te. A seguire il tuo bell’esempio. E credo anche che non mi hai detto tutto dell’uomo col quale mi hai messo al mondo. Che comunque è mio padre.
Poco prima che nonna morisse, vi ho sentite parlare ad alta voce proprio in questa stanza. Non sono riuscito a capire granché di quello che stavate dicendo ma, a un certo punto, mi è sembrato che parlaste di un uomo. Però non ti ho mai vista frequentarne uno. Quindi chi poteva essere se non mio padre? Tu piangevi e dicevi cose che mi sono sforzato di capire ma che non ho capito. Stavo studiando e le vostre chiacchiere hanno attirato la mia attenzione. Così ho lasciato i libri e mi sono affacciato in corridoio senza far rumore, ma…»
Quella frase sospesa bruscamente esprimeva tutta la sua rabbia e io cominciavo a spaventarmi. Ero ammutolita dalle sue parole, riuscivo solo a chiedermi dove volesse arrivare. La risposta giunse fulminea. Fu una sferzata.
«Insomma, tutti questi segreti mi hanno scocciato! Non voglio rovinarmi la vita. Ho solo sedici anni. Non vuoi dirmi la verità? E va bene. Libera di farlo. Ma non è che tu puoi mentirmi e io devo dirti sempre tutto. Bello davvero! Sai che c’è? Da oggi non ti dico più niente. Non dove vado, non con chi, niente. E non mi chiedere di essere sincero, perché tanto pare che in questa casa la verità non conta nulla. Vediamo come ti piace quando sei tu a stare dall’altra parte. E non fare quella faccia! Tranquilla, non combinerò nessun guaio. Voglio solo conservare per me i miei segreti. Proprio come fai tu. Anzi, ti dico un’altra cosa. Dopo la Befana, non entrerai più nella mia camera. Non preoccuparti, pulirò e metterò tutto a posto. So come la pensi.
Sarà così fino a che non ti deciderai a dirmi le cose che non so e che ho tutto il diritto di sapere. Promettimi che manterrai questo patto. Altrimenti non avrò più fiducia in te e le cose tra di noi cambieranno.»Lo ascoltai a bocca aperta. Era solo un ragazzo, ma era stato capace di trovare una strada tutta sua per reagire a quella che considerava un’ingiustizia. Mi aveva dato un preciso avvertimento, e lo aveva fatto con un tono che non gli apparteneva: severo, ostile, quasi aggressivo. Un tono che si addiceva a un adulto stanco di dover continuare a subire una situazione intollerabile. Sapevo che il momento di dirgli la verità sarebbe arrivato. Ma ero convinta che non fosse ancora pronto ad ascoltarla. Ecco perché mi sentii invogliata ad accettare quella che, più che una richiesta, sembrava un’imposizione. L’alternativa era parlargli subito. Mi mancò il coraggio di affrontare il rischio.
Vederlo così assennato e sicuro di sé mi disorientò. Avvertii un senso di inadeguatezza. Pensai che, assecondandolo, avrei potuto trascorrere alcuni anni senza l’ansia di farmi sfuggire un particolare significativo o di contraddirmi. Per ciò gli dissi, abbracciandolo: «Grazie, Luca. D’accordo. Puoi fidarti di me. Ti chiedo solo del tempo. Al compimento del tuo venticinquesimo compleanno, lascerai la camera aperta. Alle 8 in punto del 10 dicembre 2015 ti verrò a svegliare e ti dirò tutta la verità. So che sarai pronto.»
Quella promessa strampalata avrebbe dovuto mettermi in imbarazzo solo per averla potuta immaginare. Invece, la pronunciai con disinvoltura. Subito dopo però mi sentii pervasa da sensazioni forti e contrastanti. Provai sgomento e sconforto, ma anche confusione e tristezza. Non riuscii a mantenere l’autocontrollo e mi lasciai andare a un pianto dirotto.
Vidi le mandibole di mio figlio serrarsi per la rabbia. Ebbi l’impressione che mi guardasse con sdegno. Come dargli torto? Era chiaro che aveva voluto provocarmi, che aveva pensato di indurmi con la sua minaccia a vuotare subito il sacco. Ed era comprensibile che fosse rimasto deluso. Nove anni erano davvero un tempo spropositato. Forse d’istinto avevo pensato che quel termine potesse coincidere con la fine degli studi universitari. A venticinque anni il turbamento che la verità gli avrebbe provocato sarebbe stato meno dannoso.
Luca non mi aveva mai vista piangere in modo così disperato e la cosa lo spiazzò. Dopo pochi minuti di silenzio angosciante in cui tenne lo sguardo basso, forse intenerito dalle mie lacrime pensò bene di stringermi forte, trasmettendomi un senso di protezione che non avevo più avvertito da quando nonna Ada mi aveva lasciata. Quel gesto riuscì ad allentare la tensione. Per il resto della serata dovetti impegnarmi a sorridere, ma avevo tanta voglia di piangere ancora. Per giunta il roast-beef si era incenerito e così saltammo la cena. Credo che anche lui avesse lo stomaco chiuso. Non dovette costargli rinunciare al suo piatto preferito.
Fu difficile trascorrere le feste natalizie come nulla fosse successo. Mi sforzai di non far trapelare l’inquietudine che le parole di Luca mi avevano trasmesso. Ma dubito di esserci riuscita. Comunque, il 7 gennaio arrivò. Come promesso, non entrai più nella sua camera. Mai avrei creduto di potermi adattare a quella inverosimile situazione, ma nella vita ci si abitua a tutto. Il tempo è sempre un valido alleato. Da quel giorno anche Luca mantenne la sua parola e non fece più alcun accenno al passato. Avevamo deciso entrambi di rispettare l’accordo e attendemmo tacitamente per anni il nostro appuntamento.
Donata Maria Biase
(c) Baldini+Castoldi 2025

