Ritratti di scrittori: Curzio Malaparte. Chi era? Scoprilo in 5 parole

 Ritratti di scrittori: Curzio Malaparte. Chi era? Scoprilo in 5 parole

Ritratto illustrato di Sonia De Nardo

Curzio Malaparte – nato Kurt Erich Suckert il 9 giugno 1898, a Prato – è stato uno tra i più importanti intellettuali italiani del Novecento. Avanguardista, bastian contrario, ma sempre lucido e determinato, Malaparte cominciò la carriera da giornalista prima a Napoli, quindi a Torino, dove divenne direttore del quotidiano «La Stampa». Tra adesione al fascismo, cambio di generalità e desiderio di emergere, si sarebbe aperta per lui una strada che lo avrebbe reso celebre e scomodo sia al regime sia alle istituzioni del dopoguerra. Scrittore tradotto in tutto il mondo – particolarmente noto per Kaputt (1944), La pelle (1949) dal quale nel 1981 fu tratto l’omonimo film di Liliana Cavani con protagonista Marcello Mastroianni, e Maledetti toscani (1956) –, Malaparte è stato una personalità poliedrica, a tratti geniale, capace di raccontare come pochi altri le atrocità della guerra e le miserie degli uomini. Una voce, la sua, definita da molti controversa, la voce di un dandy, di un narcisista voltagabbana.

 

Curzio Malaparte: chi era lo scrittore in 5 parole

Guerra

La Grande guerra segnò nel profondo il giovane Suckert, prima ancora che divenisse formalmente Malaparte (nel 1929). Volontario a soli sedici anni, guidato da sentimenti interventisti, fu impiegato prima sul fronte italiano come semplice fante, poi come ufficiale. Gli ultimi mesi sul fronte occidentale furono quelli che lo cambiarono di più, nel corpo e nello spirito, contribuendo a forgiare un carattere temerario e impavido, poco incline ai compromessi. Esordì con il volume Viva Caporetto! (1921), un saggio sulla guerra in cui indicava nella corruzione romana le ragioni dei mali presenti, che ebbe molta risonanza e una vita editoriale difficile.

Vent’anni dopo, abbandonato l’interventismo della giovinezza, Malaparte si ritrovò a imbracciare le armi nuovamente e ad attraversare un’Europa devastata dalla Seconda guerra mondiale fino a risalire l’Italia al fianco degli Alleati. L’esperienza lo indusse a tradurre il suo disgusto in una trilogia ideale composta dai già citati Kaputt e La pelle e dal libro postumo Mamma marcia (1959).

Confino

Il periodo del confino, prima a Lipari, poi a Ischia e infine a Forte dei Marmi, fu un duro colpo per lui. Per ordine del Duce nell’ottobre 1933, appena rientrato in patria dopo un periodo all’estero, fu arrestato con l’accusa di aver danneggiato l’immagine pubblica di Italo Balbo, e condotto nel carcere di Regina Coeli, dove gli furono scattate le uniche fotografie che lo ritraggono in aspetto dimesso. Condannato a cinque anni da scontare nella selvaggia solitudine di Lipari, Malaparte ottenne comunque di farsi trasferire in una residenza meno dannosa per la sua salute, compromessa dall’esposizione ai gas chimici sul campo di battaglia. Riuscì a tornare libero ben prima dei cinque anni previsti, ma rimane indubbio che il confino lo segnò profondamente: il suo sguardo di scrittore ne risentì e, probabilmente, anche a ciò è dovuto l’orientamento più introspettivo e autobiografico della sua produzione successiva.

Capri

La costruzione della villa di Capri a Capo Massullo assorbì tutte le energie di Malaparte, una volta archiviato il periodo del confino. Curò personalmente ogni aspetto della lunga e dispendiosissima costruzione che doveva essere l’espressione architettonica della sua persona: unica, irripetibile, inarrivabile. Villa Malaparte o «Casa come me», raggiungibile via mare e da una sorta di mulattiera, diventò per lo scrittore pratese ciò che il Vittoriale degli Italiani era stato per Gabriele D’Annunzio: la sintesi di un pensiero e, insieme, di un uomo. Con una grande differenza. Se D’Annunzio aveva voluto creare un complesso aperto – in cui gli italiani potessero riconoscersi –, Malaparte desiderò invece costruire un posto che fosse solo suo e lo rispecchiasse integralmente: a picco sul mare e pieno di contraddizioni.

Prato

La Prato di inizio Novecento, ben cinta dalle mura, spazzata dal vento, la città dei cenciaioli e dei tessitori: fu questa l’immagine che più di tutte le altre accompagnò Malaparte nella sua vita. Ricordi di una fanciullezza terminata troppo presto, di una Toscana quasi mitica e, forse proprio per questo, immutata nella memoria e nella forza evocativa.

Nonostante gli sforzi di cercare una «casa da scrittore» nei luoghi natii, da adulto Malaparte non visse a Prato se non per pochi giorni di tanto in tanto. Ma è lì che trovò riposo, sulla cima del monte Le Coste, detto «Spazzavento», dove il comune lo seppellì dopo la morte, come forse lui stesso aveva desiderato: «E vorrei avere la tomba lassù, in vetta allo Spazzavento per poter sollevare il capo ogni tanto e sputare nella fredda gora del tramontano».

Cina

Malaparte conobbe la Cina sul finire della sua vita, quando vi si recò per un viaggio a scopo giornalistico che prima lo aveva condotto in Urss. Attraversò le città e le campagne di un Paese poverissimo dove si stava compiendo la Rivoluzione maoista, della quale non vide le atrocità e del cui spirito populista e patriottico si innamorò. Fu il suo ultimo amore. In Cina si scoprì, infatti, malato, anche se allora «cancro» era una parola che non si usava volentieri. Venne fatto rientrare in tutta fretta in Italia, dove si spense, dopo mesi di agonia, nella celebre clinica Sanatrix il 19 luglio 1957. Alla Repubblica popolare cinese chiese che venisse donata la sua «Casa come me», desiderio a cui gli eredi si opposero.

«Io credo che la funzione dello scrittore sia quella di essere testimone e confessore del proprio popolo e del proprio tempo. Se la gente non vuole che lo scrittore racconti quello che ha visto, la gente non deve fare quello che lo scrittore racconta».

 

Curzio Malaparte: i primi libri da leggere per conoscere questo scrittore

  • Fughe in prigione, Mondadori, 2004
  • Kaputt, Adelphi, 2009
  • La pelle, Adelphi, 2010
  • Tecnica del colpo di stato, Adelphi, 2011
  • Maledetti toscani, Adelphi, 2017
  • Maurizio Serra, Malaparte. Vite e leggende, Marsilio, 2011

 

A cura di Diletta Pizzicori

Blam

Articoli Correlati

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *