Marco Ubertini: l’uomo che visse 33 volte. Intervista all’autore del libro “33”

 Marco Ubertini: l’uomo che visse 33 volte. Intervista all’autore del libro “33”

Gli anni 90. Le periferie. Le scritte sui muri, sulle metropolitane, sugli autobus. Su tutto. Una città che è un foglio bianco. E l’eroina. Le astinenze, l’amore. Le amicizie vere, quelle sbagliate, quelle dimenticate. La musica.
Non avevamo limiti. Non avevamo regole. Non avevamo paure”. Così si racconta Marco Ubertini, più noto come Hube, nel suo romanzo 33 edito da Sperling&Kupfer. Abbiamo incontrato Marco qualche giorno fa, in una libreria. E tra risate, racconti commoventi e ricordi, ne è nata questa intervista.

 

Noi ti conosciamo come Hube. Nello scrivere ti sei firmato come Marco Ubertini. Chi è Hube e chi è Marco Ubertini? 

Penso la stessa persona (ride, ndr.). Ma per raccontare la mia storia non ho voluto  usare il mio nome da writer o da rapper. L’ho fatto per dare più solennità al libro, volevo proprio questo.
Molti personaggi più grossi di me, nel nostro ambiente, pubblicano storie finte per motivi di marketing. Io no, il mio è un libro vero. Un testamento autobiografico che racconta una generazione attraverso la mia storia. Da qui il mio vero nome.

Nel tuo romanzo si parla di tanti temi importanti. La dipendenza, l’amore, la rabbia, l’adolescenza in una grande città. Come è nata l’idea di scrivere 33? 

Dopo essere tornato a Roma a 22 anni, per tanto tempo ho tenuto il mio passato lontano, o comunque intimo. In alcuni pezzi di Cuore Matto e dei Brokenspeakers c’è dentro qualcosa, ma non troppo evidente. Non ho mai vuotato il sacco davvero, chiuso quel cerchio. Nel frattempo sono passati quindici anni (ride, ndr.). Una sera, al tavolo di un bar, un mio amico mi ha  convinto a registrare delle note audio per raccontare i ricordi più forti di quel periodo e del mio  passato, e vedere cosa ne sarebbe uscito fuori. Così è partito tutto.
Le storie sono piaciute tanto e hanno cominciato a girare. Tutti ne volevano ancora! Come una droga.
Ho registrato cinque o sei storie in una notte, giocando con il registratore e mi venne fuori questa frase: “Sono Morto 33 volte, 33 volte ho avuto di nuovo una vita. 33 sono i giorni che ho attraversato  camminando”. Ho capito di avere un concept. Tutto aveva una forma più definita, e il libro ha cominciato a esistere con una vita propria.

Nel tuo romanzo, le donne hanno una grande forza. Com’ è e come è stato il tuo rapporto con le donne? 

Ahia! (ride, ndr.)
Direi molto difficile, complesso e profondo. Partirei leggendo il capitolo intitolato L’Ovetto Kinder.
Poi tutto in discesa.

La domanda che vorresti ti venisse fatta in una intervista. 

Qualcosa a proposito delle citazioni cinematografiche celate nel libro, ce ne sono un  po’. Diversi lettori le hanno notate e  me lo hanno scritto.

Hai mai rubato un libro ?

Andrea Pazienza, Zanardi!

Come immagini Marco tra qualche anno?  Cantante, writer, scrittore o? 

Vivo? (ride, ndr)
L’ordine è tutto invertito per me. Il writing è stata la forma più primordiale, più pura. Animalesca e istintiva. La musica mi accompagna ancora: scrivo testi e pubblico, ma sto cercando di spingere la mia  scrittura un po’ più in là, di sviluppare storie più lunghe e personali. Comunque mi immagino a scrivere, sempre!

Disco preferito? 

The Score, Fuggees.

Un premio che ti piacerebbe vincere?  

Nella mia Natura ( Brokenspeakers, Fino Al Collo 2012) dico

“Io non ho vinto mai,  
ma alla fine ho vinto sempre.
Perché adesso ho tutto e prima 
non avevo niente

Non cerco premi. Più che altro vorrei arrivare a vivere bene con quello che faccio, o anche solo a vivere bene. Comunque ti direi Premio Strega, perché me lo scrissero in un tema alle medie  e farebbe abbastanza ridere se accadesse davvero. La vedo dura comunque.

Come era essere un writer negli anni 2000? 

Per noi, come racconto nella Scalata, capitolo 3, era una cosa estrema. Eravamo dei selvaggi, vivevamo la città e volevamo farla nostra così, ma eravamo lontani dal mondo  americano da dove quella cultura veniva. Molto lontani.
Comunque, rimane l’unica cosa sana che facevo in quegli anni! (ride, ndr.)

Hai mai paura che un giorno tuo figlio possa giudicarti per il tuo passato? 

Temo molto di più, che possa giudicare me come padre, avendo sofferto io molto da figlio. Senza troppi paternalismi inutili, cerco di esserci sempre e penso che sarà quello che ha vissuto con me, a fare la differenza. Comunque so che arriverà il momento della verità prima o poi. Sono pronto.

Il più bel complimento che ti hanno fatto? Il più brutto? 

Sul libro me ne hanno fatti tanti belli. I migliori sugli accostamenti letterari e cinematografici che non cito per evitare di sembrare un mitomane.
Il peggiore, un commento Amazon… una stella.
Definiva il mio libro inutile. Hater sicuro!

Scrittori preferiti? 

Da piccolo Verne e Sepulveda. Crescendo Bunker, Philip Dick, Bukowski e parecchi altri.

Quale è stata la prima cosa che hai fatto appena hai saputo che il libro veniva pubblicato?  

Ho scritto a Veronica, la mia fidanzata, e Paola, una mia amica. Le due persone che hanno lavorato con me alle bozze del libro.

La parolaccia che ripeti più spesso? 

Posso bestemmiare?

Quanto la musica ha influenzato la tua scrittura? 

Tanto, ma non quella che ho fatto. Ci sono state delle canzoni che ho ascoltato per tutta la stesura del libro. La musica rimane, da sempre, il contatto più forte che ho per tirare fuori alcune  emozioni. È come un’arma. (La mia Pistola 2007)

Film preferito? 

Stand By Me, ricordi di un’estate.

Se il tuo libro diventasse un film, chi immagini come attori? 

Non lo so, così a istinto ti direi Marcello Fonte di Dogman e Steve Bushemi a fare i due vecchi tossici del Tufello, il Calzolaio e l’altro. Ora penso un po’ agli altri.

Stai lavorando a qualche nuovo progetto? 

Ho un disco fermo da prima dell’uscita del libro. Credo a breve vedrà la luce. Poi un progetto segreto con Galleria Varsi e delle bozze scritte in questo periodo che spero prenderanno presto vita.

Hai mai fatto a botte? Le hai prese o le hai date? 

Si, all’elementari facevo spessissimo a botte, con maschi e femmine. Date e prese. In strada prima prese, poi ho capito come fare e ho cominciato anche a darle forte. La violenza è comunque una merda, sempre. Vinci se non ci arrivi.

Raccontami la cosa più assurda che ti sia mai capitata. 

Beh nel libro qualcuna la trovi!

La tua paura più grande? 

Drogarmi per sbaglio.

La cosa che ti fa più ridere? 

Sono un grande fan dei film demenziali stile Leslie Nielsen e O.J. Simpson e del cinismo da meme.

Sport preferito? 

Basket, più è libero dalle società e meglio è.

Fammi un dissing!

Manco te risponno.

Ultima cosa… ma quanto sei alto? Te lo hanno già chiesto vero? 

1,96 da vecchio. A Via Genova, da minorenne, dato ripetutamente 1,98.

a cura di Claudia Borzi
libraia Mondadori Eur di Roma

Blam

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