Giorgio Biferali: un viaggio tra libri, scrittori preferiti e un po’ di musica. Intervista

 Giorgio Biferali: un viaggio tra libri, scrittori preferiti e un po’ di musica. Intervista

Giorgio Biferali è nato a Roma nel 1988. Ha pubblicato A Roma con Nanni Moretti (Bompiani, 2016), una sorta di diario di viaggio scritto insieme a Paolo Di Paolo; Italo Calvino. Lo Scoiattolo della penna, un racconto illustrato per ragazzi (La Nuova Frontiera Junior, 2017), Giorgio Manganelli. Amore, controfigura del nulla (Artemide,2014),  L’amore a vent’anni è il suo primo romanzo (Tunuè 2018) presentato allo Strega, seguito poi da Il romanzo dell’anno (La Nave di Teseo, 2019), Cose dell’altro mondo (Edizioni Clichy 2020) e Guida Tascabile per maniaci delle Serie TV (Edizioni Clichy 2020).
Ci incontriamo in una fredda mattina di dicembre in un bar dell’Eur. Beviamo un caffè in piedi perché non si può consumare seduti. Deve fare un regalo e decidiamo di andare insieme in libreria alla ricerca del libro perfetto. E tra libri suggeriti, letti, comprati, è nata questa intervista. Ci salutiamo con una busta piena a testa. Perché si sa, il libro perfetto non è mai uno solo.

A dicembre è uscito “Guida tascabile per maniaci delle serie tv” edita da Clichy. Ne sei stato il curatore. Da dove sei partito per selezionare le serie da inserire nel volume?

Intanto – è una cosa che dico sempre – da solo non ce l’avrei mai fatta. Mi hanno aiutato quelli del collettivo The 88 Fools. Anche perché un lavoro del genere, se l’avessi fatto da solo, avrebbe richiesto almeno due anni di ricerche intense dalla mattina alla sera. Il criterio, per me come per loro, è stato sentimentale, nel senso che abbiamo dato la priorità ai nostri gusti, ai nostri ricordi, alle serie che ci hanno fatto emozionare, tenendo conto di quelle che hanno avuto un’influenza culturale, che sono rimaste nella memoria collettiva.

La prima serie che ricordi di aver visto? E l’ultima ?

La prima, forse, “La tata”. Avrò avuto cinque o sei anni. L’ultima è “High Maintenance, recuperata, grazie a un amico, nella sezione Box Set di Sky: un capolavoro.

Quella che proprio avresti evitato?

Credo “Baby”, anche se ho visto solo la prima stagione.

Nei tuoi romanzi, ma in fondo anche in questa guida, si celebra sempre l’amore. Sei un romantico?

Sì, lo sono, però mi piacciono gli amori non convenzionali, imprevedibili, sbagliati, quasi, quelli in cui si respira un senso di disagio, di inadeguatezza, che sembrano sempre sul punto di rompersi, anche se poi non si rompono mai.

Il tuo “Il romanzo dell’anno”, edito da La Nave di Teseo, è una bellissima lunga lettera. Piena di ricordi, amore, incertezze, timori… Scrivi mai lettere?

Mi piacerebbe scriverne, sai? L’unico problema è il tempo, ma anche la pigrizia, l’abitudine. Mi sembra di avere sempre meno tempo, in generale, che le giornate diventino sempre più corte, e in tutto questo non saprei proprio dove collocare il momento per scrivere una lettera. L’idea del romanzo, però, partiva proprio da qui, dal fatto che ormai trascuriamo un po’ la scrittura, quello che scriviamo agli altri, quello che gli altri scrivono a noi. Quindi era un po’ un monito, anche per me, per provare a restituire alla scrittura il tempo e la cura che merita.

 Come hai scelto questo titolo?

Dai giochetti che alcuni fanno a fine anno, tipo qual è il romanzo dell’anno, con i lettori che partecipano, che votano, che si sentono parte di qualcosa di grande. Mi è sempre sembrato assurdo scegliere quale fosse il romanzo dell’anno, anche perché quale potrebbe essere il criterio? Esiste un lettore che legge sessantamila libri l’anno? Poi il mio era un romanzo ambientato tutto nel 2016, quindi il titolo mi sembrava azzeccato.

In “Il romanzo dell’anno”, citi anche molte canzoni. Scrivi ascoltando musica?

Ce ne sono ancora di più ne “L’amore a vent’anni”, tanto che poi hanno creato una playlist con la colonna sonora del romanzo su Spotify. Ci sono alcuni cantautori che mi hanno aiutato a scrivere delle scene, per esempio Devendra Banhart, e questo forse dipende anche dall’influenza che ha avuto e che ha su di me il linguaggio cinematografico. In generale, però, preferisco scrivere in silenzio.

Disco preferito?

Credo “Man On The Moon: The End Of Day” di Kid Cudi.

Il tuo libro “L’amore a vent’anni” edito da Tunue è sicuramente un romanzo d’amore, ma anche un romanzo di formazione. Grande protagonista è Roma. Quanto, questa città, è stata importante per la tua crescita?

Sono nato e cresciuto qui, ci vivo, mi sento fortunato. Come diceva qualcuno, è una città “che non finisce mai”, e quindi in qualche modo somiglia a quello che potrebbe essere un percorso di vita. Io la guardo, la sento come una persona, non come una città. Una persona capricciosa, umorale, infantile, vulnerabile, profondamente umana. Quando rimango a casa, per qualche motivo, mi sento in colpa, come se la stessi trascurando, come se Roma avesse bisogno – e meritasse – un’attenzione continua, costante. Io le voglio bene.

Rivelami qual è il libro che non hai mai letto.

La montagna incantata di Thomas Mann.

La serata più assurda della tua vita?

Quando in una notte d’estate, più o meno alle tre, che ero un po’ alticcio, per usare un eufemismo, ho lasciato un matrimonio in Abruzzo, munito di un caffè americano (che faceva schifo) che potesse tenermi sveglio mentre guidavo per tornare a Roma. Dovevo prendere un aereo molto presto per andare a Palermo a presentare “L’amore a vent’anni”. Non so come abbia fatto ad arrivarci sano e salvo.

Tiziano Scarpa ha detto: ”Biferali fa pensare alla poetica di Del Giudice e dei romanzieri realisti in generale, da Gustave Flaubert a Jonathan Franzen”. Tu, come ti vedi?

Non lo so, e mi dà anche un po’ fastidio parlare di me, mi imbarazza, ecco, per questo quando escono delle recensioni, quando i lettori mi scrivono, sono felice, perché in un modo o nell’altro riesco a farmi un’idea di quello che ho fatto. Posso solo dirti che scrivo sempre quello che vorrei leggere.

A quale personaggio famoso vorresti assomigliare ?

 James Franco: è intelligente, simpatico, brillante, bravo, in tutto quello che fa.

Scrittori preferiti?

J.D. Salinger, Etgar Keret, Italo Calvino, Giacomo Leopardi, Javier Cercas, questi sono i primi che mi vengono in mente.

 Quando eri un bambino, come immaginavi il Giorgio adulto?

 Non mi immaginavo scrittore o insegnante, anche perché vedevo mia madre correggere i compiti, stancarsi, passare anche notti insonni, e pensavo che non sarebbe mai capitato. Però dal punto di vista umano mi immaginavo così, come uno che non ha mai dimenticato il bambino che è stato.

La prima cosa che farai quando finirà questa pandemia?

Un viaggio, in America o in Spagna. Ma prima di partire, credo che abbraccerò tutti.

Qual è la persona alla quale confidi tutto?

 Ce ne sono diverse, comunque la mia ragazza e i miei amici.

Qual è la citazione di un film o di una serie che ripeti più spesso?

 “Che storia, Mark”, tratta da The Disaster Artist di e con James Franco. Ma anche l’espressione “Il grande irreprensibile (nome di turno), non sapevo facesse anche (mestiere di turno)” tratta da “Chiedimi se sono felice” di Aldo, Giovanni e Giacomo.

Ora che sei diventato papà, ti è capitato di pensare “Oddio questa cosa era meglio non la scrivessi?”

No, anche perché mia figlia deve abituarsi a sentirsi libera, com’è successo a me durante l’infanzia.

Cosa mi sono dimenticata di chiederti?

Libraia preferita? Claudia Borzi, ovviamente.

Hai mentito in questa intervista?

Neanche troppo, sai?

a cura di Claudia Borzi, libraia Mondadori Eur Roma

 

 

Blam

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